Quando Robert Heinlein cominciò a scrivere fantascienza, diversi
scrittori del genere si erano già spinti molto in là: ambientavano le
loro storie su altri mondi, da Marte in su, fino a immaginare vere e
proprie crociere stellari tra galassie sconosciute, come in Il distruttore nero (Black Destroyer,
1939) di A.E. Van Vogt, del 1939, racconto che per molti critici dà il
via all’età d’oro della fantascienza e che nel 1950 costituirà il primo
capitolo della fortunata antologia Crociera nell’infinito. Dello stesso anno è Naufragio (Marooned Off Vesta) di Isaac Asimov, ambientato al largo di un oscuro pianeta al di fuori del sistema solare. La
frontiera, per Heinlein, era invece ben più vicina e, come per Jules
Verne, si limitava alla Luna. Eppure quando Heinlein tentò di piazzare
il suo primo romanzo, Rocket Ship Galileo (Razzo G.2),
l’editore bocciò il dattiloscritto giudicando “un’assurdità” un viaggio
sulla Luna. Era il 1947: lo scrittore trovò un altro editore più
coraggioso, Scribner’s, per pubblicare la sua opera, e da allora il
sogno di conquistare la Luna diventò un po’ più realistico. Robert
Heinlein ha dedicato una significativa parte della sua produzione al
tema dell’esplorazione e della colonizzazione lunare: da Razzo G.2 al fondamentale La Luna è una severa maestra del 1966 (The Moon is A Harsh Mistress, Premio Hugo l’anno successivo), passando per la sceneggiatura del film di Irving Pichel Uomini sulla Luna (Destination Moon)
del 1950. Ma la Luna nella produzione di Heinlein appare in
realtà per la prima volta nel lontano 1940 con il racconto breve
Requiem. Divenuto poi parte, come molti dei suoi primi racconti, di quella che diverrà nota come La Storia Futura, il racconto è il primo ad avere la Luna per protagonista. Nel 1949 Heinlein scrisse invece un romanzo breve, L’uomo che vendette la Luna (The Man Who Sold The Moon), sorta di prequel del precedente, dove riappariva il personaggio di Delos David Harriman, protagonista di Requiem ed evidente alter-ego di Heinlein stesso. In
ogni caso, l’originalità dell’approccio di Heinlein al soggetto non
nuovo della conquista della Luna sta nella visione rigorosamente
materialistica che esprime. D.D. Harriman, il protagonista dei due
racconti, è un affarista, che fedele all’american dream ha fatto
dei suoi sogni una fonte di lauti guadagni. Lui ha le idee, e i suoi
tecnici le realizzano. Ma la nuova idea di Harriman questa volta è ben
più ambiziosa delle precedenti e non è nemmeno tanto nuova: ognuno,
alla Harriman Corporation, conosce il pallino del capo, quello di
mettere piede sulla Luna. Ma per arrivare a quell’ambizioso traguardo,
a cui nessuno veramente crede fino in fondo, Harriman sa di dover
sacrificare la visionarietà e l’ingenuità e affrontare la sfida con le
sue armi, quelle del crudo e cinico capitalismo. È quindi quasi un
paradosso quello narrato in L’uomo che vendette la Luna: da una
parte l’obiettivo visionario e, appunto, fantascientifico; dall’altro
la strada per arrivare a quella meta, una strada fatta di concretezza e
realismo. Sulla base di questa dicotomia va letta la differenza tra le
due storie e la differenza tra le diverse parti di ciascuna storia.
