01. IL SILENZIO DI ZANNA BIANCA
di Adolfo fattoriChe nel senso comune il denaro e il business siano i due padri degli dei di un pantheon che comprende sesso, divertimento, turismo “all inclusive” – è lapalissiano – è un luogo comune.
Che però l’attributo di divinità che queste entità si vedono assegnare assuma a volte un senso letterale, referenziale, è meno comune – speriamo.
Perché gli dei dell’antichità – oggi delle cosmogonie antiche rimangono solo pallidi fantasmi – erano feroci, voraci, vendicativi come i loro fedeli, gli uomini, e pretendevano periodici sacrifici. Quelli dell’America centrale, tanto per dire, di giovani vergini, quelli dell’antica Grecia, per esempio, di animali. Come nell’ecatombe (hecatòmbe, composto da hecaton = cento e boys = buoi), in cui si sacrificavano cento buoi, o cento agnelli, agli dei. Questo “magnifico sacrificio” (questo era il senso non direttamente letterale del termine) serviva a ringraziare gli dei per qualche richiesta soddisfatta, tanto che si narra che anche Pitagora, elaborato il suo Teorema, ne organizzò una …
Si è scoperto di recente, ed è stata aperta un’inchiesta in proposito dalla Polizia canadese – la mitica Mounted Police del Jim Brandon amico di Tex? – che l’abitudine, che pensavamo estranea al demagizzato mondo occidentale, è stata ripristinata, anche se di nascosto.
Pare che circa cento husky che durante le Olimpiadi invernali di Vancouver del febbraio scorso erano stati impiegati come cani da slitta per i turisti, finiti i Giochi e calata la richiesta di gite, non servendo più alle due società che li avevano comprati, sono stati ammazzati, perché erano diventati un peso economico eccessivo, da un operaio incaricato ad hoc di sbrigare la faccenda: questi, armato di fucile e coltello, li ha uccisi uno alla volta e poi gettati in una fossa comune. Gli ci sono voluti ben due giorni di lavoro.
Ed è stato lui stesso, che ora rischia cinque anni di prigione, a rivelare incautamente la vicenda per chiedere un indennizzo, poi ottenuto, per lo stress cui è stato sottoposto. Come ha dichiarato il suo legale: “Inevitabilmente il mio cliente ha dovuto vedere scene orribili e, per dovere, porvi fine”. Perché non tutti i cani morivano subito, e quindi dovevano essere finiti a coltellate.
Episodio esemplare del rapporto necessario, determinato (anche “indipendente dalla volontà degli individui”?) fra produzione di ricchezza e sacrificio di risorse? Probabilmente sì, ma nel tempo del loisir di massa e del consumismo applicato alla salute e al benessere.
Lo sport moderno – che si dice afferire alla sfera di valori come l’onestà, il rispetto fra gli uomini, la cura di sé e per la natura (sì, lo dicono anche i cacciatori: considerano la caccia uno sport …) non può fare a meno della finanza e dell’economia, nella sua doppia identità di pratica dell’agonismo professionale e di pratica del loisir di massa. Così andare a passare la “settimana bianca” sulla neve significa anche fornirsi di abbigliamento e attrezzature ad alta tecnologia – e all’ultima moda: sci, scarponi, caschi, bastoncini, tute, per sentire vicariamente l’ebbrezza dei campioni e mettersi in mostra … Meglio ancora se si partecipa da spettatori ai “mondiali”, sempre più spettacolo, e forse sempre meno “sport”.
E va da sé che industria, marketing, pubblicità e il resto dell’indotto ci lavorano sopra …
Un circolo “virtuoso” per il business, che si alimenta da sé, come in una turbina.
Pensiamo alla neve: un ”circo bianco” che assomiglia sempre più ad un circo equestre, fatto di fiaccolate notturne – magari con i turisti che seguono la fiaccolata comodamente seduti nelle slitte condotte dagli husky; di passeggiate fra i boschi innevati – concluse in una finta baita a tracannare grappe e a recuperare la stanchezza dei cani che trainavano la slitta; di file agli impianti di risalita – a volte lunghe ore, evitando di farsi superare, per pochi minuti di discesa.
Insomma, tutto molto bello e suggestivo, da fotografare, magari, filmare, ricordare. Nel silenzio ovattato del grande nord, poi, fra la neve immacolata … Una vertigine.
E poi, finiti il tintinnio dei campanelli delle slitte, le grida giocose dei bimbi sulla neve, le urla degli istruttori e dei genitori che gli insegnano a sciare, torna il silenzio nei boschi, sui campi di neve.
Il candore vergine della neve … arrossato dal sangue dei cani che schizza fuori dalle ferite. Il silenzio dei boschi e dei campi immacolati … interrotto dagli spari, dai guaiti dei cani, dai rantoli, magari da qualche ringhio di rabbia o di sorpresa.
Perché i cani si fidano, anche quelli mezzi lupi e mezzi husky come lo Zanna Bianca di Jack London, degli uomini. E gli uomini li tradiscono, e li sacrificano al business, alla contabilità.
Come gli agnelli di cui una notte l’ancora piccola Clarice Starling (una splendida Jodie Foster), l’agente speciale dell’FBI nel Silenzio degli innocenti, sente prima i belati poi il silenzio provenire dalla stalla di casa sua. Gli agnelli taceranno, restituendo alla notte il silenzio, dopo essere stati sacrificati, o continueranno ad urlare nelle sue orecchie per sempre?
E così la piccola Clarice scappa di casa, portando con sé un agnellino, l’unico sopravvissuto. E diverrà una cacciatrice di uomini, di quelli della specie più feroce, i serial killer.
Niente di paragonabile ai contabili delle due società che avevano acquistato gli husky, o all’operaio incaricato della “pulizia zoologica”. Chissà se nelle sue orecchie risuonerà mai, di nuovo, il silenzio. In quelle dei manager probabilmente sì, loro decidono da lontano, nei silenziosi uffici di Vancouver, o di Toronto.
Se non finiscono in galera.
O ci finirà solo l’esecutore, come capro espiatorio, agnello sacrificale al termine della catena?
“Clarice Starling: Sono andata... di sotto, fuori... Mi sono avvicinata furtivamente alla stalla. Avevo tanta paura a guardare dentro, ma dovevo!
Hannibal Lecter: E che hai visto, Clarice? Che hai visto?
Clarice Starling: Gli agnelli. Stavano urlando.
Hannibal Lecter: Stavano macellando gli agnellini?
Clarice Starling: Urlavano come pazzi.
...
Hannibal Lecter: Bene, Clarice, gli agnelli hanno smesso di gridare?”
(Jonathan Lemme, Il silenzio degli innocenti).