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conversazioni ]
Simonetta Santamaria, no…strana signora dell’horror di Carmine Treanni |
Come scrittrice hai sempre dichiarato il tuo debito nei confronti
di Stephen King: in cosa ti ha influenzato lo scrittore americano? Ci sono altri scrittori che ti hanno formato come scrittrice? Nessuno più di lui. King ha ripreso un po’ le orme di E. A. Poe, altro scrittore che ho amato moltissimo: ha creato un nuovo modo di scrivere horror; non più solo vampiri, lupi mannari, zombie, ma paure quotidiane. Il nostro vicino di casa, un cane, un camion, una stiratrice industriale o un’organizzazione esperta in diete: sono queste le cose che ci terrorizzano di più, elementi a noi talmente familiari da farci rabbrividire quando ne incontriamo uno. E che, dopo che hai chiuso il libro, ti fanno scrutare nel buio. Descrivici il tuo processo creativo: come nasce una storia di Simonetta Santamaria? | Basta guardarsi intorno, lasciare che i luoghi ti parlino. Dallo stesso elemento può scaturire una favola o una storia spaventosa, il resto dipende poi dalla propria immaginazione e dalla capacità di renderla tangibile. Quali sono, a tuo avviso, gli elementi fondanti di una storia horror? La Paura, innanzitutto. Non sono il sangue o i plateali sbudellamenti a terrorizzare, quelli generano ribrezzo, disgusto. La Paura è un’altra cosa. È come una corsa sulle montagne russe: la Paura deve correre con il lettore, sulla sua vettura, deve renderlo consapevole che una volta salito, quando la barra lo inchioderà al sedile, non ci sarà più scelta, si scende solo a giro finito. Non è la descrizione dell’evento fine a se stessa ma la concatenazione degli eventi che devono strozzare il respiro, non dare tregua, far schizzare il battito cardiaco. A parole è facile, lo so. In realtà non so neppure se io stessa ci riesco ma è quello che ricerco quando scrivo e quando leggo o vedo un film. E comunque niente di tutto ciò è possibile se dietro un progetto horror non c’è prima di tutto una buona storia da raccontare. |
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