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Il corpo elettronico
La
visione fantastica di Spielberg deve molto agli anni ’60 e ’70 anche per
altri motivi. Le sperimentazioni fotografiche di Stanley Kubrick e dello
specialista Douglas Trumball in 2001 Odissea nello spazio (1968)
unitamente al maturo fotorealismo degli effetti speciali visivi e meccanici di Guerre
Stellari costituiscono i punti di riferimento principali di una rivoluzione
dell’immaginario. In questa fase pionieristica si inserisce lo stesso
Spielberg con Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo (1977) a cui Trumball
partecipa progettando gli effetti visivi. In quanto alla presenza di creature
aliene, le due pellicole del 1977 appena citate segnano anche un rivoluzionario
passo avanti rispetto alla tecnica della stop-motion. Insomma a partire da
queste pietre miliari la fantascienza cinematografica diventa un genere maturo,
con possibilità espressive sempre più avanzate. Il fatto stesso che Kubrick e
Spielberg (vale a dire due tra i più celebrati registi del ‘900) decidano di
trattare il genere, conferisce alla fantascienza una centralità inedita nella
storia del cinema e nel sistema mediatico in generale. Solo oggi, pensando alle
decine di pellicole fantascientifiche più o meno importanti che sono state
prodotte negli ultimi vent’anni, possiamo rendercene conto. Al box-office di
tutti i tempi, risultano primi Titanic (che fa largo uso di effetti
speciali) e due episodi di Guerre Stellari. Subito dopo viene E.T..
Tra l’altro, la straordinaria fioritura del cinema fantascientifico nel
decennio tra i ’70 e gli ’80 pone anche le basi per la nascente cultura
elettronico-digitale e per i videogiochi. Il vincolo videogiochi-fantascienza è
più che evidente: le trame dei primi arcade sono quasi tutte mutuate da
saghe o nuclei tematici propri del genere. In
questo contesto nel 1982 arriva dunque E.T. e tra i motivi del
sensazionale gradimento (che ha spinto alla riedizione 20 anni dopo la prima
uscita nelle sale cinematografiche) possiamo annoverare l’apporto dello
specialista dei pupazzi animati Carlo Rambaldi il quale ha dato alla creaturina
un’espressività indimenticabile. Dagli accurati studi interdisciplinari dell’artista
italiano nascono raffinati prototipi che valgono preziosi diritti di copyright
non solo sulle forme, ma anche sui meccanismi di movimento che simulano
numerosissime espressioni facciali. Dopo l’Oscar per la creatura di King
Kong (1977) e l’Oscar per la creatura di Alien (1980, basato sui
disegni di Giger), Rambaldi viene chiamato alla progettazione dell’alieno
buono che gli varrà un terzo Oscar e, soprattutto, un posto significativo tra i
più grandi realizzatori di sogni cinematografici. Il pupazzo meccanico fu
fabbricato in meno di sei mesi utilizzando lana di vetro e poliuretano. Costò
un milione e mezzo di dollari e fu fabbricato in quattro modelli: uno usato per
le camminate, uno per l'allungamento del collo, uno per il cuore luminoso (che
impiegava un certo volume di spazio) ed infine uno che compie la maggior parte
dei movimenti. Rambaldi concepì una creatura che ricorda vagamente la
familiarità e la dolcezza di un animale domestico (l’ispirazione decisiva
pare gli sia venuta osservando il suo gatto) pur rimanendo totalmente aliena. L’italiano
aveva già lavorato con Spielberg alla realizzazione dei piccoli omini grigi del
finale di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, ma rispetto a quella
morfologia aliena, E.T. presenta due importanti varianti che ne hanno fatto la
fortuna e la straordinaria ricchezza espressiva: la vivacità dei grandi occhi
dotati di pupilla e iride; e la rugosità della pelle che suggerisce un elemento
sensoriale tattile e suscita interrogativi sulla evoluzione genetica della
specie. Forse la creatura è così grinzosa, sudata e grassa perché proviene da
un pianeta pieno di umidità e di gravità? O forse è così perché molto
vecchia? In
E.T. c’è una scena ambientata durante i festeggiamenti per Halloween.
Gli autori si divertono a giocare con i travestimenti: E.T. rimane colpito da un
bambino travestito da Yoda, il piccolo maestro jedi di Guerre Stellari. I
due personaggi hanno entrambi un aspetto naif, da creaturina innocua
eppure dotata di esperienza e di una misteriosa saggezza (la rugosità della
pelle). La divertente gag è una festa per gli appassionati di fantascienza ed
è anche un tributo all’importanza del reparto effetti speciali e al prototipo
concepito da Carlo Rambaldi. Ricordiamo che il mostriciattolo strappalacrime è,
probabilmente, il primo attore meccanico protagonista di un grande best-seller
cinematografico: una vera e propria pietra miliare nella nascente storia degli
effetti speciali. Sulla significatività della corporatura di E.T. è
intervenuto il massmediologo Alberto Abruzzese: «Non basta dire che E.T. gioca
sui sentimenti e sugli effetti speciali. Non basta dire che ha riportato nel
fasto del grande cinema tecnologico e planetario le belle favole infantili sulla
bontà e sulla ecologia degli affetti... Credo che non basti neppure dire che si
tratta di un film per adulti, perché E.T. è davvero per tutti... II corpo di
E.T. parla chiaramente. Il suo è un avvento sulla terra, ma si sa anche che è
un trucco, un attrezzo, un effetto speciale, dunque che è una tecnologia che ha
preso corpo, che si è incarnata. E.T. non ha dimora e non può avere dimora sul
nostro pianeta, ma alla fine del film, tornando al suo spazio, dice di abitare
il cuore di un bambino, la passionalità della nuova generazione. Tuttavia, E.T.
non ha il corpo di un bambino, non è la nuova generazione. In esso il giovane e
il vecchio coesistono, si saldano, producono il "diverso" che esclude
proprio l'adulto ed escludendolo, nega radicalmente tutti quei saperi che si
fondano sul rapporto di sviluppo e di deperimento, sulla scansione
giovane-adulto-vecchio... La cultura dell'adulto è legata alla cultura della
macchina, alle sue leggi. E.T. esprime invece la cultura dell'elettronica...».
Anche nel pellerossa studiato da Fiedler vecchio e nuovo coesistono: «Col suo
sguardo estraneo ci ricorda il nuovo genere di spazio in cui gli sconcertati
immigrati europei lo incontrarono (una vastità non-umanizzata) e la nuova
dimensione temporale in cui egli ancora si muove (un'antichità senza storia)».
Collocando l’alieno-pellerossa sulla Terra, Spielberg allude ad un pianeta d’origine
che non vediamo direttamente ma che possiamo immaginare partendo dal misterioso
aspetto di E.T.. Si noti come la cultura elettronica e la computer grafica non
siano solo la promessa di nuove frontiere: sono soprattutto la moltiplicazione
vertiginosa delle possibilità espressive e delle scelte possibili nel
rappresentare narrativamente l’altrove, i nuovi West e i nuovi sogni. A proposito di elettronica, ricordiamo un altro piccolo grande miracolo tecnologico che ha contribuito al successo di E.T.: la sua voce (parliamo in particolare della versione originale in inglese). Fu ottenuta registrando i toni rochi della sconosciuta casalinga Pat Welsh ("scoperta" in un negozio di Marin County da Ben Burtt, geniale tecnico del suono di George Lucas) e mixandoli con effetti vocali richiesti all'attrice Debra Winger. |
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