Detto, fatto. Nello scorso numero avevamo anticipato la
nascita di una nuova rubrica della rivista ed eccola. Si parte con
estratti da Martin Esslin e Ursula K. Le Guin, due testi che
introducono al teatro dell’assurdo e riflettono sul genere
fantasy. Sono sfogliabili (nel formato flip), oppure scaricabili (nel
formato pdf). Non è la sola novità. Si
è operato un delicato restyling e la copertina, avrete
sentito, ha un commento sonoro, come quasi sempre capita, ma,
diversamente dal passato, quella che abbiamo inserito in questa
occasione è stata concepita appositamente per noi. Si tratta
di una rilettura del celeberrimo James Bond Theme
che dobbiamo a Francesco Zago, ottimo e apprezzato musicista. Lo
conosciamo sia per i suoi lavori con l’ensemble Yugen e il
collaterale progetto Kurai sia per i contributi scritti per la nostra
rivista. Lo ringraziamo di cuore per la musica che ci ha donato e per
l’occasione che ci offre per riflettere proprio sul senso del
donare, una forma di relazione che ci sembra esprimere fino in fondo
l’anima di Quaderni d’Altri Tempi
perché, attenzione, dalle nostre parti vige questa forma di
scambio e non il semplice gesto di regalare un articolo: dare,
ricevere, ricambiare. Ne consegue una naturale predisposizione alla
relazione affettiva, al legame che dura nel tempo. “Forma di
scambio fondata sulla reciprocità personalizzata e
differita” la definì Alfredo Salsano.
Personalizzata perché si riceve sia un sentimento sia un
oggetto e questa essenza umana ne rende l’utilizzo esente da
consumo, si preserva, dura nel tempo, appunto.
Quella che si
costruisce dietro le quinte è una rete di relazioni,
instabile, elastica, imperfetta, capace di sviluppare di continuo nuovi
e insperati intrecci, di consolidare i precedenti, di sciogliere legami
laddove termina quella reciprocità insita nel concetto
stesso di dono. Questa forma particolare di scambio è
probabilmente la corrente utopica che scorre sin dal sorgere della
rete, seppur subito stretta d’assedio, dagli esordi, da un
lato da un’intollerabile enfasi ideologica e
dall’altro da incommensurabili interessi economici. La logica
del dono non è certo in rete una nostra prerogativa
esclusiva, non ci interessa neppure rivendicarla in questo senso, non
siamo in concorrenza con nessuno e sarebbe d’altronde un
controsenso, perché le dinamiche concorrenziali sono proprio
ciò da cui il dono tende ad allontanarsi, a farsi altro
cercando di cautelarsi qualora ci si avvicinasse o addirittura si
entrasse in rotta di collisione.
Tutte le persone che in questi anni hanno contribuito
all’uscita di Quaderni d’Altri Tempi ci hanno
donato molto: tempo, pensiero, affetto, stima. Doni che abbiamo
ricevuto ripetutamente e dato a nostra volta al potenziale pubblico
della rete che a sua volta ha ricambiato con la sua attenzione tutti
coloro che si sono impegnati nel lavoro collettivo di realizzazione di
ogni singolo numero.
Si tratta di un falso
triangolo, però, perché ognuno degli autori di
Quaderni d’Altri Tempi, degli autori di un dono, quindi,
è in quel momento la rivista stessa che si dona
all’oceano della rete e ne riceve in cambio tempo, pensiero,
affetto, stima. Dare, ricevere, ricambiare. Idee e passioni,
si legge in ogni sommario di Quaderni d’Altri Tempi.
Così vengono presentati gli autori del numero,
perché ciò che si attiva in quel momento
è una relazione, il sorgere e risorgere di legami che vivono
tramite l’azione del dono.
Qualcosa dello stesso
genere, insano per una logica di mero utilitarismo, si può
rintracciare nella vicenda di Oreste Fernando Nannetti, un uomo che ha
vissuto gran parte della sua vita in manicomio. Lo conosciamo come
Nanof, nel sesto numero di Quaderni d’Altri tempi gli
dedicammo la parte monografica. Lo abbiamo sempre gioiosamente
considerato una sorta di stella polare che ci guida e che al tempo
stesso non si cura di noi. Nella sua ora d’aria il signor
Nanof ogni giorno entrava in contatto con un misterioso sistema
telepatico dal quale riceveva in dono flussi d’informazioni
fantastiche su lanci spaziali, formule alchemiche, parenti immaginari,
guerre planetarie; poi riportava il tutto sul muro esterno
dell’ospedale psichiatrico facendone dono a un pubblico
misterioso tanto quanto quello della rete. Una platea che lo ricambiava
con l’indifferenza, l’assenza, il vuoto, che in
un’istituzione coercitiva di quel genere non è
proprio da trascurare. Così il giorno successivo, il signor
Nanof poteva reinnescare il circolo virtuoso del dare, ricevere,
ricambiare e dare senso a un’esistenza altrimenti
intollerabile. Ecco il punto: il dono ha senso, lo scambio
esclusivamente mercantile no. Bisognava ritornare all’interno
di un universo concentrazionario per asserirlo con più
convinzione. Strano, ma vero, avrebbe commentato il signor Nanof e
c’è da credergli. D’accordo, a questo
punto la domanda è lecita: siamo matti? No, solo che
crediamo a Babbo Natale.