Like A Slow River
di Lull
Lull è l’universo isolazionista di Mike Harris, nato batterista e distintosi prima nei Napalm Death, poi negli Scorn da lui fondati e nei Painkiller di John Zorn, giusto per citare le formazioni più famose che lo hanno visto protagonista. Tutte band da prendere con le molle, macchine ideate per produrre suoni ostici, e tutte risalenti agli anni Novanta del secolo scorso. Anche la sigla Lull compare nei primi anni 90, esattamente nel 1992 con l’album d’esordio Dreamt About Dreaming. Questa più recente fatica per l’etichetta di Alessandro Tedeschi, in arte Netherworld (vedi Quaderni D’Altri Tempi n. XI), rompe un silenzio di qualche anno, anche se parlare di silenzio interrotto è qui eccessivo. Infatti, anche questo Like A Slow River è un flusso di basse frequenze, di possenti vibrazioni sotteranee, che accarezzano il silenzio, lunghi drones elettronici che soffiano nell’interminabile notte polare, idoneo commento a una nuova variazione sul tema del glaciale, tanto caro all’etichetta di Tedeschi. Un lavoro da annoverare tra le cose più egregie realizzate dal musicista britannico. L’insieme è composto da quattro lunghe tracce tra i 12 e i 14 minuti e una quinta, molto più breve, quasi una coda spiritata. Difficile e più che altro inutile entrare nel merito della singola track, essendo questo un ambito dove conta l’intera sequenza sonora, un lento emergere di cupi rimbombi, sprofondamenti nell’immobilità, ciclico avvicendarsi di timbri oscuri e inquietanti. Masse sonore abissali che collassano ripetutamente e sembrano mimare il lento incedere dei ghiacciai eterni. Insomma un disgelo dell’artista votato al gelo assoluto. Gennaro Fucile |
di Lull
titolo Like A Slow River
etichetta Glacial Movements Records
distribuzione
www.glacialmovements.com |
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Hear, O Israel
A Prayer Ceremony in Jazz di Autori Vari
Una volta si consigliava per qualcosa di veramente imperdibile l’acquisto a occhi chiusi. Bene, questo il caso. Non vi pentirete perché questo gioiello di jazz spirituale vale tanto oro quanto pesa. Non siamo infatti di fronte all’ennesima registrazione vintage recuperata per la gioia dei soliti feticisti delle incisioni archeologiche, ma di un capolavoro che per quarant’anni è stato il Santo Graal dei collezionisti jazz di mezzo mondo e che, oggi, grazie al fiuto e alla tenacia del discografo Jonny Trunk, torna alla luce. Una storia, questa, che merita di essere raccontata. New York, anno 1965: il diciassettenne Jonathan Klein, che frequenta e partecipa ai servizi religiosi della locale sinagoga, si mette a comporre per la preghiera del venerdì un concerto jazz per rendere la celebrazione più coinvolgente. La reazione del rabbino e dei fedeli è tanto positiva che il concerto viene riproposto in templi di altre città e università. Preghiere in ebraico con il jazz come colonna sonora, un esperimento unico per quei tempi. Ma non è finita. Il precoce Klein con un sestetto magico guidato da Herbie Hancock e che vede tra gli altri, giganti come Thad Jones alla tromba e flicorno e Ron Carter al contrabbasso, entra in sala d’incisione e per le parti cantate della composizione si avvale di un contralto e di un soprano. L’effetto è davvero speciale: gli interventi vocali si intersecano come d’incanto con le variazioni modali dei solisti creando un affresco di rara bellezza e intensità. Spiritualità e poesia hanno quasi la meglio sulla musica lasciando l’ascoltatore quasi esterrefatto di fronte a tanta maestria e modernità. Jonny Trunk ha recuperato uno dei pochi vinili stampati nel 1968 per essere distribuiti alle celebrazioni religiose e ne ha riversato la musica su cd: nove tracce, una più fascinosa dell’altra. Fortemente raccomandato. Claudio Bonomi |
di Autori Vari
titolo Hear, O Israel
A Prayer Ceremony in Jazz etichetta Jonny
distribuzione Goodfellas
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Baudrillard est mort
di Andrea Rossi Andrea - Ground Plane Antenna
Spartano ed eloquente il packaging di questo requiem (?) per Jean Baudrillard: tutto nero all’interno, quasi del tutto la copertina e solo il retro (su fondo nero, ovviamente) con le note essenziali del disco. Insomma, tirato a lutto. Altra cosa invece la musica, per nulla greve o sottotono, oppure lirica/epica. Quarantotto minuti di cyber jazz ad alta tensione, dove l’eclettico Andrea Rossi Andrea – musicista, artista visivo, docente – ribadisce le sue doti di virtuoso, ricavandosi due bei soli di basso elettrico in apertura del primo brano, Internet QSL, e nella seconda parte di Internet QSL (Ending). Musica che sfodera un tessuto elettronico ricamato con un buon numero di rimandi, suoni che battono incessanti, anche, anzi soprattutto quando intervengono gli ospiti. In azione un fiammeggiante Stefano Deagatone al tenore, il violino algido e caldo al contempo di Stefano Pastor, la batteria di Tiziano Tononi che macina suoni a valanga e le sue percussioni che in duo con il basso di Rossi Andrea preparano l’intervento pastoso di Luca Bonvini alla slide trumpet. Internet QSL “Years” è il titolo del brano, che risulta il più convincente insieme alla conclusiva Mediocre Music // “Spam”. Al fianco di Rossi Andrea poi c’è naturalmente la Ground Plane Antenna – il dispositivo ricetrasmittente presente in ogni sua performance. Musica nel complesso che rimanda un po’ ai suoni di Allan Holdsworth, ma il basso elettrico MIDI disegna soprattutto una musica immaginaria, qualcosa come i Kraftwerk alle prese col funky, lasciando al jazz il ruolo di alibi. Il grande filosofo francese ne avrebbe ammirato il concetto. Baudrillard est mort? Vive Baudrillard! Gennaro Fucile |
di Andrea Rossi Andrea -
Ground Plane Antenna titolo Baudrillard est mort
etichetta Splasc(H)
distribuzione Ird
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