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Clear Frame
di Clear Frame
  Hugh Hopper (basso), Charles Hayward (batteria, tastiere), Lol Coxhill (sax soprano), Orphy Robinson (vibrafono, steel pan, percussioni, effetti elettronici), Robert Wyatt (cornetta). Ecco i Clear Frame. Si cominciò a chiamarli supergruppi all’inizio dei Settanta, l’uso è un po’ decaduto, ma per l’occasione lo rispolveriamo. D’accordo, i Clear Frame delle logiche da supergruppo non ne condividono il lancio sul mercato come se fossero un nuovo detersivo ultra concentrato, tantomeno si avvalgono del relativo battage pubblicitario e non sono certo una semplice somma di nomi il cui totale spesso è (era) musica inconsistente. No, loro sono altro, allora forse è meglio rovesciare i termini, sono un gruppo super(lativo). Occorre precisare che si tratta in realtà di un quartetto, che ha visto per questo album in studio la presenza di Robert Wyatt (della sua cornetta, come precisato in copertina), dunque sono un quintetto solo in studio. |
di Clear Frame
Titolo Clear Frame
Etichetta
Continuity... Records Distributore www.rermegacorp.com
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“Siamo assieme da più di due anni e abbiamo già suonato a Londra e recentemente anche in Svizzera e Austria” ha dichiarato Hugh Hopper in un’intervista pubblicata nello scorso numero di Quaderni D’Altri Tempi. “Per quanto riguarda l’album in studio, abbiamo invitato Robert Wyatt a registrare alcune parti con la sua cornetta. Difficilmente Robert ha voglia di suonare dal vivo e pertanto è improbabile che faccia dei concerti con noi”. Così Hopper nella stessa intervista sulla partecipazione di Wyatt. Veniamo al disco. A far da intro proprio cornetta e steel pan (idiofono proveniente da Trinidad e Tobago, un bidone di benzina tagliato e accordato), poi tutto si irrobustisce grazie alla solida sezione ritmica, da subito compatta e impeccabile. Coxhill prende a far da solista e suona prediligendo un timbro inedito, sarà la steel pan che suona aliena come le tastiere di Mike Ratdlege sul Fifth dei Soft Machine (vedi quadernisf.altervista.org/numero9), sarà il contesto generale, ma qui ricorda proprio il saxello di Elton Dean. Il brano è Clean Slate ed è la solitaria cornetta di Wyatt a chiuderlo. Segue Tin Plate, un quarto d’ora di energia pura, funky in apertura, poi sempre più jazzy grazie alla prova magistrale di Robinson al vibrafono. Si chiude alla grande, sospinti dalla progressione incontenibile del basso di Hopper. Ecco, il gruppo superlativo è riassunto in questa prova maiuscola dove tutti da solisti improvvisano collettivamente, evitando vicoli ciechi, gratuiti virtuosismi e musicalità. In realtà, l’intera seduta condivide dell’improvvisazione quel rendere arbitraria la separazione in tracce, pur essendo gli otto brani complessivi dotati di “caratteristiche individuali”. Siamo, insomma di fronte a un’unica avventurosa escursione in una zona inedita, non riconducibile ai lavori precedenti di nessuno dei partecipanti. Temi accennati, sfaldati, ripresi, abbandonati, sostenuti da un catalogo di soluzioni ritmiche completo. Si fanno anche notare le tastiere in Noise Gate e il sintetizzatore nella conclusiva Figure Eight. Robinson è superbo al vibrafono, lo si ammira in particolare in Paperweight, dall’andamento sinuoso e a tratti swingante. Il Coxhill timbricamente più “ortodosso” lo si ritrova in High Rate Gustoso il contenzioso free tra Wyatt e Coxhill in Better Late, sorretto da una ritmica implacabile. La breve Void Crate, posta a metà disco è energia concentrata e poi evaporata. Una prova maiuscola. Super. |
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Gennaro Fucile |
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