È in questo modo che sono stati costruiti
gli Album di Marco Paolini? Negli
Album
ho prestato i miei occhi alla ripresa meno
“esibita” possibile di
quello che l’attore-autore faceva su uno spoglio palcoscenico
teatrale.
Ho evitato facili espedienti da ripresa televisiva e utilizzato luci
essenziali. Prima di tutto doveva arrivare la voce e il volto di
Paolini e il ritmo delle immagini e del montaggio dovevano avere un
passo giusto in relazione al suo ritmo. In un secondo tempo ho pescato
anche dai miei ricordi in relazione a quello di cui racconta il testo
che è una autobiografia collettiva di chi è
cresciuto negli anni
Sessanta e Settanta. Queste immagini le ho inserite in montaggio e
costruite come delle brevi “strisce” come fossero
delle boe dove
fermarsi a tirare un po’ il fiato nel flusso delle parole e
del
racconto. Berger, ma anche Allen Ginsberg,
John Mekas. Insomma,
ci sono
esponenti significativi della scena underground e beat che fanno parte
del tuo bagaglio culturale. Quale peso hanno in concreto nel tuo lavoro
di rispecchiamento della realtà? Sono
gli artisti che mi
hanno emozionato di più, commosso per la loro innocenza e
per la
coerenza che hanno dimostrato con il loro lavoro e per come hanno
vissuto. Più che specchiarsi nella realtà ci
vorrebbe uno di quei vetri
semi-riflettenti in cui vedi attraverso e allo stesso tempo rifletti te
stesso e quello che hai più vicino. Ancora oggi, in momenti
di enorme
inquinamento visivo e sonoro, rileggerli o rivedere le loro opere
è
disintossicante e poi hanno dato un contributo fondamentale nel creare
differenti forme con una nuova libertà.
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La
cultura orientale ha profondamente influenzato le
avanguardie
culturali americane degli anni Cinquanta e Sessanta. È forse
anche per
questo motivo che il viaggio in India ti ha trovato in sintonia con il
tuo compagno di viaggio, Giuseppe Cederna? Ci racconti
quell’avventura? Con Giuseppe Cederna ho
fatto diversi viaggi, è per questo che ho condiviso La
febbre
film/video del 1995 che segna un passaggio importante del mio
percorso
artistico. Quel lavoro contiene infatti sequenze da quei
primi viaggi
e trovano nelle parole del monologo di Wallace Shawn interpretato da
Cederna un commento che le rende vive senza essere didascalico e in un
certo senso “politiche”. Dopo quei viaggi
c’è stata l’India. La
prima volta a Nord per camminare e respirare quell’aria
speciale. Poi
ci siamo tornati per ripercorrere e filmare i luoghi di cui Giuseppe ha
scritto nel suo libro Il grande viaggio (Delhi,
Hardivar,
Gangotri, le montagne himalayane) e per ricordare un nostro caro amico.
Di quella esperienza siamo riusciti a montare solo un breve
video sul
camminare verso le sorgenti (un estratto è apparso su
Quaderni IX, Il grande viaggio verso le sorgenti, ndr).
A pensarci quel tema è così caro a tutti gli
autori americani di cui mi
chiedi… Tutti loro (Kerouac, Ginsberg, e i grandi cineasti
Mekas,
Kramer) devono qualcosa a Henry D. Thoreau scrittore
dell’ottocento
autore di testi fondamentali per la cultura libertaria amato anche da
Gandhi. Oggi finalmente il popolo americano ha scelto una strada in
quella direzione, più vicina a quelle idee. Siamo
noi in Italia a
dover cambiare al più presto sentiero per non perderci
definitivamente. |