ASCOLTI / THE COMPLETE EPIC RECORDINGS COLLECTION


di Stevie Ray Vaughan & Double Trouble / Sony/Legacy, 2014


 

La gioia di vivere il blues


di Ciro D'Agostino

 

image

L’Alpine Valley Music Theater del Wisconsin era, e probabilmente lo è ancora oggi, considerato il palcoscenico più importante e prestigioso della musica mondiale. Dalla fine degli anni Settanta a oggi, si sono esibiti i maggiori artisti del panorama musicale di ogni genere. Così come avvenne nell’agosto del 1990, quando sul quel palco tanto ambito, a colpi di chitarra, infiammarono la folla di presenti mostri sacri del rock, del blues rock e dell’electric blues, come Eric Clapton, Buddy Guy, Robert Cray e Stevie Ray Vaughan. Un concerto rimasto nella storia, non a caso è tra i live più ricercati della storia della musica rock. Non solo per il calibro degli artisti e per la bellezza della musica, ma anche perché quella stessa notte per uno di quegli artisti fu l’ultima apparizione dal vivo prima della prematura morte. Infatti, Stevie Ray Vaughan perderà la vita a seguito dello schianto dell’elicottero che avrebbe dovuto riaccompagnare l’artista. Se ne andava così uno degli artisti più influenti del genere blues rock mondiale. A 25 anni dalla morte di Vaughan, la Sony Music Entertainment, attraverso la divisione Legacy Recordings, presenta The Complete Epic Recordings Collection di Stevie Ray Vaughan e Double Trouble. La raccolta contiene dodici cd: i quattro dischi ufficiali registrati in studio, sei live, tra cui il concerto inedito A Legend In The Making - Live at the El Mocambo. Completano il tutto due dischi di registrazioni rare, difficilmente reperibili in altro modo.

“Stevie Ray Vaughan è il miglior chitarrista che abbia mai sentito suonare”. Così Eric Clapton definiva, prima della sua scomparsa, il musicista più influente della chitarra blues americana. Sin dagli esordi nei locali del Texas, lo stile e i brani composti da Vaughan, con una connotazione prettamente blues, sono sporcati da suoni molto grezzi. Questo per due ragioni principali fondamentali, che nel corso della sua carriera sono diventati una sorta di marchio di fabbrica riconoscibile. Vaughan inizia a studiare chitarra da giovanissimo ed è completamente autodidatta. A differenza di altri chitarristi, non ha nessuna conoscenza di teoria musicale. Il suono e l’impugnatura della sua chitarra, l’intensità della sua voce, la composizione dei brani non fanno parte di uno studio conservatoriale o di una scuola musicale, ma tutto è creato a orecchio. Di certo da un punto di vista strettamente qualitativo la sua tecnica non è impeccabile ma riesce a creare uno stile inimitabile. Spesso il chitarrista nativo di Dallas viene accostato a Jimi Hendrix, e per stessa ammissione dell’artista, l’uomo di Seattle che rivoluzionò l’uso della chitarra elettrica è stato per lui fonte di massima ispirazione. Vaughan ha il merito di aver fuso il blues già moderno di maestri del calibro di Albert King e Muddy Waters con un rock veloce, imprevedibile, straripante d’improvvisazione come era quello inventato da Hendrix. Proprio con King registrerà, nel 1983, negli studi della televisione di Hamilton (Canada) CHCH-TV, un memorabile concerto, pubblicato postumo dalla Stax nel 1999 e non incluso, ovviamente, nel box della Sony. Inoltre, il suo merito maggiore, proprio grazie alla miscela di due generi che all’epoca sembravano ancora distanti, è quello di aver riportato il blues all’apice in un periodo dove il genere afroamericano rischiava d’essere nuovamente soppiantato dal rock e dai suoi nascenti sottogeneri. Vaughan colpisce per la capacità che possiede di arrivare all’ascoltatore, di toccare le loro emozioni e sentimenti con la stessa facilità con la quale tocca le sei corde della sua Fender. Colpire al cuore, come ogni bluesman che si rispetti sa fare.

Agli inizi degli anni Settanta, la vita e la carriera musicale del giovane Stevie è fatta di esibizioni in piccoli locali texani e di passaggi da una band all’altra. Sono almeno tre le band che cambia (Cast of Thousand, Nightcrawlers, Cobras), prima di fondare nel 1977 i Triple Threar Revue. Il nuovo gruppo è il trampolino di lancio per sfondare nel mondo della musica e farsi conoscere nei maggiori stati americani e nel mondo. Infatti, di li a poco, il gruppo inizia ad avere un enorme successo nella città di Austin. Così la decisione fu quella di cambiare nome in Double Trouble, con leader indiscusso Vaughan, e di portare ovunque la musica del gruppo. La nuova formazione d’artisti ha come repertorio principale standard blues e brani di rock and roll, ma il talento di Vaughan, consente al gruppo di sperimentare e ottenere ottime contaminazioni, dando luogo a un personale blues rock.

