Cronache del tempo veloce (II) di Adolfo Fattori

 

Sicuramente incolpevoli, come tutti noi abitanti del terzo millennio, parenti in questo dei personaggi di Hermann Broch: persone che si muovono come Sonnambuli, Incolpevoli, appunto, di ciò che gli avviene intorno, catturati da fenomeni su cui non hanno nessun controllo.[5]

Broch, con Musil, Werfel, Kafka, Walser, scrive della crisi che l’Europa attraverso fra ‘800 e ‘900 sotto i colpi del mutamento economico e sociale, e ne scrive da un punto di vista privilegiato, quello della Finis Austriae, il crollo dell’Impero Austro-Ungarico, frantumato dalle sue stesse dimensioni, dalla I Guerra mondiale, dal passaggio alla Modernità matura.

Anche allora l’impatto dei cambiamenti si abbatté sulla organizzazione della vita quotidiana, delle aspettative, dei modelli e dei valori – di conseguenza, sulla struttura delle identità - provocando anomia e disorientamento.

Guardare a quel periodo può permetterci di trarre indicazioni per l’oggi.

La transizione dal XIX al XX secolo non fu affatto indolore, anzi. Al fianco dello sviluppo della conoscenza e dell’arte – dalla relatività, alla psicanalisi, alla fenomenologia, e dalle avanguardie storiche al cinema, alla radio – ci fu la tragedia della I guerra mondiale, poi dei totalitarismi, dei campi di sterminio, di un’altra guerra ancora più apocalittica. Anche allora, le differenze fra i gruppi sociali e le nazioni erano profonde e radicali.

E anche allora, insieme al modificarsi del percepire la propria collocazione nel tempo e nello spazio, ci furono incertezza e disorientamento che incisero sulla percezione del Sé e della propria identità – interiore e sociale. Ma, forse, escludendo le varie arti, c’erano meno strumenti e meno consapevolezza per rendersene conto.

         Oggi probabilmente siamo più attrezzati – e meno ingenui. E allora proviamo ancora una volta a descrivere la situazione, semplificando molto e schematizzando.

- Si è compiuto il passaggio dalla Modernità al Postmoderno

- … a causa dei progressi nella ricerca scientifica e tecnologica…

- che hanno investito principalmente le tecnologie della comunicazione.

- L’organizzazione della produzione  e del lavoro si è trasformata: la vecchia industria non esiste più…

- perché la produzione strategica della nostra epoca riguarda l’informazione.

- Questi mutamenti, legati all’aumento della mobilità sociale e geografica, al crescere del divario fra paesi ricchi e paesi poveri, ad altri fenomeni correlati, hanno trasformato gli spazi urbani e sociali, la nostra mobilità sul territorio, lo stesso modo di esperire e rappresentarci il nostro essere-nel-mondo, con particolare riguardo alle giovani generazioni.

- Il risultato è che abbiamo vissuto – viviamo – un periodo di disorientamento e incertezza.

- Le stesse trasformazioni hanno finito per acuire il divario fra ceti affluenti e ceti deprivati e marginali, con due conseguenze:

- Sempre più ricche possibilità di accesso ai consumi culturali per alcuni…

- … sempre maggior disagio materiale, quindi esistenziale, per altri.

Insomma, per le giovani generazioni, se per gli appartenenti ai ceti e alle classi garantite questi sono tempi di accelerazione delle opportunità, per gli altri sono tempi di inasprimento della marginalità e dell’esclusione.

Alla fine, il senso di estraneità che proviamo a volte nei confronti dei nostri adolescenti è presente a chiunque di loro pensiamo: ai giovani a rischio di esclusione e marginalità sociale, per il loro scivolare nell’illegalità e nella violenza, a volte gratuite; ai “nostri” adolescenti, perché ci sembrano incomprensibili nelle loro scelte, nel loro linguaggio, nel loro gestire le relazioni sociali.

La percezione che abbiamo è che si stia vivendo una frattura profonda fra un “prima” e un “dopo”, qualcosa che non riusciamo a individuare, ma che collochiamo attorno al passaggio del millennio.
È
anche per questo che, probabilmente, alla ricerca del “punto di catastrofe”, molti indichino l’attentato dell’11 settembre 2001.[6]

Senza voler ridurre assolutamente l’importanza di quell’evento – uno dei primi fra l’altro a essere stato vissuto quasi in diretta da tutto il mondo grazie alla trasmissione delle riprese di un videoamatore, con tutto il peso emotivo di cui sono portatrici le immagini – penso che, comunque, sentiamo lo scarto fra il ‘900 e il 2000 anche perché forse i processi iniziati nella seconda metà dello scorso secolo sono arrivati a un punto di svolta: i new media – Internet, il cellulare – sono ormai maturi, e tendono a sostituire completamente tutti gli altri. Trasmettono e permettono di acquisire e riprodurre musica, immagini, testi. Flessibili e veloci come sono, spingono alla velocità e alla sintesi espressiva, all’uso delle icone piuttosto che delle parole. Permettono e inducono quindi nuove modalità espressive e comunicative, rendendo quotidiani anni di sperimentazione scientifica, ma anche estetica,[7] e introducendo nuove modalità di produzione e consumo degli oggetti estetici e culturali.



[5] H. Broch, I sonnambuli, Einaudi, Torino, ; Gli incolpevoli, Einaudi, Torino, 1981.

[6] Cfr. M. Belpoliti, cit.

[7] Cfr. A. Balzola A. M. Monteverdi (a cura di), Le arti multimediali digitali, Garzanti, Milano, 2004.

 

 

    [1] (2) [3]