LETTURE / LA MAMMANA
di Antonella Ossorio / Einaudi, Torino, 2014 / € 18,50, pp. 277
Un parto a metà tra XIX e XXI secolo
di Sergio Brancato
Una storia può cominciare in molti modi, e anzi il problema che ogni scrittore si trova davanti è – in genere – quello di introdurre il lettore (dunque, in ultima analisi, se stesso) nello spazio bianco della pagina: uno spazio simbolico sospeso sull’horror vacui che sempre circonda il senso del narrare. Antonella Ossorio, scrittrice proveniente dalla letteratura per i più giovani, risolve questo problema in maniera radicale: infatti, il suo romanzo La mammana comincia con la fine del mondo. O meglio, con la fine di “un” mondo, quello dell’ancien régime che aveva tentato di riedificare l’ordine europeo prerivoluzionario della politica e della cultura, di negare e rimuovere il vento tumultuoso degli sconvolgimenti che avevano trasformato la società occidentale attraverso la rifondazione delle sue soggettività storiche. Ma, ovviamente, in quegli anni tutte le rivoluzioni – quella americana, quella francese, soprattutto quella industriale – avevano già avuto luogo e prodotto i loro irreversibili effetti. Non a caso, le vicende de La mammana hanno inizio nell’Italia meridionale del 1843, dunque nel pieno di quei grandi sommovimenti che resteranno impressi nel linguaggio oltre che nella storiografia e porteranno ai moti del 1848, un’epoca che costituisce il punto di svolta nei processi di modernizzazione.
La fine del mondo non può che essere annunciata da un conato millenaristico, dall’annuncio della catastrofe o del lieto avvento, dai segni del malaugurio o – comunque – da quelli di un tempo nuovo che recherà con sé il prezzo inevitabile del cambiamento. Il libro della Ossorio non si sottrae a questa antica quanto motivata tradizione ereditata da tutte le grandi narrazioni religiose. Così esso si apre paradigmaticamente con l’annuncio di una cometa, la Grande Cometa che nel 1843 si rese davvero visibile ad occhio nudo nei nostri cieli. L’incipit del romanzo agisce consapevolmente su questo elemento narrativo:
La notte del primo marzo 1843, la terza da quando nel cielo era comparsa una stella con la coda così sfolgorante da umiliare ogni altro corpo celeste, sarebbe stata un’altra notte senza pace.
I cani che abbaiano a quella luna imprevista, il sangue che si agita impetuoso nelle province più remote e fuori controllo del corpo, la confusione del mondo animale così come della psiche degli uomini: in questo clima apocalittico e oscuro, che rimette in discussione ogni equilibrio dell’esistenza, la grande cometa costituisce l’innesco perfetto per la storia che Antonella Ossorio ci racconta attraverso l’esercizio di una lingua insieme desueta e moderna, orecchiante i suoni di un italiano perduto, ancora intriso di localismi, e la chiarezza geometrica di uno stile che fluisce leggero quanto rigoroso. Anche attraverso l’uso sofisticato del lessico, la Ossorio ricostruisce con naturalezza i toni di un Ottocento laterale, un secolo che non ritroviamo nella letteratura italiana del tempo. Un Ottocento interdetto, dunque, che può essere raccontato solo da un contemporaneo (anzi, forse solo da una contemporanea, poiché la sensibilità di genere della scrittrice erompe palese da queste pagine). Un romanzo di oggi, attuale, che con ogni evidenza parla di noi e dei nostri conflitti identitari, eppure al contempo in grado di soddisfare il malinconico desiderio di Ottocento che a volte prende chi, amando leggere, vuole ritrovare la sensualità germinale del romanzo borghese. Non a caso, sfogliando La mammana si è a tratti colpiti dagli incastri della trama, dai suoi spostamenti temporali e dallo spessore romanzesco dei suoi personaggi, ad esempio da una figura come zi’ Lena che rimanda suggestivamente a Betsy Trotwood, la vecchia zia che accoglie il giovane fuggiasco David Copperfield all’inizio del capolavoro che Charles Dickens scrisse proprio negli anni in cui la Ossorio ambienta le avventure della sua straordinaria fuggiasca.
Perché La mammana è la storia di una fuga – comunque impossibile – e di una ricerca, esattamente come accade nel canovaccio di David Copperfield e di tantissimi altri testi che hanno costruito l’età del romanzo attraverso l’individuazione di nuove identità sociali legate, per lo più, all’ascesa della borghesia e all’emergere delle masse metropolitane. Giusto per evitare imbarazzi, va chiarito che qui non si propone un improbabile paragone tra singoli romanzi di epoche diverse, bensì tra diverse epoche del narrare. Come è nella tradizione del genere storico, il libro della Ossorio allestisce una scena che scava archeologicamente nella storiografia e nella cultura letteraria del passato, ma lo fa perché agisce “riflessivamente” sulla sostanza del racconto. I suoi personaggi riecheggiano lo spirito di un tempo trascorso e per molti versi “consumato”, ma se si va ad osservarli da vicino ci rendiamo conto di quanto l’occhio della scrittrice abbia saputo cogliere in essi ciò che nell’Ottocento non poteva che essere relegato nell’invisibilità di quello che non può essere detto riguardo al corpo, alla sessualità, all’identità.
Una storia, dunque, sospesa tra mondi, epoche, culture della transizione: La mammana è un romanzo “moderno” poiché elabora esattamente una narrazione della genesi delle identità moderne. L’Ottocento che mette in scena è quello originario della cultura romantica, basti leggere questa breve descrizione di Marzanello, un villaggio abbandonato, una Macondo dopo la tempesta, luogo in cui facciamo conoscenza con la protagonista del libro:
Un ammasso di rovine in cima a una montagnola, circondato da resti di torri a testimonianza dell’antica gloria: il poco che rimaneva di un borgo abbandonato da oltre un secolo che andava disfacendosi a ogni soffio di vento.