Quel gruppo di amici, uniti dalla passione per la musica, inizia a girare per tutto il paese. Nonostante le registrazioni fossero ancora amatoriali e i suoni ancora imperfetti, poco puliti, il successo non stenta ad arrivare. È il 1980 quando le radio trasmettono i brani dei Double e Vaughan. Nello stesso anno, cambia la composizione del gruppo, Lou Ann Barton e Jackie Newhouse lasciano il gruppo mentre il bassista Tommy Shannon entra a far parte del gruppo definitivo. Come spiegato in precedenza, i suoni di Vaughan non sono puliti e armoniosi, anzi sono grezzi e spesso molto marcati. È il sound che si ascolta nel primo disco della raccolta Sony, In the Beginning, registrazioni radiofoniche per la KLBJ-FM.

Sebbene suono e tecnica non siano considerati ordinati ed intonati, i riff sprigionati dalla chitarra di Vaughan riescono a incuriosire molti artisti affermati che vedono in quel suono uno stile particolare, più che nuovo. Mick Jagger, intuendo la genialità di Stevie, funge da intermediario con alcuni discografici per invogliarli a seguire quel chitarrista che suona con corde di gran lunga più spesse della media. Tra questi discografici, figura Jerry Wexler. Quest’ultimo convinto di conquistarne il pubblico con un genere diverso da quello che era abituato ad ascoltare, lo porta al Montreux Jazz Festival. Il pubblico disapproverà quella scelta, ma paradossalmente la serata fu per Vaughan la svolta della sua carriera, poiché tra il pubblico sedevano molte celebrità e artisti internazionali, ai quali non sfuggì la sua performance, la personalità e le potenzialità insite nella musica dell’artista texano. Anni dopo, nel 2001, la Sony pubblicherà la registrazione di quel concerto, Live at Montreux 1982, che ora è parte integrante del box.

Un anno dopo quella serata, nel 1983, Vaughan e il suo gruppo incidono l’album Texas Flood. L’album è un successo inaspettato. La critica è tutta con i Double e il pubblico sembra aver dimenticato i fischi di Montreux. D’un tratto Vaughan passa dai concerti nei locali del Texas alle centinaia di concerti in tutti gli Stati Uniti. L’anno successivo, la band pubblica Couldn’t Stand the Weather, uno dei più amati, tra fan e collezionisti. Innanzitutto, perché rappresenta la consacrazione di Vaughan e dei Double come star di fama internazionale, visto che di lì a poco il gruppo girerà l’intera Europa, oltre all’America. C’è poi un secondo motivo che ha reso l’album così importante: la presenza del brano Voodoo Child di Hendrix. La cover è molto fedele all’originale. Vaughan non cerca di stravolgere il brano, ma cerca di sottolinearne la bellezza. Ne conserva per intero la carica dinamitarda del rock, ma quasi ripulendo il brano con una sana immersione nel blues a una profondità maggiore di quanto facesse lo stesso Hendrix, rendendola un po’ meno veloce e donandole un’insostenibile leggerezza. Da quel momento in poi la carriera di Stevie e dei Double è un susseguirsi di successi, di tour mondiali, suonando nei maggiori paesi europei, e di concerti con i big della musica. La svolta definitiva arriva a metà degli anni Ottanta, con l’uscita dell’album Soul to Soul del 1985. La band ha ormai lasciato la via principale del blues e le sonorità più grezze, per imboccare definitivamente la strada del rock. Da lì in poi, le apparizioni ai grandi festival musicali, come quello di Montreux o l’Umbria Jazz Festival, non lo accolgono più come l’artista sconosciuto dalle sonorità poco orecchiabili, bensì come la star del momento, l’artista più atteso, che in quegli anni vince il Grammy Award.

Un po’ come tutti i grandi chitarristi del suo calibro, così come avvenuto per lo stesso Hendrix, Bon Scott degli AC/DC o Axl Rose storico front man dei Guns N’ Roses, la vita di Vaughan è fatta di eccessi, di abuso di droga e di alcol. Con il sopraggiungere degli anni Novanta proprio questi eccessi portano Stevie a stare lontano dal palcoscenico, il suo fisico ormai non riesce più a reggere il peso di tanta sregolatezza. Questo non gli impedirà, però, di iniziare un tour mondiale durato più di un anno. A conclusione del tour, sono tantissime le collaborazioni di Vaughan con altri artisti. Tra tutte spicca quella con Bob Dylan nell’album Under the Red Sky, che sottolinea ancor di più il cambio di genere del chitarrista texano ma sottolinea soprattutto la sua grande versatilità musicale.

Quella sarà una delle ultime collaborazioni importanti per Vaughan prima della sua prematura scomparsa il 27 agosto del 1990. Se ne andava così uno dei chitarristi più importanti, ma anche emblematici del blues contemporaneo. Come emblematico era il suo modo di suonare e di “attrezzare” la chitarra, con corde di gran lunga più spesse del normale per rendere il suono ancor più pesante. Probabilmente, rimane uno degli ultimi artisti ad aver trasmesso la vera gioia di suonare e vivere il blues.