Pionieri e paesaggisti. del nascente impero Usa di Giovanni De Notaris
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Di scene di vita militare, connesse particolarmente
all’epopea del West, si occupò
anche Frederic Sackrider Remington (1861-1909), altro paesaggista,
sofisticato e cosmopolita, dalle cui tele traspare spesso un accentuato
dinamismo, ben percepibile in dipinti come L’azione
del IV Cavalleggeri. La sua autorità di autentico testimone della storia dell’Ovest americano verrà sancita dal presidente Theodore Roosevelt (1858-1919) che lo definì “testimone di un’avventura che accomuna tutti gli americani”. Nella seconda metà
dell’Ottocento però, anche i pittori statunitensi
appaiono profondamente influenzati dalla pittura impressionista
europea, tanto da trovare fortuna più nel vecchio continente
che nel nuovo, quasi che ormai la celebrazione del mito americano fosse
conclusa a scapito dei raffinati gusti dell’alta
società europea. |
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Ma paradossalmente, pur imitando lo
stile impressionista, non poterono trovare pieno riconoscimento neppure
nella vecchia Europa; tanto forte era la potenza espressiva degli
autentici impressionisti. È opportuno citare un ultimo impressionista
statunitense che risponde al nome di Frederic Childe Hassam
(1859-1935). I suoi dipinti come Washington Arch, Primavera (6) sanciscono
il definitivo strappo col tradizionale paesaggismo americano. Eppure il
Novecento avrebbe presentato un nuovo soggetto meritevole di
rappresentazione: la vita metropolitana. I pittori della prima
metà del XX secolo afferrarono infatti quali nuovi orizzonti
avrebbe potuto offrir loro la rappresentazione
dell’evoluzione della metropoli. Avrebbero in sostanza potuto
rispondere per le rime a tutti quei paesaggisti europei che da secoli
esaltavano le meraviglie delle loro città. A tale esigenza
le prime risposte provennero da John Sloane (1871-1951), esponente del
gruppo degli Otto (i realisti newyorkesi) che
aveva una decisa predilezione per la Grande Mela e
per le sue scene di vita quotidiana e di miseria, analizzate ed
eseguite con perizia, come in Domenica, donne
che si asciugano i capelli, dove ancora traspare qualche
reminiscenza impressionista.
Eppure come detto prima una nuova era si mostrava agli occhi
dell’artista americano, un nuovo soggetto a cui
l’Europa non poteva che bramare. La metropoli dunque, fredda,
violenta, ma anche misteriosa ed in continua estensione verso
l’alto. Saranno proprio le caratteristiche architetture a
offrire ispirazione agli artisti per celebrare l’egemonia
culturale dello Zio Sam, e le scene quotidiane
della metropoli sostituiranno pienamente i soggetti che tanto cari
furono ai paesaggisti della Hudson River School. Adesso
il nuovo paesaggio tipico non è più quello del West
o del New England, ma quello urbano, e celebratore assoluto di questo
genere fu Edward Hopper (1882-1967), vera essenza del paesaggismo
americano del Novecento. La sua metropoli appare fredda, malinconica e
sempre silente in ogni sua manifestazione. Lo notiamo in Domenica,
ma anche in scene di vita quotidiana o familiare come In
ufficio di notte. In questi dipinti emerge chiaramente la
solitudine dell’uomo, quasi oramai prigioniero delle sue
stesse creazioni. Ed è proprio con la solitudine
dell’artista di New York che ci congediamo dalla autorevole
avventura del vedutismo statunitense.
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