Manca solo il palesarsi di un fantasma che segnali l’inquietudine e il disagio della civiltà industriale. La “rovina romantica” contiene anche in questo caso la diversità di un nuovo soggetto, ovvero di un individuo che comincia a sottrarsi alle imposizioni dell’identità di genere. Come Lucina, la protagonista del libro, che appunto del tema dell’identità di genere è una delle sintesi più riuscite della nostra letteratura, o come Stella, la figlia che Lucina ha adottato proditoriamente, una bellissima bambina rifiutata dai genitori naturali perché marchiata dalla maledizione dell’albinismo. Anche qui, a partire dai nomi dei personaggi, il tema delle stelle attraversa l’intero romanzo fino alla sua chiusura, metafora del destino inteso come scrittura del significato dell’esistere – il destino scritto nelle stelle è una delle più antiche immaginazioni astratte della specie legate alla produzione di senso del Mito.
E Lucina è una creatura mitologica in senso lato, poiché dotata di una natura gianica, sospesa tra mondi inconciliabili. La sua identità viene tirata da ogni lato, il suo corpo diventa il campo di un conflitto senza apparenti possibilità di soluzione. Le trame convenzionali del dispositivo-romanzo ottocentesco vengono qui forzate all’estremo, poiché il conseguimento dell’amore – la sua praticabilità sociale – esorbitano dal piano dei processi storici che le avevano contenute nel corso del secolo XIX fino allo scandalo di Madame Bovary, e debordano impetuose nella mitologia, nel sentimento del mondo inteso come incessante metamorfosi che si sottrae alla volontà di dominio dell’uomo.
La dialettica tra Storia e Mito è il cuore tematico de La mammana, termine che – per svelare il mistero del titolo a chi non possieda la conoscenza linguistica del napoletano o il ricordo del personaggio di Fortunata ne L’isola di Arturo di Elsa Morante – indica la levatrice, ovvero la donna che dispone delle tecniche atte a far nascere i bambini, ma anche a liberare da una gravidanza inopportuna. I personaggi si muovono sul fondale di quell’Italia del sud alle prese con il tormentoso incedere della modernità, con i processi che stanno ridisegnando il mondo. Una delle scene più belle del libro, ambientata a Napoli, ricostruisce proprio i moti cittadini del 1848, l’esplosione di violenza e terrore in cui Lucina e Stella si ritrovano coinvolte. Napoli, a differenza di Marzanello, è lo scenario della modernità urbana, il laboratorio da cui si genera l’idea della metropoli industriale, delle sue folle anonime e anomiche, il luogo in cui – sebbene ne sia spaventata e confusa – la stessa Lucina può permettersi di vivere la propria peculiare condizione, nonché il suo essere madre di una figlia dotata anch’essa di un’identità liminale, destinata all’eccezione tipica dei freak. Donne mostruose e streghe (Stella è infatti discendente di una donna ricordata come la “fattucchiera bianca”) sono le figure mitiche poste dall’autrice al centro di uno snodo della storia contemporanea, cartine al tornasole di un mutamento profondo che investe le strutture sociali della modernità. La sensibilità di queste donne oscilla tra il tempo ciclico del mondo premoderno – quello stagionale, dei cicli, dell’idea che nulla muti nella sostanza dell’eterno ricorrere degli eventi – e l’emergere di un nuovo tempo, lineare e dinamico, proteso verso l’incessante mutazione del progresso. Un tempo che si identifica nell’orologio da tasca che accompagna Lucina, ulteriore segnale di un individuo che costruisce nuove condizioni di sé confrontandosi aspramente con il peso del passato, ad esempio aderendo al tempo razionale del pensiero scientifico sebbene si sia portatori di una condizione esistenziale molto più complessa.
LETTURE
— Alberto Abruzzese, Il crepuscolo dei barbari, Bevivino, Milano, 2011.
— Sergio Brancato, Post-serialità, Liguori, Napoli, 2011.
— Sergio Brancato, Fantasmi della modernità, Ipermedium, S. Maria C. Vetere, 2014.
— Antonio Camorrino, La natura è inattuale, Ipermedium, S. Maria C. Vetere, in pubblicazione.
— Sigmund Freud, Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, 1991, Bollati Boringhieri, Torino.
— André Gorz, L’immateriale, Bollati Boringhieri, Torino, 2003.
— Teresa Macrì, Il corpo postorganico, Costa & Nolan, Genova, 2006.
— Tommaso Pincio, Gli alieni, Fazi, Milano, 2006.
— Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica, Garzanti, Milano, 2000.
VISIONI
— J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber, Lost, Walt Disney Studios Home Entertainment, 2006 (home video).
— Brannon Braga, David S. Goyer, FlashForward, Walt Disney Studios Home Entertainment, 2010 (home video).
— Chris Carter, X-Files, 20th Century Fox Home Entertainment, 2006 (home video).
— Mark Frost, David Lynch, I segreti di Twin Peaks, Universal Pictures, 2011 (home video).
— Henry Potter , Hellzapoppin’, Usa, 1941.
— Pietro Sartoris, Dario Guzzon, Giovanni Sinchetto, Capitan Miki, Il Sole24ore, Milano, 2013.
— Rod Serling, Ai confini della realtà - Stagione 1, Dnc Communications, 2005 (home video).
— Lana e Andy Wachowski, Matrix, Usa, Warner Home Video, 2013 (home video).
— Peter Weir, The Truman Show, Usa, Universal Pictures, 2011 (home video).