titolo_orientamenti01_q37 di Gennaro Fucile

 

Detto, fatto. Nello scorso numero avevamo anticipato la nascita di una nuova rubrica della rivista ed eccola. Si parte con estratti da Martin Esslin e Ursula K. Le Guin, due testi che introducono al teatro dell’assurdo e riflettono sul genere fantasy. Sono sfogliabili (nel formato flip), oppure scaricabili (nel formato pdf). Non è la sola novità. Si è operato un delicato restyling e la copertina, avrete sentito, ha un commento sonoro, come quasi sempre capita, ma, diversamente dal passato, quella che abbiamo inserito in questa occasione è stata concepita appositamente per noi. Si tratta di una rilettura del celeberrimo James Bond Theme che dobbiamo a Francesco Zago, ottimo e apprezzato musicista. Lo conosciamo sia per i suoi lavori con l’ensemble Yugen e il collaterale progetto Kurai sia per i contributi scritti per la nostra rivista. Lo ringraziamo di cuore per la musica che ci ha donato e per l’occasione che ci offre per riflettere proprio sul senso del donare, una forma di relazione che ci sembra esprimere fino in fondo l’anima di Quaderni d’Altri Tempi perché, attenzione, dalle nostre parti vige questa forma di scambio e non il semplice gesto di regalare un articolo: dare, ricevere, ricambiare. Ne consegue una naturale predisposizione alla relazione affettiva, al legame che dura nel tempo. “Forma di scambio fondata sulla reciprocità personalizzata e differita” la definì Alfredo Salsano. Personalizzata perché si riceve sia un sentimento sia un oggetto e questa essenza umana ne rende l’utilizzo esente da consumo, si preserva, dura nel tempo, appunto.
Quella che si costruisce dietro le quinte è una rete di relazioni, instabile, elastica, imperfetta, capace di sviluppare di continuo nuovi e insperati intrecci, di consolidare i precedenti, di sciogliere legami laddove termina quella reciprocità insita nel concetto stesso di dono. Questa forma particolare di scambio è probabilmente la corrente utopica che scorre sin dal sorgere della rete, seppur subito stretta d’assedio, dagli esordi, da un lato da un’intollerabile enfasi ideologica e dall’altro da incommensurabili interessi economici. La logica del dono non è certo in rete una nostra prerogativa esclusiva, non ci interessa neppure rivendicarla in questo senso, non siamo in concorrenza con nessuno e sarebbe d’altronde un controsenso, perché le dinamiche concorrenziali sono proprio ciò da cui il dono tende ad allontanarsi, a farsi altro cercando di cautelarsi qualora ci si avvicinasse o addirittura si entrasse in rotta di collisione.

 

Tutte le persone che in questi anni hanno contribuito all’uscita di Quaderni d’Altri Tempi ci hanno donato molto: tempo, pensiero, affetto, stima. Doni che abbiamo ricevuto ripetutamente e dato a nostra volta al potenziale pubblico della rete che a sua volta ha ricambiato con la sua attenzione tutti coloro che si sono impegnati nel lavoro collettivo di realizzazione di ogni singolo numero. 
Si tratta di un falso triangolo, però, perché ognuno degli autori di Quaderni d’Altri Tempi, degli autori di un dono, quindi, è in quel momento la rivista stessa che si dona all’oceano della rete e ne riceve in cambio tempo, pensiero, affetto, stima. Dare, ricevere, ricambiare. Idee e passioni, si legge in ogni sommario di Quaderni d’Altri Tempi. Così vengono presentati gli autori del numero, perché ciò che si attiva in quel momento è una relazione, il sorgere e risorgere di legami che vivono tramite l’azione del dono.
Qualcosa dello stesso genere, insano per una logica di mero utilitarismo, si può rintracciare nella vicenda di Oreste Fernando Nannetti, un uomo che ha vissuto gran parte della sua vita in manicomio. Lo conosciamo come Nanof, nel sesto numero di Quaderni d’Altri tempi gli dedicammo la parte monografica. Lo abbiamo sempre gioiosamente considerato una sorta di stella polare che ci guida e che al tempo stesso non si cura di noi. Nella sua ora d’aria il signor Nanof ogni giorno entrava in contatto con un misterioso sistema telepatico dal quale riceveva in dono flussi d’informazioni fantastiche su lanci spaziali, formule alchemiche, parenti immaginari, guerre planetarie; poi riportava il tutto sul muro esterno dell’ospedale psichiatrico facendone dono a un pubblico misterioso tanto quanto quello della rete. Una platea che lo ricambiava con l’indifferenza, l’assenza, il vuoto, che in un’istituzione coercitiva di quel genere non è proprio da trascurare. Così il giorno successivo, il signor Nanof poteva reinnescare il circolo virtuoso del dare, ricevere, ricambiare e dare senso a un’esistenza altrimenti intollerabile. Ecco il punto: il dono ha senso, lo scambio esclusivamente mercantile no. Bisognava ritornare all’interno di un universo concentrazionario per asserirlo con più convinzione. Strano, ma vero, avrebbe commentato il signor Nanof e c’è da credergli. D’accordo, a questo punto la domanda è lecita: siamo matti? No, solo che crediamo a Babbo Natale.