Starbucks, il buono e il cattivo del caffè
di Taylor Clark
La migrazione della cultura italiana dell’espresso negli Stati Uniti, ha creato, data la retorica a stelle e strisce anche alimentare, un’epopea del caffè lungo americano a metà tra rito e mito. Il rito è quello che accomuna impiegati, single, professionisti, donne in carriera, studenti, seduti al tavolino per leggere un libro o consultare il proprio pc mentre ne sorseggiano una delle 55mila, incredibile ma vero, varianti tra espresso e cappuccino. Il mito è quello di Howard Schultz, l’inventore della catena nata a Seattle vent’anni fa e poi diffusasi un po’ dappertutto, meno che in Italia, con oltre 15mila caffetterie in 50 Paesi (di cui per esempio 140 in Germania e 48 in Francia) che impiegano circa 150mila addetti. Un successo planetario, quello di Starbucks, azienda simbolo del capitalismo americano (9,4 miliardi di dollari il suo fatturato 2007), che rappresenta uno degli eventi più eclatanti della storia della ristorazione moderna nel mondo. Storia ripercorsa in questo libro-inchiesta del giornalista americano Taylor Clark. Qualità della tazzina e italian style i suoi punti di forza, almeno fino a quando non ci si è accorti che al consumatore americano bastava molto meno: bevande a base di latte dai gusti diversi, in cui il costo del caffè pesa solo il 5% sul prezzo del prodotto, il latte il 10%, il lavoro e i costi fissi il 71%, mentre l’11% costituisce il profitto dell’impresa e il resto sono spese varie. Quello che veramente conta è la dimensione sociale in cui il management della multinazionale della sirena stellata - questo il suo logo - ha saputo inscrivere la vendita di lattes e frappuccinos, rendendo in un decennio l’America “una nazione fondata sul caffè” (24mila oggi le sue caffetterie contro le 585 del 1989), come recita il titolo della prefazione di Riccardo Staglianò, giornalista di Repubblica. Un’esperienza di consumo totale che determina una fedeltà fuori dal comune, anche con il sacrificio dell’immagine a favore della progressiva standardizzazione: per anni, fino all’attuale crisi, spendere 4 dollari per un bicchiere (di cartone) di caffè considerato, a torto o a ragione, gourmand, ha rappresento per l’americano medio un vero e proprio status symbol. |
titolo Starbucks, il buono e il cattivo del caffè
di Taylor Clark
editore Egea, Milano
pagine 284
prezzo € 19,00
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L'elefante scomparso e altri racconti
di Murakami Haruki Diciassette racconti scritti durante il corso di quasi vent’anni, ma soltanto uno sfumato punto interrogativo che accomuna tutto.
L’elefante scomparso è un libro di quelli che non si prendono troppo sul serio, perché dice una cosa prima di tutte, ossia che tutto ciò che ci accade, che sia realtà o che sia fantasia (questo non importa), è pieno di strani interstizi senza un apparente scopo. Ed in effetti è così. Murakami Haruki, l’autore di
Tokyo blues e di Kafka sulla spiaggia, ci regala con L’elefante scomparso e altri racconti diciassette storie in cui a ben vedere non succede poi tanto. Un nano ballerino s’impossessa del corpo di un operaio di una fabbrica di elefanti; una donna uccide con la sola forza del pensiero un mostriciattolo verde che aveva tutt’altra intenzione che minacciarla; due coniugi decidono improvvisamente di assaltare una panetteria salvo poi accontentarsi di un McDonald’s; una moglie abbandona di punto in bianco il marito a causa di un paio di pantaloncini tedeschi con le bretelle. Tutte storie messe in quella regione marginale che sta tra la realtà e l’irrealtà che tendenzialmente vogliono dire una cosa soltanto: certe volte è meglio non affaticarsi nella ricerca del senso delle cose, spesso non ne vale la pena. E spesso, impariamo da Murakami, la questione non sta nemmeno in questo, nel valore della candela rispetto al gioco. Spesso un senso, che lo si cerchi o meno, proprio non c’è. E così le spiegazioni degli eventi. Allora quella furia razionalista della nostra epoca vestita di un pervasivo spirito teleologico deve imparare ad alzare ogni tanto bandiera bianca. Con buona pace dei riduzionismi, con buona pace dei finalismi, un elefante può scomparire, e dei motivi, ahinoi, possono tranquillamente perdersi le tracce. |
titolo L'elefante scomparso e altri racconti
di Murakami Haruki
editore Einaudi,
Torino
pagine 316
prezzo € 12,50
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Cross-media
di Max Giovagnoli
Quando i surrealisti inventarono il “gioco” che poi fu battezzato dei “cadaveri eccellenti”, o quando i broadcaster hanno dovuto per le prime volte piegarsi ai desideri dell’audience e “resuscitare” personaggi delle soap opera “uccisi” per esigenze di contratto, probabilmente non pensavano, i primi, che la pratica della scrittura condivisa di racconti, i secondi che la partecipazione diretta del pubblico alla conduzione del racconto, si sarebbero fusi, potenziandosi esponenzialmente, grazie al web e al computer. Così invece è successo, unendo a queste due modalità la potenza ulteriore nella produzione di immaginari offerta dalla rimediazione allargata fra praticamente tutti i media, dalla scrittura, al telefono, al fumetto, al cinema, e oltre.
Il web offre l’ambiente ideale non solo per realizzare e diffondere, ma, insieme agli altri media, per nutrire l’immaginazione e la fantasia, al servizio della rielaborazione e del consumo dell’immaginario, offrendo una dimensione in cui tutti possono farsi produttori di racconti, in proprio o in condivisione con altri, mescolando i media, i generi, i formati, e mettendo a disposizione di un pubblico (principalmente giovanile) di produttori/consumatori un luogo per nutrire e scatenare i propri talenti, le proprie passioni, i propri desideri. Questo è lo scenario, in continua crescita, che Giovagnoli, giovane ricercatore – e romanziere – che lavora a cavallo fra università, scuola, mercato, ci descrive con leggerezza e rigore, mostrandoci una delle direzioni, forse quella più fertile, della narrazione del terzo millennio.
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titolo Cross-media. Le nuove narrazioni
di Max Giovagnoli
editore Apogeo, Milano
pagine 244
prezzo € 15,00
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