Treny
di Jacaszek
La
Miasmah è
un’etichetta norvegese che è riuscita in poco
tempo a creare un proprio sound, un marchio di fabbrica come ha
insegnato a tutti l’Ecm. In tutti i lavori prodotti dalla
label creata da Erik Skodvin (responsabile del progetto Deaf Center) il
denominatore comune è qualcosa che si potrebbe definire
dark-ambient da camera, anche se i dischi finora usciti hanno prodotto
discrete variazioni sul tema (oltre ai Deaf Center, i lavori firmati da
Elegi, Gultskra Artikler, Rafael Anton Irisarri e Greg Haines). Ora
è il turno di Michal Jacaszek, compositore polacco con
qualche disco già all’attivo e che adopera solo il
cognome per firmare i suoi lavori. Anch’egli si cimenta nel
sempre arduo dosaggio di samples, suoni elettronici ed acustici. Gli
strumenti impiegati, pianoforte, arpa, violoncello, violini e voce
femminile (quasi un tema conduttore) finiscono tutti per annegare
dolcemente ma inesorabilmente dentro friabili sottofondi artificiali.
Arpeggi che a tratti sembrano sollevarsi, ma poi affondano in
un’ulteriore tristezza. Solo negli ultimi brani (in
particolare in Walc e Rytm To
Rytm To Nieśmiertelność) i suoni sembrano ritrovare un pallido
vigore, quasi provando nostalgia del ritmo. Un disco che cercando di
distinguersi dalle precedenti uscite della Miasmah, riuscendo ad essero
meno oscuro ad esempio di Elegi, finisce per muoversi in una zona
affine a quella esplorata da Murcof (vedi Quaderni D’Altri
tempi n. X). In ogni caso musica che sembra un’ideale colonna
sonora per improbabili documentari su civiltà perdute,
ignote, o altre forme di vita sconosciute.
Gennaro
Fucile | di
Jacaszek
Titolo Treny
Etichetta Miasmah
Distributore
Goodfellas | |
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Naked
Acid
di Valet Il
secondo
disco di Valet, ovvero Honey Owens da Portland, Oregon, è un
altro volo lisergico doc (dopo il folgorante Blood Is Clean
del 2007) a cura di una che di viaggi sonori se ne intende, visti i
trascorsi nella band Jackie O’ Motherfucker. La Owens poi
è compagna nella vita e in musica di quell’Adam
Forkner, meglio noto come White Rainbow, autore a sua volta del
notevole Prism of Eternal Now (vedi Quaderni
D’Altri Tempi n.XI). Il background di entrambi sono le band
lisergiche di tutte le precedenti stagioni, giù indietro nel
tempo, fino agli Ash Ra Temple (quelli con Rosi) e la Bay Area. Naked
Acid, infatti, è come suonerebbe oggi If
I Could Only Remember My Name di David Crosby, forse
l’apice delle sonorità estatiche della California
anni Settanta. La cultura è la medesima, identico il
sentire, il percepire oltre il visibile, avvertendo le medesime buone
vibrazioni. Il legame di parentela con la grande corrente tecnognostica
è subito evidente, nel brano d’apertura, We
Went There, con quell’estrarre voci
(femminile/maschile, Valet e Adrian Orange) dagli abissi della
coscienza, dando luogo a un’epifania di suoni interiori, un
susseguirsi di cerimonie dell’anima, che prosegue con
l’eterea traversata di Drum Movie con
reiterazioni ereditate da Terry Riley, Kehaar, con
lancinante chitarra a far da controcanto alla Owens fino a
soppiantarla, Fuck It, uno spettacolare blues
alieno e la pseudo ballad Babylon 4 Eva e
l’emozionante folkedelica Fire. Chiude Streets,
dove rifà capolino il guru Riley. Sono trascorsi una
quarantina di minuti, ma vi siete spostati anni luce dalla solita
musica.
Gennaro
Fucile | di
Valet
Titolo Naked Acid
Etichetta Kranky
Distributore Goodfellas
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Monstre
Cosmic
di Monade
L’esprit
avant-lounge
di Laetitia Sadier trova rimarchevole evidenza in questo progetto
parallelo agli Stereolab (da dove proviene anche Joe Watson qui
presente in alcune tracce), Monade, band francese di stanza a Bordeaux,
che giunge al suo terzo impegno discografico. Naturalmente la domanda
è d’obbligo, quanto differisce Monade da
Stereolab? Non molto. Non fosse altro che per il timbro della Sadier
che segna così fortemente il sound degli Stereolab. Certo
qui, da vera leader firma tutti i pezzi. Inoltre, Monade evita le
derive più cosmiche, ma il tono leggiadro, i motivetti
memorabili, i riff irresistibili e quel discreto ma palpabile contorno
di sonorità vintage (ad esempio, l’ouverture di Tout
En Tout Est Un) sono un denominatore comune evidente. La vera
differenza, si potrebbe dire, è che qui la Sadier canta
quasi sempre in francese e negli Stereolab quasi sempre in
inglese…Quanto ai testi, giocano di contrasto, proponendo
angolature insolite dell’esistenza, svolgendo il tema delle
terribili apparenze della vita e delle sue implacabili logiche
esistenziali. Stereolab o Monade, questo comunque è un bel
disco, suonato con classe (si ascolti la svolta ritmica in Entre
Chien Et Loup) che vanta almeno tre pezzi forti, Lost
Language con sezione d’archi in apertura
e chiusura che rimandano ai rimpianti Weekend, Elle Topo con
bella partenza morriconiana e Regard, ariosa
cantilena che sembra tratta dal repertorio di Françoise
Hardy. Da segnalare in fondo all’ultima traccia (il pop
purissimo di Change Of Destination) una breve ghost
track. Basta pazientare sette minuti.
Gennaro
Fucile | di
Monade
Titolo Monstre Cosmic
Etichetta Too Pure
Distributore Self Distribuzione
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