Inspiration Information
di Mulatu Astatke & The Heliocentrics Questo è un appuntamento da non perdere. Mulatu Astatke, etiope, incontra l’inglese Malcom Catto, anima degli Heliocentrics (vedi Quaderni d’Altri Tempi 12). Il rendez-vous organizzato a Londra dalla Strut per la sua pseudo serie
Inspiration Information (incontri tra musicisti di diverse generazioni) giunge qui al terzo atto. Incontro sfavillante tra il cuore e la mente dell’ethio-jazz (singolare mix tra canti tradizionali dell’Africa dell’Est, inni sacri della musica copta e jazz) e il combo londinese nato sotto il segno di Sun Ra. Mulatu Astatke è un musicista in pista sin dai primi anni Settanta, ma poco noto fuori dai suoi confini nazionali. Almeno così è stato fino al 2005, quando Jim Jarmusch ha incluso una manciata di brani nella soundtrack di
Broken Flowers. Sue tracce consistenti, prima di allora, erano impresse nella collana Les Ethiopiques della Buda che gli aveva dedicato il volume
IV. Per l’occasione la band di Mulatu Astatke rimette in campo una manciata di strumenti tradizionali: il krar (lira etiope), il washint (flauto di bambù), la begena (antica arpa a 10 corde), più il vibrafono con barre di alluminio da sempre lo strumento distintivo di Astatke. A questi si affianca una sezione fiati arrangiata dal trombonista Joel Yennior, della Either Orchestra, di cui è reperibile un folgorante
Live in Addis, volume 20 della benemerita collana. Tutto questo armamentario va a incastonarsi nel jazz-funk elettronico di The Heliocentrics. Si parte subito con l’irresistibile canto afro della vocalist Yegina Negash, ritmica robusta e un piano jazzy che frantuma ogni barriera. Il brano è
Marengo, e vi fanno già capolino, inusitati, gli archi, un vero colpo di genio. Si ritrovano anche in
Chinese New Year, in An Epic Story e soprattutto nella conclusiva
Anglo Ethio Suite, gran finale dove addirittura c’è spazio per un meditabondo assolo di violoncello! Tutto dentro una sequenza di ritmi da capogiro. Si può resistere senza battere il tempo a brani come
Cha Cha con un flauto ammaliante a condurre la danza, Addis Black
Widow ritmato con una specie di drum'n'bass, la romanticona Blue Nile con sottofondo di suoni alieni il super ballabile
Esketa Dance, o Fire in The Zoo? Solo a patto di essere sordi. Venature psichedeliche un po’ qui e un po’ la per ricordarci che dietro questo gusto per l’impossibile c’è sempre lui, l’inneffabile Sun Ra. Repetita iuvant: imperdibile. |
titolo Inspiration Information
di Mulatu Astatke &
The Heliocentrics
etichetta Strut
distributore Audioglobe
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Dust of Time
di Eleni Karaindrou La polvere del tempo è il settimo film di Theo Angelopoulos realizzato ricorrendo alle musiche di Eleni Karaindrou, un sodalizio collaudatissimo, avviato nel 1984 con il film
Viaggio a Citera. Nostalgia è la parola chiave di questa musica, profonda e misurata al tempo stesso. Non poteva essere altrimenti per un film che narra di un amore che vive per più di cinquant'anni. In diciannove composizioni per organici vari è la nostalgia a fare da collante, di quella struggente come solo nei Balcani si riesce a dare voce. Alcuni brani non soffrono affatto della mancanza delle immagini, grazie alla forte vena melodica che consente loro di emanciparsi dalla funzione di colonna sonora. Un’operazione riuscita grazie alla solida scrittura della Karaindrou, impegnata, tra l’altro, con un film non semplice, a tratti anche ermetico e all'insegna della discontinuità spazio-temporale. È il caso del brano d’apertura,
Les temps perdu, struggente rapimento per violino e arpa, oppure Waltz By The River, che aggiunge in organico una fisarmonica per un amabile valzer, un invito alla danza tra nebbie e brandelli di gioie di un tempo. Flebile, minimale si fa memorabile
Notes II per pianoforte e fisarmonica. Drammatiche poi Seeking per pianoforte e orchestra e
Seeking Var I, una variazione per orchestra d’archi. Ancora piano e orchestra per un altro brano di più largo respiro e anche di maggiore durata, Dance Theme, vertice dell’intera sequenza, appassionato, romantico e tragico nel suo rincorrere il tempo cercando di afferrarlo, di fermarlo, anche solo come ombra di un ricordo. Impresa impossibile che in
Solitude per violino solo sembra quasi farsi realtà, in poco più di due minuti rarefatti, di assoluta sospensione dal Tempo, suono puro. Il libretto allegato riporta numerosi fotogrammi del film, seconda parte di una trilogia sul tempo inaugurata nel 2004 con La sorgente del fiume. |
titolo Dust of Time
di Eleni Karaindrou
etichetta Ecm
distributore Ducale
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4th Dimension
di Jimi Tenor & Kabu Kabu La quarta dimensione del titolo si ottiene evidentemente miscelando afrobeat, ritmi funk, sonorità elettroniche e tenendo ben presenti le lezioni impartite da Sun Ra e da Fela Kuti. In questo modo l’eclettico musicista finlandese e i suoi compagni provenienti dall’Africa occidentale – ora residenti in Germania – centrano il bersaglio in questa seconda prova realizzata insieme, dopo il meno convincente
Joystone del 2007. Rispetto al disco precedente, qui Tenor canta poco e lascia spazio ai suoi partner. La partenza è felice con la festosa
Mystery Spot, con botta e risposta tra coretto e voce solista (nell’occasione Akinola Famson) tutto speziato con strani suoni che sembrano arrivare da qualche decennio fa; la conclusione è solare con
Magical World, che danza su un ritmo funky sempre meno trattenuto e sorretta da un coretto che rimanda alle nenie, guarda caso, proprio di Sun Ra. Di mezzo un po’ di fiati nervosi e sonorità tra lo spy e lo psichedelico (come nella robusta
Mogadishu Ave), sonorità vintage, con tastierine proto-elettroniche (l’intro di
Triple Helix, ad esempio), percussioni a tutto spiano (Kolmikanta, con una bella prova anche dell’intera sezione fiati), ma anche finte registrazioni sul campo in due brani (per percussione, flauto e organo) registrati per questo motivo con un registratore a cassette,
Mega Roots, dal titolo eloquente e Fast Legs. Ruvida e a tratti in fiamme la strada percorsa da
El Lahti! con il rabbioso tenore di Jimi Tenor in bell’evidenza. Pietra preziosa dell’album è
Higher Styx, che si avvale di un riff intenso, effetti di strana elettronica, una pastosa presenza dei fiati, un pregevole solo di tromba e in particolare, a seguire, un trombone che riverbera luce notturna quasi a voler illuminare una cavalcata al termine della notte. |
titolo 4th Dimension
di Jimi Tenor & Kabu
Kabu
etichetta Sähkö
distributore Goodfellas
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