Lo scrittore ceco lavora su più di un
piano. Da una parte ci sono le vicende concrete che occorrono ai
protagonisti: tutte incentrate su se stessi, sulla continua riflessione
sulle decisioni da prendere e su quelle già prese
– decisioni che nella maggior parte dei casi riguardano le
relazioni sentimentali, anzi prima di tutto erotiche, che hanno. Da
un'altra le riflessioni di Kundera stesso sulle vicende umane, sulla
loro significatività, casualità, e – al
contrario – eventuale necessità, nella forma del
romanzo saggio, in cui continuamente l’autore dialoga col
lettore, ed entra nell’interiorità del
personaggio. Infine, c’è un piano di riflessione
più generale, astratto, quasi teorico, che implica una
dimensione ancora più metafisica, quasi, che concerne le
vicende umane in genere, il senso della vita e del nostro essere-nel-mondo.
E, nonostante il fatto che i personaggi del romanzo vivano in tempi
oggettivamente difficili per loro, si trovano a dover prendere
decisioni impegnative: fughe, esili, ricongiungimenti, separazioni; e a
dover subire ingiustizie gravi: espulsioni dal posto di lavoro,
richieste di impegno politico indesiderato, attenzioni volgari, sembra
che non ne siano mai colpiti veramente in profondità.
Proseguono a vivere, sempre avvolti su se stessi, rivolti verso
un’interiorità fatta di desiderio infantile, di
superficialità e irresponsabilità.
L’unica che forse si dimostra leggermente più
profonda è Tereza, la fotografa amante di
Tomàš – l’unica di cui ci
viene con profusione raccontata la vita da bambina e lo squallore del
rapporto con la madre. In sostanza, siamo in una dimensione che poco
dopo sarebbe stata definita da sociologi e filosofi della deresponsabilizzazione
e dell’infantilizzazione. Una
dimensione decisamente legata all’oggi, al post industriale,
alla perdita degli ancoraggi, della prospettiva… Il che fa
pensare al postmodernismo come corrente artistica. Come sostiene, in
effetti, parte della critica. I segni
dell’appartenenza del romanzo alla fase finale della
Modernità non sono però solo questi. A parte
l’intero impianto, costruito sui periodici interventi
dell’autore come interlocutore diretto del lettore, un altro
elemento che conduce a questa interpretazione sono le considerazioni
sul rapporto fra romanzo e realtà, e quelle sul rapporto fra
azioni umane e loro significato. Un passaggio in particolare,
che riportiamo qui sotto per intero, dà ragione di queste
riflessioni. Kundera, discutendo della simmetria dei rapporti fra
romanzo e vita, racconta di come Tereza, quando raggiunge
Tomàš a Praga, dopo averlo conosciuto –
grazie ad una serie di coincidenze che lei imparerà a
considerare inevitabili – ha sotto il braccio Anna
Karenina. Il romanzo di Lev Tolstoj si apre con la donna che
è sul marciapiede di una stazione ferroviaria, dove da poco
qualcuno è finito sotto un treno, e si chiude con la stessa
Anna che si getta sotto un altro treno. Questa simmetria può
apparire troppo “romanzesca”. Ma:
Si, sono
d’accordo, ma a condizione che la parola
“romanzesca” non la intendiate come
“inventata”, “artificiale”,
“diversa dalla vita”: Perché proprio in
questo modo sono costruite le vite umane. Sono costruite come
una composizione musicale… L’uomo senza saperlo
compone la propria vita secondo le leggi della bellezza… Non
si può quindi rimproverare al romanzo di essere affascinato
dai misteriosi incontri di coincidenze… ma si può
rimproverare all’uomo di essere cieco davanti a simili
coincidenze nella vita di ogni giorno… (ibidem,
pagg. 59-60)
In questo breve brano è dispiegato uno
dei temi più interessanti del romanzo di Kundera: la
sovrapponibilità di vita e romanzo. Siamo noi uomini,
infatti, a dare senso – a posteriori – alle
sequenze di avvenimenti che ci capitano, trasformandoli in narrazioni
che li giustificano. La nostra identità è
– alla fine – il prodotto della narrazione che
facciamo a noi stessi – e agli altri – del nostro
Sé (Pecchinenda). E per dargli senso, andiamo a caccia di
collegamenti, di continuità, di relazioni di causa/effetto
– per poi finire per impotenza, a volte, a evocare, il caso,
il destino, il fato, ritornando inevitabilmente al mito, ad una
spiegazione arcaica, sacra delle cose del mondo…
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