Le identità sospese e i corpi declinabili
che animano Battlestar Galactica di Enrica Picarelli
| ||
D
ue uomini e una donna in abiti militari
torturano un uomo ammanettato.
La violenza che stravolge i volti fa vibrare le pareti, amplificando il tonfo della carne violata che impatta contro altra carne. Scampoli di conversazione e brandelli umani fendono l’aria, invadendo lo spazio della visione. Tra i frammenti strozzati di questa scena la realtà della sofferenza si distende attraverso il piano impalpabile del suono, bucando carnalmente lo schermo nel corpo a corpo affettivo e inarticolato tra l’uomo violato e lo spettatore. La parola arriva solo successivamente, brutale come il braccio che costringe la testa sott'acqua per estorcere, in un sibilo, informazioni vitali. Tra due attacchi la donna apre una parentesi; si rivolge al torturato accusandolo di avere un corpo che non è un corpo, di servirsi della violenza altrui per confutare la realtà incontrovertibile della sua esistenza non umana: “È un bel dilemma: se escludi il dolore stai meglio ma ti riveli un automa, non una persona. Gli esseri umani non posso escludere il dolore ... non hanno scelta. Perciò l’unico modo che hai per evitare il dolore che stai per ricevere è dirmi ciò che voglio sapere proprio come un umano”. Quando l’uomo rifiuta di collaborare, la condanna a morte è calcolata freddamente: “lui genera la paura ...è una macchina, e non si conserva una macchina letale se massacra il tuo popolo e minaccia il tuo futuro, bisogna sbarazzarsene”1. E così, in pochi minuti, l’uomo-macchina diventa polvere nell’universo ed è quest'ultimo il solo particolare che interrompe il continuum narrativo, sospendendo la sensazione che ciò a cui si assiste non sia un'opera di fantasia ma la realtà della violenza globale. La serie Battlestar Galactica (2004) cattura lo spettatore con la promessa di una storia realistica. Dalla piattaforma futuribile di un'astronave militare, la serie insiste sull’immagine di un limite che dal remoto siderale rimbalza nel nostro quotidiano. Il limite della conquista, della violenza, dell’umano, il limite del possibile, turbano l’immaginario televisivo quanto le speculazioni fittizie che motivano la logica della guerra preventiva. Entrambe agiscono sul tempo e materializzano il futuro nel presente in una sorta di anticipazione probabilistica hic et nunc2. L’eventualità spaventosa di un accadere in cui l’annientamento del nemico comporta l’annientamento di noi stessi risuona nella specularità della guerra al terrorismo e di quella fantascientifica al corpo biomeccanico, facendo di Battlestar Galactica un'occasione per riflettere sui problemi della contemporaneità. Secondo Ronald D. Moore, produttore della serie, sono proprio le premesse fittizie del genere che permettono al programma di proporre una critica tanto sostenuta alla policy americana3. Sicura nel suo intento affabulatorio, la fantascienza aggirerebbe il controllo della comunicazione interrogando la possibilità reale che il mondo occidentale nutra, al suo interno, un'alterità minacciosa e mortifera4. Partendo dalla contrapposizione tra le due realtà intrecciate degli esseri umani e dei Cyloni, Battlestar Galactica replica fittiziamente il tema della fine della storia e lo scontro tra civiltà soffermandosi sulle implicazioni etiche di questo confronto5. I Cyloni incarnano il polo d'allarme in una danza antitetica tra realtà speculari, esaltate da una logica assassina di reciproco annientamento. I Cyloni, infatti, sono indistinguibili dagli esseri umani: dotati di corpi carnali, sentimenti, passioni e un codice morale. Essi rappresentano l’alterità con cui il pensiero occidentale si è sempre confrontato infestando questa volta il confine tra umano e tecnologico nella figura del cyborg, ennesima replica della “favola della macchina” dove l’esistenza non è altro che un codice infinitamente manipolabile. “Sembra un vero essere umano” “Dev'essere pieno di circuiti e fili” “No, se lo squarta vedrà il sangue, le budella e tutto il resto ... e sta sudando”6. In questa scena la differenza nasce dal corpo e sul corpo si riversa la violenza che vorrebbe annientarla. La materialità della macchina svela, infatti, quel Dasein che da Martin Heidegger misura la vita con l’inevitabilità della sua fine, imponendo all’uomo un limite invalicabile. Nel sudore del Cylone Leoben c'è qualcosa di familiare che affascina e repelle il tenente Starbuck. La sua capacità di espellere liquidi è qualcosa di più di uno spettacolo spiacevole; è la scena di un'abiezione ugualmente altra e umana. Che le eiezioni di Leoben riescano davvero ad esorcizzare l’orrore di una civiltà che nella repulsione differisce la minaccia della morte? | ||
| versione per la stampa | | (1) [2] |
1. Battlestar Galactica,
Flash and Bone episodio 8, stagione I. 2. A proposito di questa nozione di “futuro anteriore” nella guerra al terrorismo cfr. Brian Massumi, The Future Birth of the Affective Fact (traduzione dell’autrice). | 3. I network sono
terrificati dalle controversie, ma nella fantascienza non le notano
e non se ne preoccupano più di tanto così hai carta bianca, in Ronald D. Moore, Christian W. Erickson, Counter-Terror Culture: Ambiguity, Subversion, or Legitimization?, in Security Dialogue 2007; 38; p. 202 (traduzione dell’autrice). Per un approfondimento sulla “fantascienza sociale” cfr William Bogard, The Simulation of Surveillance, Cambridge University Press, New York, 1996. | |||||