AVATAR E PAPERI | ||||||
NEI PAESI DEI BALOCCHI | ||||||
di Adolfo Fattori
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I n principio è Tron, la pellicola disneyana di Peter Lisberger del 1982. Una rivelazione. Esiste un’altra realtà, quella virtuale, affianco alla nostra, fatta di elettricità e informazione, ma anche di passioni e valori. Nella migliore tradizione Disney, la marca regina dell’intrattenimento, cui si deve Disneyland, il non luogo per eccellenza. La casa madre di quelle che il sociologo George Spitzer definisce cattedrali del consumo, nate negli Stati Uniti ed esportate in tutto il mondo. La Disney, la matrice originaria di una serie di ibridi contemporanei, il retailtainment, l’infotainment e via di questo passo. Paesi dei balocchi per celebrare divertimento e officiare consumi. Ma con Tron il salto di qualità è evidente: con lo sguardo lungo che l’ha sempre distinta, la Disney guarda al futuro, alla colonizzazione degli universi virtuali, ancora di là da venire. Certo, non abbiamo gli spazi ampi e aperti di Second Life, l’universo di Tron e dei suoi compagni è ancora claustrofobico e troppo “tecnico”, ma siamo ancora a quasi trenta anni fa, neanche i progenitori del pacchetto Office esistevano: Lotus 1-2-3, il predecessore di Excel nasce l’anno dopo… Ma si sa, l’immaginazione precede sempre la realtà. E la orienta, almeno per certi versi. E Tron esprime – forse – il bisogno dell’industria di portare a compimento la rivoluzione dei consumi, che non può viaggiare che sulle ali dell’immaginario. Realizzandolo. Giocando sul desiderio di deresponsabilizzarsi dell’uomo contemporaneo. |
E allora ci
vogliono rassicuranti universi ludici in cui calarsi. Quelli della
realtà virtuale alle porte, ma anche quelli molto concreti
di cittadine artificiali come Seaside, fondata da Robert Davis nella
Panhandle della Florida, dove Peter Weir collocherà la
vicenda di Truman Burbank, o Celebration, sempre in Florida, creata nei
dintorni di Orlando proprio dalla Walt Disney Corporation. |
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