Riepilogo
e approfondimento, la terza puntata dell’autobiografia di
Studio Azzurro muove tra queste coordinate il suo racconto. Una
felice intuizione affida alle pagine dei primi due libri
archiviati in rete (Videoambienti e Ambienti sensibili, sempre
pubblicati da Electa), il compito di ripercorrere la storia di
questo collettivo, mentre i testi proposti per l’occasione
danno il benvenuto al lettore, gentili come un ospite sulla
soglia della propria casa. E si avverte subito il mood di Studio
Azzurro, team sempre propenso a dire la propria sui cambiamenti
epocali prodotti dalla massmedializzazione del mondo. A dire,
non strillare. Lo si potrebbe definire impegno, se il termine lo
emancipiamo dalla zavorra della militanza politica, almeno così
come fu intesa in Italia negli anni Settanta.
Si parte dallo
studio di Brera (siamo a Milano) dove Il Laboratorio di
Comunicazione Militante (siamo nel 1971), ovvero Studio Azzurro
in nuce, ancora armato più che altro di macchina fotografica
per catturare i segnali del cambiamento in corso e si arriva
alla creazione degli ambienti sensibili, sofisticate interazioni
tra virtuale e sensi, passando per ormai classiche video
installazioni e i lavori cinematografici.
L’intero cammino di
Studio Azzurro si può riassumere così; primo sbarazzarsi delle
strutture narrative tradizionali facendo del mezzo (il video)
anche il narratore, poi liberarsi del mezzo troppo denotato come
artificiale, ancora troppo macchina; infine, fare del software
il foglio bianco su cui riprendere a scrivere storie, ridando
autenticità al bisogno di narrare e senso alle visioni oggi, in
piena emorragia delle immagini. Restituendo anche alla
tradizione culturale il suo valore: Boll, Rilke, Beckett, Dante,
sono alcuni dei grandi nomi incrociati in questo percorso. Ma
raccontano proprie storie i lavori di Studio Azzurro? Non
sempre, non solo, non in senso stretto. Spesso sono una forma
avventurosa di saggistica, pamphlet,
talora inclini all’aforisma, talvolta più didattici. In
diverse occasioni riprendono lo spirito del romanzo/saggio di
tradizione mitteleuropea, ma in una versione integrata dalle
pratiche del blog, un update reso possibile dallo scambio
interattivo.
L’altro registro privilegiato è quello del
diario, qualcuno viaggia sempre in questi lavori, chi le produce
o chi le consuma, spesso entrambi e viaggiando, anche solo
camminando, si pensa, sosteneva Chatwin. Qui, però, i viaggi
sono passaggi in scenari ibridi, organici e cibernetici, come
dire cyborg, quella figura così cara al crepuscolo della
fantascienza. Il genere, a ben vedere è un referente culturale
forte di Studio Azzurro, l’alter ego delle citazioni alte,
essendo il naturale serbatoio dell’immaginario occidentale,
dove si estrae e si immette.
Nei manufatti elettronici di Studio
Azzurro ci sono più day after, mutanti e gadget di uso
quotidiano che haiku, zen e altre cianfrusaglie trendy. Da
questa angolatura si staglia l’ombra del libro e sembra una
moleskine in cui è annotato: “Dal diario di bordo del
capitano Kirk”.