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È un’autentica rivoluzione che crea slogan, mode e,
soprattutto un nuovo modo di immaginare il domani.
In un mondo ancora dominato dall’analogico, con valvole e lucine
colorate, dove i prodigi
dell’elettronica si registrano nell’High Fidelity (Hi-Fi) degli impianti stereofonici e le sale giochi
sono popolate da enormi flipper da affrontare in un corpo a corpo con la
macchina, il futuro è un universo materiale in cui si vivrà in case
piene di automi e fantastiche macchine, auto più veloci e nuove frontiere
spaziali da conquistare. Sono gli anni dei viaggi spaziali, con tutto il
loro immaginario di fisicità, che brutalmente i videogiochi metteranno in
discussione. In pochi anni il nostro Io viene trasportato fulmineamente
al di là dello schermo, che fino ad allora rappresentava un passivo libro
delle immagini. Alice adesso può attraversare lo specchio e giocare in un
mondo con nuove regole, senza pericolo, per scoprire che tutto è
un’illusione. Il gioco appassiona e
coinvolge come se fosse reale, ma appartiene ad una nuova dimensione virtuale, che esiste solo nell’immaginazione del giocatore. A vederli
oggi questi giochi, nella loro semplice grafica bidimensionale, non sono
più in grado di rappresentare uno spazio virtuale credibile, ma nei primi
anni 80 apparivano come i precursori di una rivoluzione che ridisegnava
il futuro, spostando l’attenzione su di un impalpabile universo
parallelo. È l’inizio di un nuovo corso per la fantascienza, che il
genere cyberpunk saprà interpretare, dando vita a mondi virtuali, dove il
pericolo non viene più dallo spazio profondo, ma dai prodigi della
tecnologia, in grado di distruggere il genere umano con un semplice click.
Nel giro di dieci anni l’informatica si svilupperà esponenzialmente,
rendendo possibile progettare mondi elettronici sempre più reali, in un
processo che vedrà lo schermo sempre più trasformato da tavolozza, su
cui disegnare, a specchio, attraverso cui rappresentare
una realtà virtuale. Da quei primi giochi che esaltavano la
creatività agli ultimi giochi, che attraverso una grafica sempre più
sofisticata vogliono sostituirsi al reale, dando vita a veri e propri film
interattivi.
In questo passaggio ci sarà l’addio alla fantascienza. Se i primi
giochi attingevano a piene mani agli alieni di ogni genere e specie,
incapaci di rappresentare la realtà, i nuovi prodotti non devono più
inventare, ma possono semplicemente prendere dal cinema, dai fumetti e
dalla TV. In un continuo rimando, dove il lancio di un buon gioco conta su
un marketing degno delle grandi produzioni hollywoodiane, ed
un blockbuster non può
fare a meno di una trasposizione in videogame. La fantascienza, con i suoi universi tutti da inventare non
è più un bacino inesauribile di idee, ma rischia di essere un limite per
garantire il successo di un gioco, che si misura esclusivamente sulla
capacità grafica di rappresentare il dettaglio. Alla creatività si
sostituisce sempre di più la tecnologia, con i suoi milioni di byte,
incapaci, troppo spesso, di garantire al giocatore un’immedesimazione ed
un coinvolgimento totale, che rappresentano le basi per garantire la
giocabilità, quel mix di elementi che conquista il giocatore e lo
“costringe” ad interminabili sessioni. Finisce un’era di grande
fascino, un decennio di piccole invenzioni, che ancora adesso costituiscono
il cuore dei videogames di ultima generazione. Finisce l’era che ha
visto nascere nuovi talenti, capaci di trasformare codici numerici in
giochi senza tempo che hanno cambiato per sempre la nostra concezione di
divertimento, ma anche la nostra visione del domani, alla ricerca di nuovi
confini sempre più piccoli e vicini, ma altrettanto futuristici.
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