Paul-Louis
Landsberg e
l’umano poco umano di Luca Bifulco
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Per
Landsberg, nella modernità l’individuo troneggia
implacabilmente,
mentre vengono a cadere quelle forme tradizionali di
solidarietà che
caratterizzavano le società premoderne, alimentate dalla
teoria della
conoscenza opposta al nominalismo, ossia il realismo.
L’individualismo nominalistico permea oggi il nostro modo di
intendere
il mondo, risultando autoevidente, così come il modo di
pensare
realistico condizionava le forme societarie che ci hanno preceduto e i
meccanismi di autopercezione degli uomini che le hanno abitate. In
particolare, il realismo è stato una componente precipua e
pervasiva
delle società primitive. L’uomo primitivo,
infatti, si percepisce come
membro di un corpo comunitario che gli dà senso, in cui i
dettami della
tradizione risultano imperanti ed insindacabili, mentre il suo status
di individuo viene tutto sommato annullato dalla sua appartenenza al
genere, alla stirpe.
Nonostante una serie di differenze che Landsberg prontamente mette in evidenza, questa modalità di comprensione intellettuale è stata sostanzialmente ripresa dalla tradizione filosofica sofista, da Empedocle, Socrate, ma poi soprattutto da Platone con l’anamnesi delle forme archetipe e con la metexis partecipatio, la partecipazione del singolo all’idea di cui fa parte. Il concetto rappresenta una configurazione unitaria e autoevidente che non si forma a partire dall’aggregazione dei singoli elementi, ma che anzi a loro conferisce senso per riflesso. Allo stesso tempo l’uomo è tale solo all’interno di uno Stato, di una comunità, una tradizione che certifica la sua consistenza ontologica ed etica. Secondo Landsberg gran parte dell’epistemologia medioevale di retaggio cristiano ha una formulazione neoplatonica, sebbene, grazie a personaggi come Abelardo o Guglielmo da Ockham prende corpo il germe del nominalismo che senza dubbio sfalda il solidarismo arcaico aprendo la via all’individualismo moderno7. Inoltre, l’età moderna è per Landsberg definita anche dalla sua “tendenza democratica”. L’Occidente ha visto il passaggio da una forma di conoscenza aristocratica, di ispirazione tendenzialmente platonica, in cui la differenza d’essere (e di status sociale) incide sulle potenzialità conoscitive, ad una forma di conoscenza democratica in cui l’universalità della ragione conferisce a ogni uomo uguali capacità. Laddove la sapienza era affare di pochi filosofi-re ora il democraticismo gnoseologico dà credito ad attitudini cognitive universalmente umane. Ma in questo universale l’individuo in quanto entità autonoma trova presumibilmente una collocazione per certi versi speciosa. Siamo di fronte ad un moderno mondo borghese in cui la concezione della maggioranza acquisisce assoluta insindacabilità etico-politica ed in cui, però, l’uomo pratico ha il netto sopravvento sull’uomo teoretico. A detta di Landsberg, se tutto ciò ha comunque consentito lo sviluppo del pensiero razionale-scientifico a scapito di quello magico, ha però avuto come contraltare la diffidenza verso qualità esistenziali-carismatiche e il discredito verso forme di conoscenza metafisica, filosofica, teoretica che rivendicano invece giustamente una loro legittimità. Per questo il filosofo tedesco ripone le proprie speranze su tensioni gnoseologiche che tendano a calmierare una simile radicalizzazione, da rintracciare soprattutto in una versione più indulgente e matura dell’Illuminismo, distaccatosi dall’ingenua glorificazione razionale e dalla condanna assoluta di forme di conoscenza meno razionalistiche. Si tratta di approcci che, verosimilmente, hanno l’intento implicito di conferire nuova dignità ad una concezione pluralistica, saggiamente individualizzata e libera della verità. Presumibilmente un simile atteggiamento tende all’apprezzamento di un uomo fortemente responsabile, che sappia andare oltre il mero quantum della vita moderna, oltre le gabbie delle tecniche specialistiche, oltre l’oppressiva praticità, verso il riconoscimento di valori umani più profondi. | ||
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7. Sul rapporto tra intellettuali come
Abelardo e Guglielmo da Ockham e l’individualizzazione, cfr.
anche A. Cavicchia Scalamonti, La morte. Quattro variazioni
sul tema, Ipermedium libri, S. Maria C. V. 2007.
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