La guerra delle salamandre
di Karel Čapek
Quando Karel Čapek scrisse La guerra delle salamandre era il 1936 e la tempesta nazista era chiaramente visibile all’orizzonte in Cecoslovacchia. Così, l’acclamato autore di R.U.R. decise di tornare sul terreno a lui più congeniale, quello della satira futuristica, per mettere nero su bianco le sue angosce e preoccupazioni verso un regime che minacciava di inghiottire il mondo e che aveva dichiarato lo stesso Čapek “nemico pubblico numero 2” in Cecoslovacchia. La guerra delle salamandre va letto tenendo ben presente questa necessità impellente dell’autore, che attraverso la storia della scoperta, segregazione, liberazione e vittoria finale delle salamandre intelligenti rilesse profeticamente i mali dell’Occidente del suo tempo, in cui egli scorgeva i prodromi di una tragedia annunciata. L’opera si divide in tre parti: la prima racconta della scoperta, da parte del capitano van Toch, di un gruppo di salamandre intelligenti in una sperduta baia del Pacifico, e della graduale presa di coscienza da parte della civiltà verso l’esistenza di una specie che evolve rapidamente minacciando l’unicità dell’Uomo sul pianeta; la seconda, scritta a mo’ di saggio storico-scientifico, è una ricostruzione dell’etologia delle salamandre e del sistema economico-sociale che gli uomini hanno messo in piedi per sfruttarne le capacità; la terza racconta le concitate fasi della vera e propria guerra delle salamandre contro gli umani che vede infine l’inevitabile sconfitta di quest’ultima. |
titolo La guerra delle salamandre
di Karel
Čapek
editore UTET,
Torino
pagine 354
prezzo € 15,00
|
|
L’assunto di base dell’opera è: cosa accadrebbe se l’Uomo si trovasse a dover condividere la terra con una razza del tutto diversa dalla sua, ma intelligente abbastanza da avere il diritto alla co-abitazione? Čapek non ha bisogno di ricorrere a un’eccessiva dose di immaginazione per rispondere alla domanda, perché ha una falsa-riga offertagli dalla Storia: l’incontro da parte della civiltà con gli abitanti del Nuovo Mondo. Tutta la fantascienza che tratta del tema dell’incontro con l’Altro, l’alieno assoluto proveniente dallo spazio, ha in questo evento storico datato 1492 la sua illustre origine. Ma l’Altro di Čapek non viene dallo spazio, bensì dal nostro stesso pianeta, per cui l’analogia diventa ancora più pertinente. Così come l’Occidente cristiano reagì alla scoperta di un’altra razza – diversa anche fisicamente, per il colore della pelle – che abitava il mondo improvvisamente allargatosi, così l’Occidente del XX secolo reagisce alla scoperta delle salamandre intelligenti negandone a priori il diritto a un trattamento eguale: le salamandre non hanno anima, non possiedono una cultura, hanno un’intelligenza che a malapena permette loro di scimmiottare i costumi umani. E pertanto l’umanità ha il dovere di civilizzarli, di farli evolvere a uno stadio superiore, chiedendo però in cambio il loro assoggettamento alla civiltà dominante che li trasforma presto in popolo di schiavi, merce di scambio tra le nazioni, manodopera per i progetti imperialisti e colonialisti della Francia e dell’Italia, della Germania e del Giappone. Le salamandre di Čapek sono il prototipo del buon selvaggio: come direbbe Rousseau, esse sono nate buone e incorrotte ma imparano presto a conoscere il male grazie ai costumi della civiltà. La guerra scoppia non perché lo vogliano le salamandre, ma perché queste sono diventate strumenti di guerra delle grandi potenze, che le irreggimentano nei loro battaglioni in vista del prossimo conflitto finale. Il razzismo nazista, la superiorità fascista, l’anarchia socialista e il bellicismo europeo inondano di propaganda questa pacifica civiltà fino a corromperla. Ma non è un caso se, come l’autore rivela nel suo epilogo, il Chief Salamander, il temuto leader della rivolta delle salamandre che si pone a capo della conquista del mondo, sia in realtà un uomo, un “ex caporale”, allusione nemmeno tanto velata a Hitler (di cui il chief imita la sconnessa retorica). Il messaggio finale di Čapek è evidente: è l’uomo, e soltanto l’uomo, l’artefice della sua auto-distruzione; le salamandre non sono che strumenti. E a suggellare l’identità tra la Guerra delle salamandre e la tragica vicenda che prelude alla madre di tutte le guerre (che scoppierà di lì a tre anni), il narratore dell’opera, il signor Povondrovà, muore di colpo davanti all’ineluttabile certezza che anche la sua patria Cecoslovacchia dovrà piegarsi alla sconfitta; Čapek morirà anch’egli, due anni dopo questo romanzo, all’indomani di Monaco, con nel cuore la consapevolezza che il suo paese sarà la prossima preda del nazismo, dell’orda barbarica che distruggerà la Civiltà. |
||
Roberto Paura |
[ torna a letture ] |
|