Innanzitutto, mentre Requiem si fonda tutto sul sogno e
sull’immaginazione – buona parte del racconto si basa sui ricordi del
passato di Harriman, che ricostruiscono le origini del proposito
fanciullesco di ‘toccare’ la Luna – il suo prequel, L’uomo che vendette la Luna,
è fondato tutto sulla concretezza e non c’è quasi spazio per fantasie e
utopie. Ma andando a osservare la struttura di ciascun racconto si nota
che il dualismo immaginazione/concretezza costituisce l’essenza stessa
di questa “doppia storia” di Heinlein. Prendiamo innanzitutto in considerazione L’uomo che vendette la Luna (1987,
pagg. 129-236). Il racconto inizia con l’affermazione che D.D. Harriman
rivolge al suo collega George Strong: “Eppure finirai col crederci
anche tu!”. Harriman si riferisce alla sua convinzione che l’uomo possa
giungere sulla Luna. Non solo per lo scettico Strong, ma anche per il
visionario Harriman, la possibilità è una semplice “credenza” priva di
vere basi scientifiche. Ecco quindi che il racconto si apre con il tema
dominante dell’immaginazione. Harriman cerca di convincere il collega e
poi i soci della sua compagnia discutendo innanzitutto del suo sogno;
ma si rende presto conto che quel sogno, come tale, non è spendibile
sulla base della semplice immaginazione. Non basta più un cannone per
spedire tre uomini sulla Luna, sono necessari i soldi. E poiché il
governo per questo progetto non li vuol spendere, Harriman decide di
fare da solo. La Luna diventa così il più grande affare della Storia:
per convincere i suoi soci, Harriman usa le sue armi migliori, quelle
del capitalismo. “Il prezzo della Luna è di 30 miliardi di dollari”,
conclude dopo un breve calcolo di fronte a uno stupefatto consiglio
d’amministrazione. Ora la Luna non è più solo una chimera per lunatici,
ma una realtà che si può toccare e soprattutto quantificare.
Nella storia comincia adesso a dominare il tema della concretezza:
Harriman si getta anima e corpo nelle complesse operazioni legali per
acquisire i diritti di sfruttamento del suolo lunare, per ottenere i
fondi necessari alla costruzione del razzo spaziale, per rendere
concreta l’impresa immaginata. Viene meno il fattore idealistico, si
introduce quello realistico. Quando tutto è ormai pronto e il razzo è
puntato verso la Luna, quando il sogno è a un passo dall’avverarsi,
subentra nuovamente il tema dell’immaginario. Harriman vagheggia della
sua possibilità di diventare il primo sindaco di Luna City (“… è così
che l’ho sempre chiamata nei miei sogni”, dice riferendosi alla futura
capitale del satellite), immagina il momento in cui metterà piede sulla
Luna “e al diavolo le preoccupazioni sui raggi cosmici”. Nulla può
fermarlo. Ma inevitabilmente deve fare i conti con la realtà: il razzo,
a differenza di quello di Verne che per Harriman (e naturalmente per
Heinlein) è l’implicito modello, non può ospitare tre viaggiatori. Ne
partirà uno solo: e nonostante lo sforzo per perorare la propria causa,
nonostante egli sia il magnate che ha reso possibile l’avvenimento,
Harriman è messo da parte. Non sarà lui il primo uomo sulla Luna. Cerca
di consolarsi con la convinzione che sarà il secondo, nel viaggio
successivo, quando sarà instaurata la prima linea stabile Terra-Luna.
Eppure, non sarà così. I soci non lo faranno mai partire perché
Harriman è troppo importante: venendo meno lui l’intero baraccone che
ha sorretto l’impresa verrebbe meno. Al termine del racconto è dunque
la concretezza, il freddo realismo che ha la meglio sull’immaginazione
e la visionarietà. Il sogno si è avverato, ma non per Harriman. I mezzi
che egli cinicamente ha utilizzato, violando anche i suoi più fermi
principi pur di conseguire la propria meta, gli si sono ritorti contro.
La storia termina con Harriman che “abbassa gli occhi dal cielo”, dalla
sua irraggiungibile meta, e sbotta: “Ancora qui, ragazzi? Andiamo, c’è
del lavoro da fare!”. Dunque, il continuum tematico de L’uomo che vendette la Luna è: immaginazione – concretezza – immaginazione – concretezza. Prendiamo adesso in considerazione Requiem
(1987, pagg. 277-296). Qui il continuum è del tutto rovesciato.
