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Memoria
3.0: dalla pagina web al database totale | |
di Dario De Notaris | |
“640kb
dovrebbero bastare per chiunque”. A esprimere questa
affermazione fu Bill Gates nel 1981, riferendosi all’impossibilità del sistema
MSDOS di gestire un carico di memoria superiore nonché della non necessità di
tale gestione. A distanza di 26 anni, non ci si esprime più in termini di
kilobyte ma di terabyte: si pensi che in 1 terabyte di dati possono essere
immagazzinati circa 1.400 CD-Rom o 212 DVD da 4,7 GB. Perché questa corsa ad aumentare
la memoria? Perché la profezia di Gates non si è verificata? La questione è che
negli ultimi 20 anni sono cambiate molte cose nel settore dell’informatica e in
quello sociale.
Nasce la Rete, intesa come una fitta connessione di
computer e di pagine: quindi di informazioni. Nel momento in cui si dovevano
trasmettere dati, ovvero bit, ovvero informazioni, tra tutti questi computer,
era necessario che tali computer fossero dotati di sistemi di memorizzazione
superiori ai 640kb: basti pensare che un – ormai vecchio – floppy contiene
1,44Mb ovvero poco più del doppio delle aspettative di Gates. La programmazione
di sistemi operativi e comunque software in generale, negli anni Ottanta si
muoveva sull’economia di spazio: era necessario programmare avendo un limite di
un floppy. Allora, qualcuno forse se ne ricorderà, Ms-Dos come le prime
versioni di Windows e dei sistemi Apple, venivano distribuiti su numerosi
floppy. Con lo sviluppo tecnico e la realizzazione delle memorie di massa,
anche i software sono migliorati: si è passati dall’interfaccia testuale a
quella grafica, evidentemente più esosa di risorse. Oggi i software vengono
distribuiti su CD/DVDRom, se non scaricati direttamente da internet. E parliamo
di una media di 1Gb a software, senza supporto materiale ma liquido. Si è soliti fare questo esempio: dieci anni fa per
scrivere una relazione, una ricerca, era necessario Facciamo un nuovo passo indietro, per mostrare come
l’organizzazione delle informazioni non sia stata certo un problema solo del
web. Millenni fa alcune popolazioni si resero conto che era difficile ricordare
tutto, tramandarsi tutte le leggende, le norme, i valori, le credenze, di
generazione in generazione, oralmente. Si iniziò con lo stilare delle liste,
dei semplici archivi, di merci, di persone. Si passò poi alla scrittura delle
Leggi. Poi si cominciò a scrivere i propri pensieri, così che tutti potessero
leggerli. Con l’invenzione, secoli dopo, della stampa, si risolse anche qui il
problema della diffusione: tutti potevano avere copia di un libro, fedele
all’originale nei contenuti e non più vittima di errori amanuensi, ovunque
fossero. Il cerchio si chiude e nuovamente, con il web, questa disponibilità
nello spazio e nel tempo si ripresenta in miglior modo. Ma la connessione con
l’organizzazione delle informazioni nel web è da rintracciare nel fatto che il
primo uso della scrittura fu proprio quello di archiviare degli oggetti o delle
persone: di listarli. L’archiviazione elettronica è collegata ad una parola
chiave: database. Tutto ciò che esiste al mondo può essere catalogato,
etichettato, archiviato: in una sola parola, conservato. E successivamente
recuperabile, in qualsiasi momento. Ma, come abbiamo scritto prima, la ricerca
non è poi così ottima e facile. Troppe sono le informazioni e il computer non è
una mente umana: non è in grado di vedere tutte le proprietà e i contenuti di
un’informazione, di un file, se non gli vengono fornite. Dall’uomo.
[1] Flichy P. (1994) Storia della comunicazione moderna, Baskerville, Bologna
[2] de Kerkchove, D. (2005) Everthing is Miscellaneous, ciclo di incontri seminariali “Advanced
Dis-Course on Digital Culture”, Università degli Studi di Napoli Federico II,
Capri 3-5 Giugno (riportato in Buffardi, A. (2006) Web Sociology. Il sapere nella Rete, Carocci, pag. 86)
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