Inutile cercare nella stessa pagina il seguito che invece è
contenuto nella pagina più a destra, un po’
più in alto. Il pianoforte deve suonare da
sé. Straordinaria coincidenza espressiva con la
ricostruzione di Manoni: il pianoforte evocato ha una grande cassa di
legno, nera; e nero è lo sgabello vuoto che evoca
l’assenza dell’elemento umano. Morte per negazione.
Ma anche negazione di una morte dello spirito, passando ad altri
frammenti: I fantasmi sono formidabili dopo la seconda
apparizione (/) le ombre sono vive sotto cosmo. Versi
dunque, composti da suoni, parole, ritmo, significati impliciti o
espliciti, coscienti o non-coscienti, ma anche da segni, simboli,
disegni che attraversano incessantemente tutto questo assordante
monologo di pietra. Segni grafici che rispecchiano il magmatico flusso
delle parole: astri, personaggi, macchine tecnologiche, arcani simboli
che sembrano provenire da un passato remoto, missili e molte antenne,
perché la comunicazione era un bisogno urgente per questo
uomo totalmente isolato. Un uomo che consacra letteralmente la
propria esistenza, durante un periodo di ben 12 anni
d’internamento ad un unico enorme progetto che oggi
definiremmo multimediale, che comprende parola, segno grafico e
dimensione materica e che mostra una strabiliante coerenza stilistica
nel suo insieme, nonostante l’enorme spazio temporale che
divide l’inizio dalla fine della creazione di
quest’opera. Opera maestosa che allude, in un gioco registico
magistrale, ad un sapere immenso, sconfinato come
avrà modo di definire il graffito stesso Adolfo Fattori nel
suo Illustrare il Rumore (Quaderni
d’Altri Tempi n. 6). Un sapere pari
all’immaginazione fervida e visionaria, che capta
- come antenna che si fa centro percepente - e rivela
- come poeta che “vede” e restituisce
l’indicibile - l’universo dentro un
cortile. L’idea di progetto unitario
è precisamente inscritta nella forma ciclica di tutta
l’opera. Una ciclicità che si afferma e si compie
nel ripetere musicale, in forma di microvariazioni, una serie di
elementi chiave che costituiscono l’ossatura formale
dell’opera. Come nel caso della danza di accostamenti
molteplici e vari di simboli grafici lungo tutto lo snodo del graffito
o come nella percezione che definiremmo extraterrestre
da parte di Nanof del genere umano e della sua stessa propria
dimensione terrestre. Percezione distaccata e
distante che si condensa nei pochi tratti somatici, generici appunto,
con cui descrive sé stesso e altri personaggi, reali o
immaginari: alto, moro spinaceo, bocca stretta, naso a Y
reiterati ossessivamente in microvariazioni tra le quali castagno
spinaceo oppure moro spinaceo castano o
utilizzando cambiamenti di sequenza o ancora aggiungendo altri
aggettivi come, ad esempio, secco.
|