Il
genere di videogioco GDR nasce con l’avvento
nell’ormai lontanissimo 1980 di Rogue
(A.I. Design), un gioco avente l’intera interfaccia testuale
composta
da soli caratteri ASCII, nel quale il giocatore assume il ruolo di un
avventuriero immerso in un’ambientazione fantasy: il
personaggio inizia
dal livello più superficiale di un enorme antro sotterraneo,
pieno di
mostri e tesori. L'obiettivo è di combattere per raggiungere
il fondo
dei sotterranei, recuperare l'Amuleto di Yendor e
tornare in
superficie. Fino al ritrovamento dell'amuleto il giocatore non
può
risalire le scale che ha usato per scendere. Contrariamente a molti dei
videogiochi d'avventura suoi contemporanei, però, ogni
livello è randomized-dungeon,
ossia generato casualmente, rendendo ogni partita unica.
Successivamente in quegli anni nacque un gioco che di per sé
fece
nascere il genere: la serie di Ultima (Origin
System),
una pietra miliare che, tutt’oggi, è considerato
il più longevo GDR
della sua porzione di mercato, se non della totalità di
esso. Nascevano
in quegli anni anche le software house ed i relativi titoli che
avrebbero di lì a poco segnato la storia e dato i natali ad
una folta
schiera di proseliti: Dragon quest (Enix) e Final
Fantasy (Squresoft),
entrambi ancora oggi giocati e diffusi in tutto il mondo. In questo
periodo, oltre a coprire ogni genere di ambientazione, dal western al
Giappone feudale, dalla space opera ai manga, il gioco di ruolo compie
quello che tutt’oggi è il suo salto maggiore: si
“anima”, diventa vivo,
e si diffonde il genere fantasy. Fino ad allora le
azioni del
proprio avatar erano gestite e descritte in forma scritta, ma
d’ora in
poi si “recitano” attraverso una loro
rappresentazione grafica iconica:
non si tratta più di muovere un personaggio usando le parole
come
interfaccia, ma di interpretarlo calandosi nella parte: il
“flavour” e
l’estetica acquisiscono un’importanza centrale1.
Se
negli anni Ottanta
la caratteristica che contraddistingueva il GDR era la
complessità del
sistema di gioco, a partire dagli anni Novanta in poi si è
avuto uno
snellimento delle regole accompagnato al contempo dalla progressiva
complessità del mondo di gioco e del proprio avatar, ormai
divenuto
tridimensionale e ricco di particolari per attirare anche il pubblico
più giovane, che prima non era affatto contemplato nei
target di
riferimento. È in questo periodo che nascono capolavori
della narrativa
videoludica come Final Fantasy VII (1997,
Squaresoft) e The Legend of Zelda: A Link to the Past
(1991, Nintendo), quest’ultimo dotato di una
varietà di situazioni ed
ambienti assolutamente incredibile, tanto che gli abitanti di Hyrule
(il mondo di Zelda) sembravano dotati di vita propria e l'interazione
con essi e con l'ambiente circostante era tale da far credere di essere
realmente nei panni del piccolo elfo Link.
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Sino
ad allora a farla da
padrona – almeno per
quanto riguarda i
giochi su console – erano i giochi di ruolo di matrice
nipponica, i
cosiddetti JRPG, ampiamente diffusi e conosciuti in
tutto il
globo per le loro sceneggiature e i loro personaggi affascinanti e per
storie intrise di spiritualità ma poco personalizzabili. I
personaggi
sono simili a quelli degli anime, talvolta con
aspetti “pupazzosi” in stile superdeformed,
la cui razza è sovente limitata ad umani, bestie ed
evocazioni divine.
Solo più recentemente il panorama dei GDR si è
diversificato, a tal
punto da creare due famiglie principali: lo stile del gioco di ruolo di
matrice giapponese da un lato, dall’altro invece uno stile di
gioco che
propone un’avventura caratterizzata da maggior
libertà e
personalizzazione del proprio avatar. Questo tipo di gioco di ruolo
è
definito “alla occidentale”: esiste un mondo
complesso, con numerose
razze – tra le quali elfi nani, orchi, non-morti - dove il
proprio
personaggio può vivere infinite avventure e dove, a
differenza della
controparte orientale, egli non è ben definito, non ha un
nome - spesso
è attribuito dal giocatore o, semplicemente, viene omesso
durante
l’intera narrazione – e le scelte cui il giocatore
si trova di fronte
possono alterare il prosieguo della storia, concedendo una
varietà di
situazioni e annessi finali differenziati a seconda delle decisioni
prese. Archetipi del genere sono la serie di The Elder Scrolls
(1995, Bethesda), Diablo (1996, Blizzard), Baldur’s
Gate (1998, Bioware), Ghotic (2001,
Piranha Bytes), Neverwinter Nights (2002,
Infogrames), e Fable (2004,
Lionhead studios), quest’ultimo considerato da molti il primo
vero
tentativo di rendere unica ed estremamente personalizzabile
l’avventura
in un gioco risultante di una ibridazione action-adventure-GDR. Se il
primo capitolo è rimasto disatteso per quanto riguarda i
risultati, il
secondo (in vendita da poche settimane) rappresenta una sua diretta
evoluzione: come nel capitolo precedente, vi è implementato
un sistema
di morphing del personaggio che si trasforma e
cresce in
funzione delle avventure, delle decisioni, degli scontri e degli
incontri che il nostro eroe “innominato”
intrattiene con gli altri PNG
(Personaggi Non Giocanti). Se il primo capitolo della serie poteva
essere per certi versi considerato un capolavoro mancato, il sequel
rappresenta invece un GDR di rara fattura, con dialoghi ed azioni ben
scriptate e molteplici opzioni di personalizzazione che alterano la
narrazione e ne prolungano la giocabilità. Soffermiamoci
ulteriormente
sui titoli della Lionhead: dal punto di vista della nostra trattazione,
Fable e Fable 22,
possono essere
considerati casi
particolari, in quanto paiono due videogiochi con
un’impostazione
tutt’altro che ruolistica: Peter Molineaux ha progettato il
mondo di
gioco, l’interfaccia d’interazione e i comandi in
maniera da
assomigliare più ad un’action-adventure
game piuttosto
che ad un GDR classico, quasi come se questi elementi ruolistici
fossero stati inseriti in un secondo momento, per rendere il prodotto
“più appetibile”ad un pubblico
più vasto ed eterogeneo. Questa
impostazione, ormai sempre più diffusa da origine a
videogame che non
possono avere una precisa definizione del loro genere
d’appartenenza.
La commistione di generi avventura-azione-GDR è quella
più famosa, ma
vanno diffondendosi altri ibridi che riscuotono enorme successo:
parliamo degli FPS e, primo fra tutti, parliamo del caso Deus
Ex (2000, Ion Storm), sparatutto Sci-fi
con anima da gioco di ruolo in prima persona.
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