Holywell Session
di George Haslam/Harry Beckett/Stefano Pastor/
Richard Leigh Harris/Steve Kershaw “Ricordo che non facemmo prove del suono prima del concerto, in quanto
si tratta di uno spazio acusticamente perfetto, e non definimmo per
nulla il programma; avremmo solo improvvisato per tutto il concerto”.
Così scrive nelle brevi note di copertina Pastor, il violinista
genovese con il quale nessuno dei quattro inglesi aveva mai suonato in
precedenza. Un approccio questo che non sarebbe dispiaciuto a Derek
Bailey, così come il senso di libertà che ne ha accompagnato la
performance, ma quanto lontana dalla sua metamusica è quella scaturita
da questo magico incontro del 17 settembre 2006 alla Holywell Room di
Oxford! Squisita nel suo fluire, la musica creata dal quintetto
sorprende per la vena melodica che la anima e stupisce per l’intesa
magica che i cinque esibiscono. Le prime due parti (sette in totale)
sono affidate al solo trio contrabbasso/piano/violino. Quasi un gesto
d’ospitalità da parte di Haslam, che si rivela padrone di casa
inappuntabile (sua la Slam) e si conferma fine musicista quando fa il
suo ingresso nella terza parte, in compagnia di un Beckett in gran
spolvero. Così raggiunta la temperatura giusta il trio si trasforma in
quintetto, capace di volare tra swing e cool, facendo viaggiare
l’ascoltatore dalla California a New Orleans e viceversa con grande
disinvoltura. Quanto ad Haslam, lo si apprezza come solista
nell’apertura di Part 5 dove si lascia andare a un solo di
grande forza espressiva, coinvolgendo progressivamente i partner in un
girotondo intorno alla sua improvvisazione.
Gennaro Fucile |
di George Haslamz
Harry Beckett Stefano Pastor Richard Leigh Harris Steve Kershaw Titolo Holywell Session
Etichetta Slam
Distributore
www.slamproductions.net |
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Arzachel Collectors Edition
di Uriel
Dopo aver fatto da supporter al Middle Earth Club di Londra a gruppi
come Love Sculpture, Steve Miller Band, Family e aver provato fino alla
noia pezzi di Jimi Hendrix, Beatles, Cream, Nice e John Mayall
Bluesbrakers, Dave Stewart e compagni (tra cui un giovanissimo Steve
Hillage) registrano nel giugno 1969 il loro primo album per la
piccolissima label Evolution. L’album viene realizzato e mixato in nove
ore sotto lo pseudonimo Arzachel in quanto gli ex Uriel Stewart,
Campbell e Brooks erano già sotto contratto come Egg con la Decca.
L’opera diventa presto una delle perle più oscure e acide della
psichedelia di marca britannica. Ora questa fatica, ambita preda di
collezionisti da tutto il mondo (il vinile fu stampato in qualche
centinaio di copie e sparì quasi subito dal mercato), è stata ritirata
a lucido e riproposta con sei bonus tracks (gli unici documenti
esistenti del periodo pre-Arzachel, quando i nostri erano un trio e si
facevano chiamare appunto Uriel) in un’elegante confezione con tanto di
booklet farcito di informazioni, foto, date e aneddoti. Il tutto oggi
suona, direbbe la critica di tendenza, vintage. Difatto si tratta di un
documento che fotografa ardori e ambizioni di un gruppo in transizione
che non solo aveva assorbito a dovere le lezioni della scena blues
psichedelica di allora, ma stava già provando ad amalgamare queste
influenze con Terry Riley, Igor Stravinsky, Gustav Holst, J. S. Bach… E
trasformarsi nei meno acerbi e più complessi Egg.
Claudio Bonomi |
di Uriel
Titolo Arzachel Collectors Edition
Etichetta Egg Archive
Distributore Burning Shed
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Eclipse At Down
di Chris Mcgregor’s Brotherhood of Breath
È il 4 novembre del 1971, a Berlino si svolge il Berliner Jazztage. Sul
palco c’è la Brotherhood of Breath. Presenta la band Ronnie Scott,
così: “Most of the guys in the band come from England…and the rest of
them come from South Africa, which is…a wonderful place…to come from”.
Emozionante come tutta la musica che segue. Il collettivo propose –
come sempre – temi di immediata bellezza (tra tradizione kwele e maturo
bop), poi disfatti, collassati (un free magistrale) e infine ricomposti
dopo aver impreziosito la performance di gruppo con assoli che,
nell’arco dell’esibizione, impegnavano tutti i componenti della band.
Apre le danze Nick Tete, impreziosito da un fulgido solo di Harry Beckett (tromba). Segue Restless,
brano di Chris McGregor (piano), che vede l’autore ritagliarsi un
pregevole momento solistico per poi cedere il testimone a Marc Charig
(tromba). Il successivo Do It si fregia di un assolo in
chiusura di Alan Skidmore (tenore) dopo un notevole interplay tra Dudu
Pukwana (alto) e Mike Osborne (alto). La title track, firmata da
Dollar Brand (poi Abdullah Ibrahim) vede in primo piano Osborne e Nick
Evans (trombone). Nel successivo The Bride a far la parte del
leone è il ruggente Gary Windo (tenore), ma anche Malcom Griffiths
(trombone) riesce a ritagliarsi un solo. C’è tempo ancora per Now,
che rivede come solisti Charig e Skidmore. In particolare bella
evidenza la ritmica, Harry Miller (contrabbasso) e Louis Moholo
(batteria). Chiude l’irresistibile marcetta Funky Boots March. Booklet accurato.
Gennaro Fucile |
di Chris Mcgregor’s
Brotherhood of Breath Titolo Eclipse At Down
Etichetta Cuneiform
Distributore Ird
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