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Accelerando, ma non troppo, verso il postumano
di Roberto Paura

postumano

La sindrome del “post” è una caratteristica dei nostri tempi, di una società che oggi unanimemente si definisce “postmoderna”. L’economia che la sottende è un “post-fordismo” che ha superato le premesse della seconda rivoluzione industriale, la letteratura che la caratterizza è il postmodernismo che decostruisce tutti i tradizionali schemi narrativi. E nella fantascienza oggi domina il “postumanesimo”, e prima di questo c’era stato il “post-cyberpunk” forse solo un sinonimo del primo. Il riferirsi continuamente a un post-qualcosa è sintomatico di una cultura che non vuole porre dei paletti per demarcare stadi diversi di un processo considerato perpetuo, dove il prima e il dopo tendono inesorabilmente a fondersi. Ma dipende anche dal fatto che i cambiamenti culturali, sociali, scientifici avvengono oggi con rapidità tale da mutare quasi quotidianamente la cornice entro la quale l’umanità agisce. Uno dei simboli che spiega l’accelerazione della civiltà e che giustifica la “sindrome del post” è uno schema che riassume i principali “cambiamenti paradigmatici” della storia umana usando una scala lineare (non logaritmica). In esso si coglie con una sola occhiata l’accelerazione avvenuta negli ultimi millenni – e specialmente negli ultimi secoli - un periodo molto ristretto intorno al quale si concentra un numero vastissimo di eventi fondamentali. Al culmine di questa folle corsa ci sarebbe la “singolarità tecnologica1”.
Introdotta dal matematico e romanziere Vernon Vinge2, l’idea di singolarità è oggi utilizzata quotidianamente da scienziati, sociologi e futurologi, oltre che naturalmente dagli scrittori di fantascienza, categoria alla quale Vinge appartiene a pieno titolo. La singolarità è il punto di arrivo dell’accelerazione, il momento in cui l’umanità diventa “postumanità”. Nel suo capolavoro, Universo incostante3, Vinge dipinge una galassia in cui alcune civiltà hanno superato questo momento catartico e sono diventate “trascendenti”, in quanto capaci cioè di trascendere le capacità biologiche derivanti dalla naturale evoluzione. Il “postumano” è infatti la condizione in cui si verranno a trovare gli esseri umani nel momento in cui le loro facoltà naturali – limiti di esistenza, capacità computazionali, sostituibilità di elementi fisiologici deteriorabili – saranno superate grazie all’aiuto della tecnologia. Nella fattispecie la singolarità sarà raggiunta grazie allo sviluppo di alcuni specifici campi della scienza contemporanea:
- Nanotecnologia (capace di riparare tessuti corporei e garantire la longevità)
- Biotecnologia (capace di modificare la natura a uso e consumo dell’umanità)
- Telematica (capace di mettere in diretta comunicazione tutti gli individui)
- Intelligenza artificiale (capace di incrementare esponenzialmente la capacità di calcolo)

