The Night Of The Purple Moon
di  Sun Ra and His Intergalactic Infinity Arkestra

Atavistic

 

 

 

 

 

 

 

 





 

 

 

The Night Of The Purple Moon di  Sun Ra and His Intergalactic Infinity Arkestra

 

 

Herman Poole Blount da Birmingham (Alabama, Usa) nacque il 22 maggio del 1914. Almeno questa oggi è la versione più accreditata del suo arrivo sulla Terra. Il 30 maggio del 1993 ha lasciato il nostro pianeta per una destinazione ignota. Durante la sua esistenza terrestre ha inciso un numero imprecisato di dischi quasi sempre con l’accompagnamento di una formazione chiamata a turno Solar Arkestra, Myth Science Arkestra, Solar-Myth Arkestra, Astro Infinity Arkestra, una comunità di cui era sacerdote, guida, faro, despota illuminato e fanatico condottiero (vedi “Suoni volanti e dischi terrestri - I parte –“ Quaderni d’Altri tempi n. 2).

Un’avventura che è sempre un piacere ripercorrere. Bene ha fatto, quindi, la Atavistic a ristampare questo album, sparito da tempo e oggetto di bramose ricerche da parte degli appassionati. A dir la verità tutti i dischi originariamente pubblicati dalla Saturn, l’etichetta dello stesso Sun Ra, sono andati dispersi e via via che vengono ristampati sono sottratti al mercato del collezionismo. La stessa Atavistic ha ristampato qualche mese fa un altro capitolo della saga Sun Ra, l’enigmatico “Strange Strings”. Questo “The Night Of The Purple Moon” proviene da un vinile mai usato, poiché il master si è perso chissà dove. L’album venne registrato nel 1970 e pubblicato nel 1972 addirittura in due edizioni, Saturn e Thoth Intergalactic, etichetta sorella. In seguito avrebbe dovuto essere ristampato dalla gloriosa Impulse, gli venne dato anche un numero di catalogo e poi non se ne fece più niente. Così il disco sparì.

In questa edizione sono state aggiunte quattro tracce, un’alternate di Love Is Outer Space, traccia che chiudeva l’album originale e tre registrazioni domestiche del 1964 che vedono Sun Ra esibirsi in solitudine al piano elettrico Wurlitzer e alla celesta. Un motivo c’è: l’album testimonia la sperimentazione del sacerdote galattico con le tastiere vecchie e nuove. Si cimenta, infatti al roksichord (nella dicitura di Sun Ra, in realtà rocksichord e nella sostanza uno strumento pensato come un clavicembalo elettrico) e al Mini-Moog, arricchendo di nuovi timbri space la sua tavolozza sonora. Ad accompagnarlo l’Arkestra, questa volta nella versione Intergalactic Infinity Arkestra, in pratica un trio con il fido John Gilmore al tenore in una sola traccia e per il resto impiegato come batterista, con Danny Davis al contralto, al flauto, al clarinetto basso ai bonghi e alla batteria nella traccia con Gilmore al sax. Infine, al basso elettrico, James Stafford.

La musica di Sun Ra qui più che altrove mostra quel suo inimitabile sconfinare nell’exotica e nella spage age music, quel flirtare con temi che sembrano provenire da telefilm immaginari, passando a bordo dell’Enterprise sopra le Hawaii, a cominciare proprio dalla title track. Il tutto miscelato con un terzo di funky, un quarto di blues, insomma il cocktail Sun Ra, dichiaratamente alieno, che qui rinuncia alle fughe free. Laddove poi si esibisce da solo al rokchisord sembra di trovarsi a casa degli Adams, ma fuori dal sistema solare.

In un paio di occasioni, l’iniziale Sun-Earth Rock e in A Bird’s Eye View Of Man’s World, Davis si lancia in brevi furenti assoli free che hanno anche il pregio di farci dilettare con una fantasia musicale: che cosa sarebbe potuto scaturire dall’incontro del dio Sole con quello che Claudio Sessa (vedi Quaderni d’Altri tempi n.7) ha giustamente chiamato il marziano del jazz, Eric Dolphy. Sarebbe stato un incontro stellare, in senso letterale.

     Recensione di g.f.