Vita da niente
di Jim Thompson
Immaginate una di quelle sonnolente cittadine americane della costa est, luoghi di villeggiatura in decadenza, in cui l’unica differenza fra residenti e villeggianti è la presenza tutto l’anno o meno, perché per il resto si conoscono tutti, si danno del tu, partecipano alle cose del paese, collaborano, spettegolano, come in una Seahaven al contrario. Una situazione descritta centinaia di volte nei racconti e nei romanzi, da Stephen King a Denis Lehane, a – prima di tutti loro – questo
Vita da niente. Una dimensione in cui, tolta la vernice che copre alla vista dell’osservatore estraneo e distratto lo scenario vero, quello profondo, che sta al di sotto delle apparenze, quello dove si agitano malumori, rancori, patologie, vecchie ruggini, risentimenti di tutti i tipi, che scavano come vermi sotto il proverbiale sasso, per rimestare nei sentimenti peggiori come nelle carni corrotte dei cadaveri. E così, ascoltiamo dalla viva voce dei protagonisti (di cui nessuno completamente senza macchia), ognuno col suo stile, il suo timbro, il suo registro, la storia di Manduwoc e le proprie vite da niente, i propri segreti – spesso inconfessabili – il proprio livore nei confronti dei concittadini e del mondo. E esploriamo i motivi per cui alcuni di loro potrebbero essere i responsabili dell’omicidio dell’anziana Luane Devore, finta invalida, lingua velenosa, piagnona e perfida, fino alla (non) soluzione finale. Un piccolo capolavoro di stile e di forzatura del genere (noir, thriller, detection?), che guarda da lontano ad
Omicido sull’Orient Express e a Rashomon, realizzando un ibrido che ha i tempi di una sceneggiatura, e che meriterebbe di essere tradotto in un film. |
titolo Vita da niente
di Jim Thompson
editore Fanucci, Roma
pagine 214
prezzo € 16,00
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Enakapata
di Luca Moretti e Vincenzo Moretti Un diario di viaggio doppio, nel senso che il libro, scritto a quattro mani, alterna le pagine dei diari di viaggio dei due autori, padre e figlio, che vivono insieme. I diari iniziano dal difficile quartiere di Secondigliano a Napoli, per poi svilupparsi attraverso il racconto dell’esperienza di viaggio in Giappone che per Vincenzo, il padre, è l’occasione per raccogliere materiali per uno studio sociologico sull’organizzazione di un centro di ricerca d’eccellenza mondiale – il Riken – dove lavora il premio Nobel per la chimica Ryoji Noyori. Per Luca, il figlio, invece, è l’occasione per approfondire il suo interesse per la cultura giapponese e per supportare, moralmente e soprattutto praticamente, il padre nella sua impresa. La redazione del diario diventa l’occasione, attraverso il tipico sguardo comparativo dei viaggiatori, per riflettere e mettere a confronto la terra di partenza – Napoli e l’Italia – con quella d’arrivo – Tokyo e il Giappone. Ma il libro offre di più. Propone un doppio sguardo, parallelo, che è indicativo non solo di un diverso interesse verso la cultura nipponica, ma forse anche di una diversa sensibilità generazionale: da una parte il figlio che, da cultore della civiltà nipponica, si sofferma sulle tradizioni e sulle pratiche di vita contemporanee che osserva nei diversi ambienti di Tokyo; dall’altra parte, il padre che, da ricercatore sociale, osserva il Giappone soprattutto attraverso il filtro della sua ricerca sull’organizzazione dei centri di ricerca d’eccellenza e sul ruolo che in essi ha la serendipity. Nel racconto, tuttavia, emergono le personalità dei due autori, la loro umanità e il loro modo di approcciare il viaggio e il confronto, non sempre facile, con la propria e le altre culture, in una narrazione della vita quotidiana dove si evidenzia chiaramente la centralità di internet, sia per le pratiche di lavoro, sia per la cura dei rapporti personali. |
titolo Enakapata. Storie di strada e di scienza da Secondigliano a Tokyo
di Luca Moretti,
Vincenzo Moretti
editore Ediesse, Roma
pagine 200
prezzo € 10,00
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Il soggetto ecologico di Edgar Morin
di Sergio Manghi Un saggio ricchissimo e ineccepibile, documentato e ragionato, sul pensiero di Edgar Morin, questo di Sergio Manghi, docente di Sociologia dei processi culturali a Parma, in cui l’Autore accenna rapidamente alla prima fase dello sviluppo del pensiero di uno dei grandi del Novecento, dai suoi inizi come sociologo della comunicazione, quello di
L’uomo e la morte e dello Spirito del tempo, per concentrarsi poi sulle conseguenze della svolta che avviene a partire dal 1969, grazie a un soggiorno di Morin al Salk Institute in California, durante il quale il sociologo francese conosce il pensiero di Gregory Bateson, la teoria dei sistemi, la teoria dell’informazione, e comincia a sviluppare quel lavoro che poi lo occuperà dal 1977 al 2004, Il Metodo, e che rappresenta, se si vuole, la sua personale applicazione dell’Immaginazione sociologica di cui scriveva Wright Mills, che nel suo caso potremmo chiamare “immaginazione
ecologica”, per sottolineare il fulcro del suo pensiero: il coraggio di forzare i confini della sociologia “istituzionale” per affermare la necessità dell’attenzione alla centralità del “soggetto vivente” e alla dialettica “ordine-disordine-organizzazione” come centro obbligato della ricerca scientifica. Un testo di qualità, per la sistematicità con cui viene trattato il pensiero del francese, la forza etica che esprime nel dimostrarne la validità scientifica, ma anche quella didattica e la sua spinta educativa (si pensi a
La testa ben fatta e I sette saperi necessari per l’educazione del futuro), la dimensione di adesione affettiva e culturale che esprime.
Quasi un libro scritto a quattro mani, per come si avverte la presenza viva di Edgar Morin nelle sue pagine.
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titolo Il soggetto ecologico di Edgar Morin
di Sergio Manghi
editore Erickson,
Trento
pagine 158
prezzo € 16,00
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