Ritroviamo Harriman, invecchiato e ormai disilluso: non è mai riuscito
a realizzare il suo sogno e si accontenta di commuoversi davanti a un
vecchio modello di razzo Terra-Luna. Cerca di convincere il pilota del
razzo a fargli fare un giro sub-orbitale, ma è rassegnato quando si
scontra con le regole burocratiche che, dopo un breve check-up, gli
impongono di restare coi piedi per terra a causa della sua debolezza
fisica. Poco dopo subentra il tema dominante, quello
dell’immaginazione. Harriman convince il pilota e un suo collega a
cimentarsi nell’impresa di costruire in proprio, in una zona isolata,
un razzo lunare e partire insieme per raggiungere il satellite
ignorando tutte le leggi e le regole al riguardo. Per farlo, ricorre
nuovamente alla sua unica arma: il denaro. Ma questa volta ai dettagli
tecnici, agli affannosi piccoli espedienti su cui ci si dilungava nel
precedente racconto, Heinlein preferisce i sogni e i ricordi del
vecchio Harriman. La Luna torna ora con tutta la sua carica visionaria:
il sogno di Harriman bambino, che vuole toccarla con un dito; la
speranza di diventare astronomo studiando all’università; le notti
spese fuori la veranda a osservare “la vecchia amica”. Ora Harriman
desidera raggiungere la Luna al termine della sua vita, liberandosi per
sempre delle pastoie che lo hanno tenuto a terra. Poco dopo ritorna
prepotentemente il tema della disillusione e del realismo: prima una
causa legale cerca di togliere ad Harriman la facoltà di disporre dei
suoi beni privati, da lui scialacquati per finanziare in gran segreto
la costruzione del razzo; poi alcuni ufficiali rintracciano il cantiere
dove si sta costruendo il razzo e tentano di arrestare i piloti e il
vecchio Harriman. Ma questa volta non c’è forza capace di fermare il
suo sogno: l’agente locale viene immobilizzato, i tre uomini
s’imbarcano di gran carriera sul razzo battezzato all’ultimo momento Lunatic
e puntano verso la Luna. Ritorna infine, questa volta vincitore, il
tema dell’immaginazione. Il razzo “lunatico” porta finalmente Harriman
sulla Luna, dove il vecchio – steso sulla sua superficie fissando la
Terra all’orizzonte – si addormenta infine per sempre mentre i suoi
sogni si confondono con la realtà. Ecco dunque che il continuum in Requiem
è: concretezza – immaginazione – concretezza – immaginazione.
Esattamente il rovescio del precedente. Messo in questi termini, è
evidente come questo “doppio racconto” riassuma in sé l’intera
complessità della produzione di Heinlein. La stridente dicotomia tra
un’indomabile forza utopica e una più prosaica concretezza tematica,
che si rintraccia in quasi tutte le opere di questo autore, da I figli di Matusalemme (Methuselah's Children, 1941) a Straniero in terra straniera (Stranger in a Strange Land, 1961) ha forse qui la sua prima matura elaborazione. Ritroviamo innanzitutto l’anelito della conquista dello spazio, un leit motiv
che domina tutto l’arco della produzione di Heinlein; e soprattutto la
perdurante quanto ingenua certezza che tale conquista sia alla portata
di chiunque. Fedele al sogno americano per cui nulla è impossibile al
singolo individuo, Heinlein crede con convinzione nella possibilità che
chiunque possa costruire un razzo spaziale e raggiungere prima la Luna,
poi magari Marte e successivamente tutti i mondi della galassia. L’uomo che vendette la Luna e Requiem
possiedono estremizzato all’ennesima potenza quello spirito
pionieristico che pervade le opere di Heinlein (Proietti S., 2008), che
fu il primo teorizzatore dello spazio come “ultima frontiera”. Il razzo
che porta il primo uomo sulla Luna è battezzato Pioneer. Più
volte D.D. Harriman paragona la conquista della Luna – e il business da
essa derivante – alla conquista del West nella storia pionieristica
dell’America, una conquista dove l’eroismo dei primi avventurieri si
unì ben presto alle grandi speculazioni finanziarie della ferrovia. La
