Language is a virus, sentenziò anni e anni fa William Burroughs. Potrebbe essere, di sicuro capita che qualche parola prenda d’improvviso a diffondersi con una rapidità sorprendente, dopo essersene stata in letargo per un tempo enorme, oppure essere stata usata giusto per lungo tempo solo all’occorrenza, o ancora lasciata libera di agire unicamente all’interno di circoli, élite, gruppi ristretti di professionisti, di corporazioni, di addetti ai lavori, sia tecnici sia intellettuali. Paroline che si animano e si ritrovano in contesti distanti anni luce dalla loro terra d’origine, dal substrato culturale che le ha pazientemente e amorevolmente cresciute. Paroline che diventano buone per tutte le occasioni come certi capi d’abbigliamento che da indumenti di lavoro attraversano le classi sociali, i gusti e le abitudini. Paroline che si riposizionano all’interno di altre strutture di significato, o che del significato ne fanno proprio a meno, perché si trasformano in un termine ombrello alla stessa stregua di certe grandi marche che tornano buone per designare un profumo o una cravatta anche se sono nate per fare borse da viaggio. Una di queste paroline epidemiche, baciata da un po’ di anni a questa parte dalla fortuna è: etica. Sarà per la complicità involontaria delle disavventure dell’ambiente, delle miserie dell’umanità, della sepoltura dei sogni di riscatto individuali e collettivi, insomma, delle disgrazie del pianeta, ma la parolina “etica” ha iniziato a occupare contesti eterogenei, a fare da protagonista in ogni discorso, dispiegando tutte le sue declinazioni possibili. Niente di male, per carità. Si possono condividere finanche certe forzature di senso, che tanto il poco etico reale può farci giustificare quasi tutto. Quasi. Per spiegarci fino in fondo, lasciamo per un attimo l’etica in un cantuccio e parliamo di pornografia online. Tempo fa ci è capitato di osservare un’esemplare applicazione di interattività in tempo reale tra utenti della rete e attori della medesima ( www.quadernidaltritempi.eu/numero26). Si rifletteva allora sul singolare set allestito in un castello di San Francisco dove performance sado/maso vengono modificate, diciamo in corso d’opera, dagli abbonati collegati al sito. Venti frustate vi sembran poche? Basta chiedere ed ecco che la dose raddoppia.
Più in generale, le modalità di fruizione e di diffusione della pornografia aiutano nella comprensione dell’atteggiamento principe nella contemporaneità: la vocazione al voyerismo, che addirittura sembra possederci. Riprendiamo allora la parolina etica, che avevamo depositato – giusto per un attimo – nel classico cantuccio (chissà quando toccherà anche al termine “cantuccio” di subire la medesima sorte di essere usato a sproposito) e provare a infilarlo in un contesto pornografico. Può sembrare un uso alla c., per dirlo volgarmente, ma eppur accade. La pensata che ha già fatto discutere parecchio in rete (tutta manna dal cielo per i promotori dell’iniziativa) è venuta a due baldi giovanotti italiani e si chiama: Come4-Porn With Heart (sic!). In che cosa consiste? I due sono partiti da una considerazione lapalissiana: il porno è una delle macchine più potenti per fare soldi, genera un fatturato annuo di circa 100 miliardi di dollari. Allora perché non farne un uso a fin di bene, creando un sito porno finalizzato a sovvenzionare cause etiche? Nasce così l’idea di Come4-Porn Wiht Heart, un sito dove è possibile caricare, condividere e vedere tutti i contenuti gratuitamente. Ognuno di questi sarà collegato ad una delle cause benefiche disponibili quando si caricano i filmati. A generare denaro ci pensa la pubblicità (video e banner di “professionisti del settore”), gli abbonamenti e eventuali donazioni (sic!!). Chissà se le cause sono anche coerentemente legate al genere o sottogenere porno di turno, magari una causa contro la discriminazione della donna nel terzo mondo legata a filmati di adorazione del piede femminile e/o di sottomissione a mistress severissime. È garantita la massima trasparenza dei flussi di cassa (e figuriamoci: non avere veli è un imperativo), interfaccia facile, tutela della privacy (bello sforzo, c’è una legge), rimozione dei contenuti contrari allo spirito del sito (e qui la questione si fa di lana caprina) e tante belle cause da sostenere a iniziare dal classico dei classici: aiutare i disabili, salvare le specie animali in via di estinzione, per proseguire con la lotta alla fame nel mondo e altre nobili crociate. Insomma: non lo fo per piacer mio ma per piacere a qualche povero cristo bisognoso. Per lanciarlo i due hanno allestito anche una campagna di finanziamento tramite una piattaforma ad hoc. Queste considerazioni magari potranno sembrare un po’ moralistiche e dunque non pertinenti (la morale è il fantasma dell’etica, diceva Friedrich Nietzsche), ma è pur vero che qui siamo molto più vicini alla charity che a progetti che vedono coinvolti stakeholder tutti aventi diritto a un razionale scambio sostenibile in termini economici. Siamo di fronte a beneficienza, carità, senso morale e buoni sentimenti appunto e allora, almeno in questo caso, dobbiamo chiederci: il fine giustifica i mezzi? E poi chi ci garantisce che mentre siamo assorti nella visione ravvicinata di organi sessuali nel pieno esercizio delle loro facoltà, in compagnia magari di sex toy, tra corpi sudati, sfregamenti, schizzi, non ci spunti il faccino di un panda implorante aiuto, rovinandoci la festa?