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conversazioni ]
Stefano Pastor, musica libera contro l‘omologazione di Marco Maiocco |
Il
luogo comune vuole che il jazz sia una musica del tutto o quasi improvvisata, anche se spesso nella realtà succede esattamente il contrario, anche alla luce del fatto che l’improvvisazione in senso assoluto non può esistere. Come Holywell Session, anche Helios Suite contiene una pagina totalmente improvvisata, estemporanea, realizzata sul momento senza bisogno di alcuna prova precedente. È questa la vera essenza del cosiddetto free jazz e che cos’è per te l’improvvisazione? George Haslam, presente in entrambi i dischi che citi, ha votato tutto il suo lavoro, come musicista e come produttore, al concetto di libertà in musica, concetto che va ben oltre il mero aspetto tecnico-musicale. L’accostamento improvvisazione-libertà è piuttosto inevitabile anche se è pur vero che nemmeno l’improvvisazione più radicale può fare totalmente a meno di una qualche predeterminazione, se non altro il semplice bagaglio tecnico del musicista. Anche pensando di utilizzare strumenti mai suonati prima vi sarà un preconcetto sul tipo di suono da emettere o su quali gesti eseguire per ottenerlo. Anche in ambito sociale e politico sembra illusorio il concetto puro di libertà. Nondimeno si può affermare che sono possibili differenti gradi di libertà e che essa sia un bene da perseguire. L’improvvisazione per me è l’esercizio intellettuale di questa ricerca. La libertà in musica è l’opposto della comodità: suonare liberamente significa dover passare dall’assimilazione e dal successivo affrancamento dai materiali musicali più diversi, anche quelli che abbiamo utilizzato per allontanarci dal sistema tonale. Per questo l’improvvisazione libera è emancipazione. È inoltre un esercizio di responsabilità: è necessario ponderare quel che si dice perché l’esecuzione è un’opera compiuta e irripetibile. Qual è, quindi, la vera essenza del free jazz? Considerando le motivazioni storiche che ne sono alla base, il fatto di essere metafora di un vivere sociale ideale e responsabile, capace di meritare la libertà. | Un’improvvisazione collettiva, nata dall’interazione del qui ed ora può costituire una composizione? Cos’è una composizione e fino a che punto se ne può parlare? Dal tuo punto di osservazione ha ancora senso pensare al comporre? L’improvvisazione richiede responsabilità creativa - attraverso il senso della forma, la conoscenza o la capacità di comprensione immediata dei contenuti che si possono sviluppare - e anche responsabilità sociale nel doveroso rispetto dello spazio sonoro e gestuale in condivisione. Se vi è tale responsabilità l’improvvisazione è una forma di composizione. Viceversa la composizione, nella sua accezione più tradizionale, è l’organizzazione a tavolino dell’opera. La composizione oggi può organizzare e mescolare i materiali più diversi, compresa l’improvvisazione. Personalmente tendo sempre di più a un tipo di composizione che lasci l’interprete libero da troppi condizionamenti inutili. Piuttosto, accanto a poche indicazioni capaci di determinare un colore armonico-melodico, ritengo interessante utilizzare materiali extramusicali. Nei cd Cycles e Uncrying Sky ho fatto proprio questo con i versi di Erika Dagnino nel primo e miei nel secondo. In Holywell Session mi spingo sino all’estremo dell’improvvisazione totale con musicisti che non avevo mai incontrato prima, senza alcuna predeterminazione. Ritengo che sia utile indagare il rapporto e le infinite combinazioni possibili tra improvvisazione e composizione. | |
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