conquista della frontiera è parte dell’immaginario collettivo americano
che Heinlein recepisce nella sua produzione, è la possibilità concessa
a chiunque di arricchirsi attraverso l’iniziativa privata, in tutta
libertà rispetto ai lacci e lacciuoli del potere statale. In entrambi i
racconti di Heinlein lo Stato è visto come un nemico che, seppur non è
possibile sconfiggere, va necessariamente raggirato. Lo scopo è quello
di impedire la prevedibile corsa dei governi della Terra
all’appropriazione della Luna per i propri scopi: Harriman sogna di
fare della Luna un territorio del tutto indipendente dagli Stati
terrestri, dominio della libera iniziativa privata di ciascuno. Nella Storia Futura questo obiettivo viene conseguito quando, in La Luna è una severa maestra,
si assiste alla guerra fratricida tra le colonie indipendentiste della
Luna e le Nazioni Federate della Terra. In questo romanzo Heinlein
esplicita quel parallelismo “in nuce” nei due racconti qui citati (di
molto anteriori): la Luna è la nuova patria dell’iniziativa
individuale, come all’epoca furono gli Stati Uniti d’America nell’epoca
pionieristica delle colonie e della guerra d’indipendenza dal giogo
dell’asfissiante potere della madrepatria britannica. La Luna, per
Heinlein, significa libertà. Quando Heinlein scrisse Requiem,
era il 1940. La Luna sarebbe stata conquistata 29 anni più tardi e
all’epoca, come testimonia la reazione del primo editore di Heinlein
alla storia di Razzo G.2, l’idea che l’Uomo potesse raggiungere la Luna era del tutto inverosimile. In uno dei passi chiave di Requiem,
Harriman dice: “…Voi, giovani d’oggi, siete cresciuti nell’epoca dei
viaggi spaziali come io in quella dell’aviazione. Sono molto più
vecchio di voi, almeno di cinquant’anni, e quando ero piccolo
praticamente nessuno credeva alla possibilità che gli uomini
raggiungessero la Luna. Voi avete sempre visto i razzi e la prima
astronave è arrivata lassù quando eravate ragazzini. Quando ero piccolo
io, faceva ridere solo l’idea. Ma io ci credevo! Leggevo Verne e Wells
e credevo che avremmo potuto arrivarci, che ci saremmo arrivati!”.
Non è Harriman che parla, ma il Robert Heinlein del futuro che,
attraverso le pagine di un racconto degli anni Quaranta, parla alla
generazione post-1969, a quella cresciuta con l’idea che la Luna sia
dietro l’angolo, con le immagini di centinaia di razzi lanciati da Cape
Canaveral, e ha dimenticato cosa significavano all’epoca le idee di
Verne, di Wells e di Heinlein stesso. Come già si è accennato in più
punti, c’è molto di Verne nei due racconti di Heinlein. In entrambi i
casi la conquista della Luna non è affidata a un governo, ma a un
ristretto gruppo di uomini che, grazie a finanziamenti privati,
riescono a realizzare in totale autonomia il razzo capace di portarli
sul satellite. Naturalmente c’è un grado maggiore di maturità,
soprattutto grazie alle conoscenze tecniche di Heinlein: non mancano
nel racconto riferimenti alla possibilità di lanciare il razzo
attraverso una sorta di “fionda”, che ricorda il cannone di Verne. Ma
alla fine si accetta l’idea di usare un razzo a stadi con carburante
convenzionale: lo stesso principio su cui si baserà l’Apollo 11. Anche
il Pioneer di Heinlein è progettato per tre persone, ma a causa
della mancanza di fondi il razzo partirà con un solo uomo a bordo; e la
base di controllo nel racconto ricorda in modo prepotente le tante
immagini del centro spaziale della NASA in Florida che siamo stati
abituati a conoscere. A un certo punto, sviscerando i nomi dei luoghi
della Luna dati dagli astronomi, Harriman si sofferma su quello di Mare
Tranquillitatis ed esclama: “Che nome promettente!”. Sarà proprio lì
che nel 1969 sbarcheranno gli uomini dell’Apollo 11. Quando si parla
della forza profetica di Heinlein, dunque, sicuramente L’uomo che vendette la Luna
è l’esempio che andrebbe maggiormente riportato a mo’ di esempio.
