[ conversazioni ]
John Greaves, una specie di enigma di Claudio Bonomi |
Vorrei che spendessi qualche parola sul progetto “Songs
from the Beginning”. È solo una collaborazione o
c’è di più?
Mi sono divertito a cantare quelle canzoni. Era solo una collaborazione. Torniamo un po’ indietro. Come vedi oggi la tua carriera con gli Henry Cow? Perché lasciasti il gruppo, al principio del 1976? Non eri forse d’accordo con il nuovo ideologismo inclinato a sinistra di Henry Cow? È passato molto tempo. È stato un periodo di grandissima ispirazione e formazione. Come essere nei Marines, forse, una cosa che non ti togli più di dosso. Comunque sì, cominciai a trovare soffocante quel dogmatismo e preferii passare oltre. Tornato dagli Stati Uniti, dopo aver ultimato Kew.Rhone., ti sei unito ai National Health: un contesto musicale diverso, paragonato a Henry Cow e ai tuoi nuovi colleghi! Come hai fatto? In un certo senso, come bassista, National Health era per me più impegnativo. Certo, meno iconoclastici, ma più interessanti formalmente. Del tuo lavoro con i National Health è rimasto in archivio qualche cosa d’inedito? No, che io sappia. E registrazioni della John Greaves Band con Elton Dean, J. F. Pauvros e Pip Pyle? No, a meno che da qualche parte non esista un bootleg. Come bassista sei autodidatta? Hai ricevuto lezioni da ragazzo? Vuoi parlare della tua educazione musicale? Sì. Ho imparato a suonare il basso a tredici anni nell’orchestra da ballo di mio padre. Come compositore, qualunque progresso abbia fatto direi che ne siano responsabili gli Henry Cow. |
Qual‘è stato il primo disco che hai comprato? E che cosa ascoltavi quando hai cominciato la tua carriera di musicista? A otto anni ho comprato Mountain Greenery di Mel Tormé. Nei primi anni Sessanta, un’inebriante mistura di Dave Brubeck, Miles Davis, The Big Three e i Beatles. Nella tua lunga carriera hai suonato con tanti ma… oggi, con chi vorresti farlo? Il bello di questo mestiere è che c’è sempre gente interessante, eccitante che vien fuori da chissà dove. Io non vedo l’ora di incontrarne il più possibile. Parliamo del futuro. Progetti nuovi? Verrai in Italia? Mi piacerebbe suonare di più dal vivo. Portare in tournée Verlaine, forse anche Kew.Rhone. Sto per cominciare un altro disco in francese. Più in là nel mio futuro non riesco a vedere. In Italia verrò volentieri quando m’inviterà qualcuno! |
Traduzione dall‘inglese di Marco Bertoli | [1] [2] (3) | |||||
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