Verne "critico" di Poe

 

di Lamberto Pastore

 

Nel 1852, Jules Verne pubblicava il suo primo romanzo avventuroso, Cinque settimane in pallone, palesemente ispirato al racconto L'incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall di Edgar Allan Poe. Dello scrittore americano Verne fu da sempre un grande ammiratore, tanto da tributargli un omaggio letterario scrivendo un saggio – l'unico mai scritto dallo scrittore francese – sulle sue opere letterarie.

Edgar Allan Poe, questo il titolo del saggio in italiano, venne pubblicato per la prima volta nel 1864 con il titolo Edgar Poe et ses oeuvres[1].

Proprio insieme a Poe e ad Herbert George Wells, Verne è generalmente considerato uno dei padri della fantascienza[2], ma mentre nei confronti di Wells, fu però polemico - criticando le soluzioni che lo scrittore inglese adottava nei suoi racconti, giudicate in contrasto con le più elementari leggi della fisica e della meccanica[3] – per Poe, lo scrittore francese nutriva una stima ed un’ammirazione letteraria immensa. Verne, alla stregua di un qualunque lettore, era letteralmente soggiogato dai personaggi di Poe, ed era ammirato dalla tecnica e la maestria dello scrittore americano.

Mariella Di Maio nell'introduzione al saggio di Verne, pubblicato in Italia dalla Editori Riuniti, rimarca la scarsa importanza data a questa pubblicazione, e viceversa ne sottolinea i motivi di interesse: “Eppure il saggio che presentiamo meriterebbe maggiore attenzione per due buoni motivi:1) perché è l'unico saggio di critica letteraria che Verne abbia mai scritto; 2) perché è una ulteriore testimonianza della fortunata ricezione di Poe nella cultura francese, una testimonianza non banale e tempestiva perché si colloca quasi a ridosso delle traduzioni baudelariane e molto prima che ‘il caso Poe’ abbia la sua massima risonanza fra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso”[4].

L'obiettivo del saggio di Verne è di far conoscere ai lettori francesi le opere di Poe, sottolineandone l’originalità. Del resto allo scrittore americano, la fama, negatagli in patria, giunse, inaspettatamente, oltre Oceano e postuma. Fu infatti il poeta francese Charles Baudelaire a riscoprirne l'opera e, grazie alle sue traduzioni, Poe diventerà uno dei più importanti punti di riferimento della Letteratura francese (tanto da farne il vero padre del Decadentismo), un modello da imitare tanto nell'arte come nella vita. Poeti come il già citato Baudelaire, Stéphane Mallarmé, Jean-Nicolas-Arthur Rimbaud, Paul Verlaine e narratori come Guy de Maupassant sono stati infatti grandi ammiratori e pesantemente debitori nei confronti dello sfortunato scrittore americano.

Così, nel suo saggio, Verne presenta ai lettori francesi lo scrittore americano: “Ecco a voi, cari lettori, uno scrittore americano di chiarissima fama. Conoscete il suo nome, anzi forse conoscete più il suo nome che le sue opere. Permettetemi allora di raccontarvi l'uomo e l'opera. Occupano entrambi un posto importante nella storia dell'immaginazione perché Poe ha creato un genere a parte, in cui non ha  predecessori e di cui egli solo conobbe il segreto. Lo possiamo definire il capo della scuola dello strano: egli ha fatto arretrare le frontiere dell'impossibile. Avrà certo degli imitatori che tenteranno di andare oltre, di spingere all'eccesso la sua maniera di scrivere. Ma anche se più d'uno crederà di superarlo, nessuno riuscirà nemmeno ad eguagliarlo”[5].

La conoscenza delle opere di Poe era stata possibile grazie alle traduzioni e gli scritti di Charles Baudelaire, primo fra i critici francesi e - forse europei – a cogliere l'originalità dei racconti dello scittore di Baltimora.

L'influenza di Baudelaire non solo è evidente nel saggio che Verne ha scritto su Poe, ma secondo Mariella di Maio, tale influenza si spinse anche molto oltre: “Cominciando dal titolo del ciclo verniano, Voyages Extraordinaires, probabilmente modellato su quello di Histoires Extraordinaires (ma perché no?) che Baudelaire aveva dato alla prima scelta di racconti che aveva tradotto. Verne del resto aveva letto Poe attraverso le traduzioni baudelariane, sicuramente delle Histoires Extraordinaires (1856), delle Nouvelles Historires Extraordinaires (1857) e delle Aventures D'Artur Gordon Pym (1858). Doveva aver letto inoltre la traduzione dei Contes Inedits d'Ergar Poe di William E. Hughes pubblicato nel 1862”[6].

Scrive ancora Verne nel suo saggio: “(...) Non mi occuperò di Poe giornalista, filosofo, critico, per soffermarmi unicamente sul narratore: è nella novella, infatti, nel racconto e nel romanzo che si manifesta pienamente tutta la stranezza del suo genio. Talvolta è stato paragonato a due autori: una inglese, Ann Radcliffe, e l'altro tedesco, Hoffmann. Ma Ann Radcliffe ha praticato il genere terribile che si spiega sempre con cause naturali; Hoffmann ha fatto del fantastico puro che sfugge ad ogni ragione materiale. Non è così per Poe: i suoi personaggi potrebbero al limite anche esistere perché squisitamente umani, ma hanno una sensibilità esaltata, tesa, morbosa. Sono individui eccezionali, galvanizzati per così dire, come persona alle quali si facesse respirare un'aria sovraccarica di ossigeno e la cui vita non sarebbe altro che una combustione in atto. Se non sono folli, i personaggi di Poe sono evidentemente destinati a diventarlo per aver abusato del proprio cervello, come altri abusano di liquori forti. Spingono al limite estremo lo spirito di riflessione e di deduzione; sono i più terribili analisti che io conosca e, partendo da un fatto insignificante, arrivano alla verità assoluta”[7].

 


[1] Jules Verne, Edgar Allan Poe, Editori Riuniti, Roma 1990 (1864)

[2] James Gunn, Storia illustrata della fantascienza, Armenia Editrice, Milano 1979 (1975)

[3] Cfr. Julij Kagarlickij, H. G. Wells – La vita e le opere, Mursia, Milano 1974

[4] Mariella Di Maio, Introduzione a Jules Verne, Edgar Allan Poe, op. cit.

[5] Jules Verne, Edgar Allan Poe, op. cit.

[6] Mariella Di Maio, Introduzione a Jules Verne, Edgar Allan Poe, op. cit.

[7] Jules Verne, Edgar Allan Poe, op. cit.

 

 

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