Quando il gioco si fa video, gli alieni entrano in gioco
di
Pierluigi De Rosa

 



È un’autentica rivoluzione che crea slogan, mode e, soprattutto un nuovo modo di immaginare il domani. In un mondo ancora dominato dall’analogico, con valvole e lucine colorate,  dove i prodigi dell’elettronica si registrano nell’High Fidelity (Hi-Fi) degli impianti stereofonici e le sale giochi sono popolate da enormi flipper da affrontare in un corpo a corpo con la macchina, il futuro è un universo materiale in cui si vivrà in case piene di automi e fantastiche macchine, auto più veloci e nuove frontiere spaziali da conquistare. Sono gli anni dei viaggi spaziali, con tutto il loro immaginario di fisicità, che brutalmente i videogiochi metteranno in discussione.

In pochi anni il nostro Io viene trasportato fulmineamente al di là dello schermo, che fino ad allora rappresentava un passivo libro delle immagini. Alice adesso può attraversare lo specchio e giocare in un mondo con nuove regole, senza pericolo, per scoprire che tutto è un’illusione. Il gioco appassiona  e coinvolge come se fosse reale, ma appartiene ad una nuova dimensione virtuale, che esiste solo nell’immaginazione del giocatore. A vederli oggi questi giochi, nella loro semplice grafica bidimensionale, non sono più in grado di rappresentare uno spazio virtuale credibile, ma nei primi anni 80 apparivano come i precursori di una rivoluzione che ridisegnava il futuro, spostando l’attenzione su di un impalpabile universo parallelo. È l’inizio di un nuovo corso per la fantascienza, che  il genere cyberpunk saprà interpretare, dando vita a mondi virtuali, dove il pericolo non viene più dallo spazio profondo, ma dai prodigi della tecnologia, in grado di distruggere il genere umano con un semplice click. Nel giro di dieci anni l’informatica si svilupperà esponenzialmente, rendendo possibile progettare mondi elettronici sempre più reali, in un processo che vedrà lo schermo sempre più trasformato da tavolozza, su cui disegnare, a specchio, attraverso cui rappresentare  una realtà virtuale. Da quei primi giochi che esaltavano la creatività agli ultimi giochi, che attraverso una grafica sempre più sofisticata vogliono sostituirsi al reale, dando vita a veri e propri film interattivi. In questo passaggio ci sarà l’addio alla fantascienza. Se i primi giochi attingevano a piene mani agli alieni di ogni genere e specie, incapaci di rappresentare la realtà, i nuovi prodotti non devono più inventare, ma possono semplicemente prendere dal cinema, dai fumetti e dalla TV. In un continuo rimando, dove il lancio di un buon gioco conta su un marketing degno delle grandi produzioni hollywoodiane, ed  un blockbuster non può fare a meno di una trasposizione in videogame.

La fantascienza, con i suoi universi tutti da inventare non è più un bacino inesauribile di idee, ma rischia di essere un limite per garantire il successo di un gioco, che si misura esclusivamente sulla capacità grafica di rappresentare il dettaglio. Alla creatività si sostituisce sempre di più la tecnologia, con i suoi milioni di byte, incapaci, troppo spesso, di garantire al giocatore un’immedesimazione ed un coinvolgimento totale, che rappresentano le basi per garantire la giocabilità, quel mix di elementi che conquista il giocatore e lo “costringe” ad interminabili sessioni. Finisce un’era di grande fascino, un decennio di piccole invenzioni, che ancora adesso costituiscono il cuore dei videogames di ultima generazione. Finisce l’era che ha visto nascere nuovi talenti, capaci di trasformare codici numerici in giochi senza tempo che hanno cambiato per sempre la nostra concezione di divertimento, ma anche la nostra visione del domani, alla ricerca di nuovi confini sempre più piccoli e vicini, ma altrettanto futuristici.

 

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