L’impatto del racconto di Heinlein è stato probabilmente ben più forte
di quanto si potrebbe immaginare. Nel 1980 un texano, Dennis Hope,
trovò una falla nel Trattato ONU sullo spazio esterno del 1967: esso
proibiva a qualunque governo di possedere corpi celesti e porzioni di
spazio, ma non faceva riferimento a individui o compagnie di diritto
privato. Il divieto di possedere parti della Luna esteso anche a
soggetti privati fu introdotto nell’art. 11 del Trattato sulla Luna del
1979, ma esso non è mai stato ratificato dagli Stati Uniti né da
nessuna delle principali nazioni del mondo. Su queste basi, quell’anno
Hope riuscì dopo un po’ di difficoltà a registrare presso l’ufficio
federale di San Francisco la proprietà privata della Luna. Da allora,
Hope ha iniziato la vendita di lotti lunari tramite la Lunar Embassy,
l’ambasciata lunare sulla Terra, che regola la vendita della Luna
dietro concessione del suo “presidente”, Dennis Hope (cfr.
http://www.lunarembassy.com). Finora, nessuna causa legale è stata
intentata contro la Lunar Embassy, anzi molti giuristi ne hanno
riconosciuti validi i principi alla base, e ciò ha spianato la strada
per il successo dell’operazione: Hope ha fondato successivamente la MoonEstates per lo sfruttamento dei diritti, la Lunar Republic Society con tanto di bandiera della repubblica e il Lunar Registry
per la vendita vera e propria di acri della Luna, con prezzi che
variano dai 18 dollari dell’offerta ‘budget’ per acri nel Mare Vaporum,
ai 37,5 dollari del ricercatissimo Mare Tranquillitatis
(cfr. http://www.lunarregistry.com/land/index.shtml). Hope sostiene che
finora più di tre milioni e mezzo di persone (incluse Reagan, Carter e
altri ex e neo leader politici) abbiano acquistato appezzamenti del
nostro satellite nel corso degli anni. Sulla base di questo
principio sono fiorite ovunque società sul modello di quella di Hope,
in acerrima competizione tra loro. La Lunar International, che vende anche in Italia attraverso il Catasto Lunare
(cfr. http://www.catastolunare.com), invita gli utenti a diffidare del
progetto di Hope sostenendo il proprio come unico valido. Le proprietà
vendute sono legali a tutti gli effetti, compresi diritti di
sfruttamento del sottosuolo dell’appezzamento fino a cinque chilometri
sotto terra, ma solo se la Lunar International riuscirà, con i proventi delle vendite, a riportare autonomamente l’Uomo sulla Luna. A questo scopo, la Lunar International non è altro che l’agenzia di vendita di una più complessa società, la Society for Lunar Exploration and Development,
che ha appunto come obiettivo primario riportare gli uomini sulla Luna
e garantire loro il pieno godimento delle proprietà acquistate. Davvero
l’idea di D.D. Harriman non sembra più così campata per aria! E se oggi
è possibile per tanti innamorati regalare alla propria fidanzata interi
acri della Luna, sognare di costruirci una casa e sperare che un giorno
il nostro satellite sia stabilmente abitato da esseri umani, un po’ lo
si deve anche a Robert Heinlein, il primo uomo che vendette la Luna
(senza guadagnarci niente in cambio, se non un po’ di fama).
::
letture :: Asimov I., Marooned Off Vesta, 1939, Naufragio, in Il meglio di Isaac Asimov, Mondadori, Milano 1995
Heinlein R.A., Rocket Ship Galileo, 1947, Razzo G.2, La Sorgente, Milano 1957.
Heinlein R.A., The Moon Is A Harsh Mistress, 1966, La Luna è una severa maestra, Mondadori, Milano 1994.
Heinlein R.A., The Man Who Sold The Moon, 1949, L’uomo che vendette la Luna, in La storia futura, Mondadori, Milano 1987.
Heinlein R.A., Requiem, 1940, Requiem, in Ivi.
Knight D., Introduzione, in Robert A. Heinlein, La storia futura, Mondadori, Milano 1987.
Proietti S., Le storie future di Robert A. Heinlein e Spider Robinson, postfazione a R. A. Heinlein, S. Robinson, Stella variabile, Armenia, Milano 2008
Van Vogt A.E., Black Destroyer, 1939, Il distruttore nero in I. Asimov, Le grandi storie della fantascienza Vol. I, Bompiani, Milano, 2008.
http://www.catastolunare.com
http://www.lunarembassy.com
http://www.lunarregistry.com/land/index.shtml :: visioni ::
Pichel I., Destination Moon, 1950, Uomini sulla Luna, Punto Zero, 2007. |