Out There
di The Heliocentrics
Quattro anni sono occorsi a
Malcom Catto (batterista del giro DJ Shadow e Madlib) per realizzare
questo pirotecnico progetto e si sente. Qui si vola alto e ci si
smarrisce. Per orientarsi, bisogna immaginarsi di salire a bordo del Flight
583, titolo del terzo di 24 brani. È un benvenuto
sull’aereo (o è un disco volante?). Insieme a
Catto troviamo gli otto musicisti che ne hanno condiviso le fatiche e i
loro attrezzi del mestiere, dal sintetizzatore, ai sax (alto, tenore e
baritono), dal vibrafono al clarinetto e le chitarre, ma anche flauto,
santur, oud, effetti e campionamenti. A bordo, altri strani passeggeri.
In prima fila c’è Sun Ra. Il sound, il nome della
band, il titolo del disco e quelli di molti brani, la copertina, tutto
è un omaggio al sacerdote dell’astro-jazz che
inganna il tempo fischiettando il suo standard Space Is The
Place. Altro passeggero singolare è George
Clinton, in compagnia dei suoi Funkadelic. Posto d’onore
anche per lui che fa capolino dappertutto. Defilati dei freaks, si
direbbero i Gong e, di fianco, tipetti non meno obliqui: il maestro
dell’exotica Martin Denny, il signore della space-age,
Esquivel e numeri uno delle musiche da film/telefilm, come Lalo
Schifrin. “On the corner”, c’è
anche Miles Davis ed è da sola l’affascinante,
Nico (vi è inclusa la cover di Winter Song).
L’hostess serve un frullato di funk, jazz, psichedelia,
trip-hop, blaxploitation, afrobeat, etno/exotica e mille altre cose.
È la colonna sonora ideale per un film immaginario che
potrebbe intitolarsi Funk Is The Place…
Gennaro Fucile |
di The Heliocentrics
Titolo Out There
Etichetta Now Again/
Stones Throw Distributore
Goodfellas |
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Au zulò
di Allegri
Leprotti
C’erano una volta gli
Allegri Leprotti, collettivo animato dai fratelli Passador che sul
finire degli anni Settanta agitava il panorama alternativo milanese con
una musica ricca di ironia e testi poetico-intellettuali.
Un’esperienza che si rifaceva in modo del tutto originale
alla corrente Rock in Opposition e che si era
interrotta nel 1996 con la scomparsa di Marco Passador. Oggi, a
dispetto delle mode e del tempo, le vibrazioni leprottesche
ritornano sotto forma di un cd, a dir poco entusiasmante. Pescando
soprattutto nel repertorio delle origini, i membri del collettivo si
sono messi al lavoro riarrangiando i materiali del passato, infondendo
alle composizioni potenti dosi di misurata follia e inventiva fuori dal
comune. Attingendo a piene mani a stili e ritmi della musica popolare,
i nostri sviluppano “un certo discorso” che
amalgama Zappa, jazz e certi modelli colti del progressive nostrano
(es. i primi Picchio dal Pozzo). Certo, i musicisti fanno sfoggio di
una grande tecnica nel destreggiarsi tra repentini cambi di ritmo e
invenzioni a ritmo continuo, ma tutto suona fresco, diretto e per nulla
radicale o intellettualoide. Tra le 14 anticanzoni del cd brillano in
particolare l’introduttiva Au Zulò,
con una magnifica Carola Caruso alla voce, e il piccolo capolavoro Arancio
o rosso?
Claudio Bonomi |
di Allegri Leprotti
Titolo Au zulò
Etichetta MA.RA.CASH RECORDS
Distributore www.maracash.com
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Dreamland
di Beat Circus
Beat Circus è un’idea del
mulistrumentista Brian Carpenter e questo è il primo disco
di una sua trilogia intitolata Weird American Gothic;
questo disco è dedicato al luna park di Coney
Island, alle sue storie misteriose, popolate da
personaggi macabri o surreali. Dreamland era il suo
nome prima che un incendio in buona parte lo distrusse nel 1911. Weird
è il termine che gli anglosassoni impiegano per descrivere
lo strano, l’insolito, il misterioso e l’America
è zeppa di weird tales (non a caso, il nome della fanzine su
cui scriveva anche Howard P. Lovecraft), una tradizione che dal romanzo
Il circo del dottor Lao di Charles G. Finney a
Stephen King, anche nel pulp del secondo dopoguerra è sempre
nei paraggi di questi luoghi delle meraviglie (quelle di un tempo). Le
musiche dei Beat Circus non sono da meno, arrivano da ogni dove, meglio
se strange. È la cultura del freak riversata in questa
scatola sonora intrisa di musica kletzmer, tzigana, spagnola, slava.
C’è molto cabaret, dotti rimandi lungo
l’asse Kurt Weill/Carla Bley (la splendida March of
the Freaks, ad esempio) e c’è
soprattutto Tom Waits un po’ ovunque, ma molto più
di una presenza nel brano d’apertura, Gyp The Blood,
in Delirium Tremens e in The Gem Saloon.
Spicca l’inquietante Meet Me Tonight In Dreamland, motivetto da
giostra, grida lontane, non si direbbero adulti, e chiusa con piano da
comica finale. Da brividi. È della partita anche una
struggente Dark Eyes, ovvero Ochi
chornye, uno dei best del Coro dell’Armata Rossa.
Davvero weird.
Gennaro Fucile |
di Beat Circus
Titolo Dreamland
Etichetta Cuneiform
Distributore Ird
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