Secondo le principali teorie, intorno alla metà o al massimo entro la fine di questo secolo la singolarità dovrebbe verificarsi; essa sarà avvertibile nel momento in cui diverranno disponibili macchine più intelligenti dell’uomo. In quel momento la superiorità umana in termini intellettivi su tutto ciò che conosciamo verrà meno e diventerà necessario adeguarsi potenziando le nostre facoltà attraverso l’ausilio della tecnologia. Ecco che nasce la “postumanità”, dove il prefisso “post” sta ad indicare che non si tratta di qualcosa di radicalmente nuovo, ma di una evoluzione del precedente concetto (l’umanità) che mantiene inalterata la sua essenza  cambiando la propria forma e il proprio modo di agire.
Una nuova generazione di scrittori di fantascienza ha trovato in questa teoria pane per i propri denti. In realtà il concetto non era nuovo nella letteratura di genere; tra gli autori considerati precursori c’è chi cita Asimov con il racconto L’ultima domanda e chi Clarke con 2001 Odissea nello Spazio e seguiti. I nomi nuovi e meno nuovi che stanno forgiando il genere sono quelli di Iain Banks, Vernon Vinge, John C. Wright e naturalmente Charles Stross. Quest’ultimo, con il suo acclamatissimo Accelerando4 del 2005, ha di fatto aperto la stagione della fantascienza postumanista avviando una riflessione su come l’approssimarsi della singolarità e il suo avvento modificheranno la struttura sociale e le abitudini di vita dell’umanità. Innegabilmente questa nuova corrente della fantascienza ha il grande pregio di coniugare le istanze ipercritiche del cyberpunk con l’ottimismo tecnologico degli anni Novanta. Si recupera così la stimolante riflessione sull’impatto della tecnologia nel vivere quotidiano fatta propria da Gibson, Sterling ed emuli, mitigandone i toni apocalittici e permettendone una visione più a lungo termine, descrivendo anche lo sviluppo dell’umanità nei secoli e millenni futuri. Tuttavia molti restano i nei di questa fantascienza, alcuni dei quali inevitabilmente ereditati dalla visione più generale del postumanesimo (generale nel senso che, come si è detto, si tratta di una teoria a tutto tondo sviluppata in campi diversi da quelli della semplice narrativa di genere). 
Sul piano stilistico la fantascienza postumana soffre degli stessi limiti di quella cyberpunk: l’eccesso nell’uso di un gergo tendente rapidamente all’invecchiamento. Influenzata com’è dallo sviluppo informatico, tale corrente fa ricorso nelle pagine dei suoi romanzi a terminologie tecniche da “smanettoni” ignorando una norma classica della fantascienza: evitare di far riferimento a realtà attuali che possono rapidamente diventare desuete. Così risulta alquanto improbabile che nel remoto futuro della postumanità come descritto per esempio da Wright5 si parli ancora di file, backup, update, interfacce e così via, una terminologia fortemente ancorata all’attualità e come tale facilmente superabile (si pensi a quando nel primo Guerre Stellari si parlava dei “nastri rubati”, mentre nel recente L’Attacco dei Cloni si fa riferimento ai “file cancellati”). È infatti sicuramente vero che la condizione postumana sarà caratterizzata da un’onnipresenza dei sistemi cibernetici nella nostra vita quotidiana, ma questi cambieranno molto presto forma e significato oltre al fatto che tra un paio di secoli le nostre pur avanzate categorie di riferimento informatiche saranno superate.
Più importante, ma causalmente legato al precedente problema, è il tema della società postumana. La fantascienza di questa corrente fatica a immaginare una realtà sociale radicalmente nuova; si parla, in Banks con la Cultura e in Wright con l’Ecumene Dorato, di istituzioni pacifiche e utopistiche, dove gli individui perseguono liberamente i propri interessi immersi nell’abbondanza e senza curarsi né della malattia né dell’invecchiamento né della morte. In Vinge invece le razze aliene della Trascendenza hanno assunto le condizioni di divinità, e perciò sono tenute fuori dalla narrazione del romanzo che si concentra piuttosto sulle civiltà aliene pre-singolarità (ma comunque molto avanzate, nel caso umano). In Accelerando la società descritta da Stross è del tutto identica a quella attuale, dedita al capitalismo, all’accumulazione della ricchezza, alla ricerca del potere, e il bello è che queste caratteristiche sono proprie anche di altre civiltà aliene extra-umane. Si ripropone anzi quella che sembra un’antiquata conflittualità tra forze pseudo-anarchiche (gli amici del protagonista, Manfred) e capitalisti senza scrupoli (la spregevole Pamela), tipica di certa fantascienza gibsoniana ormai superata. Il problema è quindi l’incapacità di speculare su nuove forme di società postumana: è chiaro infatti che il “post” non riguarderà solo gli individui, ma anche le relazioni tra di essi, con il conseguente cambiamento delle nostre priorità, bisogni, aspirazioni. Basti pensare al fatto che tutta la storia umana è stata ossessionata dal dramma della vecchiaia e della morte: se, come i teorici della singolarità pretendono, questi problemi verranno meno o comunque non saranno più rilevanti, è chiaro che buona parte del nostro comportamento verrà di conseguenza modificato. Non avremo certe società ancora selvaggiamente in conflitto per denaro o potere, né società opulente e oziose che si lasciano vivere tra i piaceri del rapporto uomo/macchina.
Infine, il problema più importante riguarda il gap tecnologico oggi esistente. L’accelerazione che si sta concretamente verificando in questi ultimi decenni ha caratterizzato solo una metà del pianeta, quella occidentale. L’altra metà è rimasta tagliata fuori da questo sviluppo ineguale: fuori dal portentoso incremento della speranza di vita, della riduzione delle malattie, fuori da Internet e dalla cibernetica, dai piccoli e grandi ritrovati che hanno migliorato la nostra vita. La singolarità tecnologica non riguarderà tutta l’umanità, e questo fatto è stato totalmente ignorato dai suoi teorici. Qualora la singolarità si verificasse, l’attuale frattura tra mondo avanzato e mondo sottosviluppato diventerebbe enorme; l’inevitabile conseguenza è la lenta, graduale e inesorabile estinzione dei popoli sottosviluppati. Dinanzi all’irraggiungibile superiorità di una post-umanità, l’umanità normale non potrebbe far altro che adeguarsi o scomparire. Che lo si voglia o no, non c’è posto per i popoli in via di sviluppo nell’epoca della singolarità. La fantascienza deve farsi portatrice di questa verità. Nel Manifesto dell’Accelerazionismo6, messo a punto da una nuova corrente del movimento postumanista italiano, si legge tra gli obiettivi quello di creare un nuovo modello di sviluppo sostenibile: “Tutti devono poter beneficiare del progresso”. Per tale motivo affermiamo che l’accelerazione va perseguita con moderazione: Adelante, presto, con juicio. La fantascienza, che vede sempre più in là delle altre istanze, si faccia portatrice di questa necessità mostrando i rischi che un’accelerazione incontrollata creerebbe nel nostro fragilissimo mondo.

 


 

:: note ::

1. Cfr. Ray Kurweil, La singolarità è vicina, ed. Apogeo, Milano, 2008, cap. 1.
 

2. 
Il primo suo articolo sull’argomento è del 1993 e s’intitola Technological Singularity; può essere letto su  http://mindstalk.net/vinge/vinge-sing.html.
 

3. 
Vernon Vinge, Universo incostante, III ed. Nord, Milano 2007.
 

4. 
Charles Stross, Accelerando, ed. Armenia, Milano, 2007.
 

5. 
John C. Wright, L’Età dell’Oro, II ed. Nord, Milano, 2007.
 

6. 
http://anisotropie.blogspot.com/2008/06/accelerazionismo.html.