L’immateriale
di cui sono fatti i video di Alfonso Amendola
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Dire che il video non è
la TV, quindi, significa coartare, una volta per tutte, il luogo comune
che vuole, per poca conoscenza di questo universo, il video come
propaggine televisiva. Bisogna pertanto addentrarsi nella concezione
che la televisione è soltanto una delle diverse facce del
prismatico
video. Video, quindi, inteso come protesi tecnologica, come nuovo,
seducente e veloce linguaggio, come medium-strumento assoggettabile ai
più svariati usi sociali. Riferirsi, a seconda dei casi, al
video con
termini quali tecnologia, linguaggio, medium o strumento (termine
più
generale che comprende qualunque operazione-video), ci permette,
attraverso diverse sfumature semantiche, di cogliere le più
dissimili forme di specializzazione che il video incontra.
In questi termini l’estrema versatilità fa del
video un’interfaccia (in
termini di tecnologia, di hardware), tuttora padrona e prediletta, una
sorta di inter-medium onnivoro, inter-medium che
investe, traveste, e sveste tutto ciò che
incontra.
Sperimentazione video vuol dire: oltrepassare gli schemi,
rompere le
pareti della normalità per approdare in un luogo fatto di
novità, di
esasperazioni percettive, è il principale motore che spinge
le nuove
generazioni a confrontarsi con gli strumenti che utilizzano
quotidianamente (video, schermo, monitor, videoterminale, display,
televisione, telefonini). Sono generazioni che si chiedono il
perché di
queste rivoluzioni sociali, cercano di capirle e di
utilizzarle
per penetrarne il significato profondo indirizzandole spesso verso la
tensione artistica. Le generazioni della contemporaneità,
sulla base di
queste promozioni e visioni artistiche che hanno mutato anche il
rapporto dell’uomo con la propria società,
sembrano aver compreso che
può essere utile servirsi di ogni supporto comunicativo per
giungere ad
uno scopo definito, uno scopo attraverso il quale trasmettere
il rapporto (il più delle volte conflittuale) tra la propria
vita e il
mondo delle arti10.
La sperimentazione è frutto estremo di
conoscenza ed
azione creativa. I principali elementi assorbiti dalle video culture
(ossia il continuo sperimentare tecniche nuove accostate a forme
artistiche quali danza, teatro, arte, poesia, musica) sono stati
sicuramente i dettati delle grandi avanguardie del Novecento, ancor
oggi vera prospettiva visionaria del novum e del
rinascimento
dell’immaginazione nel tempo del digitale che ridetermina
anche
l’intera storia dell’arte contemporanea11. Con il
digitale il mondo della
creatività mediologica esplode prepotentemente. Il rapporto
spazio/tempo
viene scardinato, come tante “convinzioni” vengono
fatte saltare. La
superficie cambia (e così la sostanza). Si va oltre
lo spazio
piano, oltre l’epidermide delle cose. Si entra in uno spazio
in cui
tutto può accadere e modificarsi. Modificarsi fino a
diventare “oggetto
diverso”, “straripamento”,
“trasformazione irreversibile12”.
I media, le
tecnologie dell’informazione possono diventare parte
integrante
dell’accumulo interiore di un individuo, parte stessa del
sé. Ecco che,
in ultima analisi, il video diviene il luogo in cui il corpo
umano perde peso,
si fa fantasma, diviene immateriale13
In tal modo lo scenario creativo,
nell’avanzamento tecnologico, si definisce come uno scenario altro.
Uno scenario che sa essere, al contempo, sognato e concreto, antico e
giovane, analitico ed emozionale.
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10. È in questo
ambiente che a partire dagli anni Settanta si avverte l’avvio
pionieristico della nuova arte, un’arte
tecnologica che trova in tempo ed azione
i due pilastri attorno ai quali dispiegarsi, interrogarsi e formarsi, e
qui i nomi sono quelli fondanti di Marina Abramovich, Vito Acconci,
Peter Campus, Joan Jonas, Bill Viola, Bruce Nauman, Woody e Steina
Vasulka, Robert Cahen, Zbigniew Rybczynski, Studio Azzurro e
l’inventore Jean Luc Godard. Cfr. Gene Youngblood, Cinema
elettronico e simulacro digitale.
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Un’epistemologia dello
spazio virtuale, in Rosanna Albertini - Sandra Lischi (a cura
di), Metamorfosi della visione. Saggi di pensiero elettronico,
ETS, Pisa, 1988; Fausto Colombo, Ombre sintetiche. Saggio di
teoria dell’immagine elettronica, Liguori, Napoli,
1990; Maurizio Lazzarato, Videofilosofia. La percezione del
tempo nel postfordismo, Manifestolibri, Roma, 1996; Simonetta
Fadda, Definizione zero. Origini della videoarte tra politica
e comunicazione, Costa & Nolan, Genova, 1999; Sandra
Lischi, Visioni elettroniche. L’oltre del cinema e
l’arte del video, 2001;
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Valentina Valentini, Le
storie del video, Bulzoni, Roma, 2003; Id., Le
pratiche del video, Bulzoni, Roma, 2003; Silvia Bordini, Arte
elettronica. Video, installazioni, web art, computer art,
Giunti, Firenze, 2004; Silvana Vassallo - Andreina Di Brino (a cura
di), Arte tra azione e contemplazione.
L’interattività nelle ricerche artistiche,
Edizioni ETS, Pisa, 2004; Andrea Balzola, - Anna Maria Monteverdi (a
cura di), Le arti multimediali digitali. Storia, tecniche,
linguaggi, etiche ed estetiche delle arti del nuovo millennio,
Garzanti, Milano, 2004.
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11. Cfr. Mario Costa, L’estetica
dei media. Avanguardie e tecnologie, Castelvecchi, Roma,
1999; Angelo Trimarco, Galassia. Avanguardia e
postmodernità, Editori Riuniti, Roma, 2006;
Antonio Tursi, Estetica dei nuovi media. Forme espressive e
network society, Costa & Nolan, Genova, 2007.
12. Michele Cometa, Teatro
e metropoli nella società dello spettacolo, in Il
teatro nella società dello spettacolo, cit.
pp.75-84.
13. Cfr. Angela Ferraro, -
Gabriele Montagano (a cura di), La scena immateriale
Linguaggi elettronici e mondi virtuali, Genova 2000, Costa
& Nolan.
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