Gattopardi, telecamere ed inquisitori |
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Coazione a ripetere e desiderio di novità, dentro questi confini nascono e muoiono gli universi seriali, concepiti e poi messi a morte dai loro creatori, uno scrittore o una società di produzione di mini serie Tv. Il circuito, in realtà, è molto più ampio, include un attore fondamentale, il fruitore dell'opera seriale, lettori, spettatori e consumatori educati alla serialità in ogni momento, come nella parabola di Truman. Un esempio. Quando acquistiamo una telecamera digitale in un punto di vendita specializzato in elettronica di consumo, non ci limitiamo a fare dello shopping, a scambiare merce con merce; con quel semplice atto d'acquisto incorporiamo una serie di manufatti seriali relativi ai modi di produzione e circolazione degli oggetti, alle forme di fruzione che reiterano, alle interpretazioni del reale che dettano e alle figure dell'immaginario che rianimano. Facciamo nostro un prodotto sviluppato secondo logiche seriali, ma che ci viene proposto come personalizzabile in virtù di una serie di accessori, e che ci viene venduto secondo logiche seriale, ma che ci viene offerto con una personalizzazione del servizio. Acquistiamo un prodotto che ci consente di relazionarci con l'esterno interpretandolo a partire da modalità apprese dall'impiego del medesimo mezzo (la telecamera) su scala industriale (la televisione) e che appare dotato di poteri magici, unici (quanti possiedono il know-how per costruire una telecamera digitale?), rendendoci simili a personaggi che abbiamo conosciuto solo nelle fiabe o, in età più moderna, nelle storie di fantascienza. Storie, a loro volta, agite da una logica seriale, ovvero dalla capacità di riprodurre strutture fisse e varianti incisive all'interno di un qualsivoglia processo in biologia, come in una soap opera. Allora, che cosa c'è di male, di innaturale nella logica seriale? Nulla, se la vediamo come meccanismo equilibratore, poiché, come scrive Gregory Bateson: "La conservazione senza innovazione conduce alla morte, l'innovazione senza la conservazione conduce alla follia". I guasti iniziano quando questi meccanismi non agiscono più in natura, ma risultano prodotti sociali, diventano, appunto, manufatti seriali. Torna in mente la lucida analisi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: quel suo indicare come cambiare tutto affinché nulla cambi. Delle produzioni seriali ne abbiamo esaminata qualcuna, avendo solo l'imbarazzo della scelta, ma anche sondato opere che della serialità fanno uso per offrire sane suggestioni, come l'opera di Valerio Evangelisti, che con garbo e disponibilità ci racconta del suo inner space nell'intervista contenuta in questo numero. Dunque la sf come paradossale antidoto alla serialità? In alcuni casi. Già appare a noi stessi come fantascientifica la finalmente folta partecipazione – voluta e benvenuta – dell’altra metà del cielo a questo numero di Quaderni: speriamo che si stabilizzi, e rafforzi il senso della differenza fra petizioni di principio e pratiche concrete. A proposito di fantascienza, torniamo a chiarire la questione fondamentale: siamo una rivista dedicata alla fantascienza? No, ma intratteniamo una relazione privilegiata con il genere, con modalità precise che racconteremo nel prossimo numero.
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