Questa volta la Cuneiform si è davvero superata nel rendere un
ulteriore omaggio al progressive jazz inglese della prima
metà dei Settanta. Si è superata ponendo fine all’incuria della
Virgin nei confronti di due album tra i più belli di quella
stagione e da lungo tempo fuori catalogo. Album pubblicati tra
il 1974 e il 1976, ovvero quando la casa discografica fondata da
Richard Branson aveva in corso quella che Karl Marx avrebbe
definito l’accumulazione primitiva del capitale, grazie al
successo mondiale di “Tubular Bells” di Mike Oldfield (complice
l’inserimento parziale nella colonna sonora de L’Esorcista).
Allora la Virgin aveva un look da casa discografica impegnata
(con lo splendido logo disegnato da Roger Dean), specie quelli
pubblicati con l’etichetta Caroline e pubblicava lavori
“sperimentali” come quelli degli Henry Cow (che pure poi ruppero
con Branson), i Faust, i Tangerine Dream, gli Hatfield and The
North e alcuni lp di Lol Coxhill come questi firmati a quattro
mani con Steve Miller. Lavori poco interessanti per il conto
economico e allora ecco l’incuria: i master sono desaparecidos.
Così alla Cuneiform si è dovuto ripartire dai 33 giri, ripulendo
i solchi del pessimo vinile usato dalla Virgin per stampare i
dischi della Caroline. Un vero gesto d’amore nei confronti di
questa musica, rafforzato da un’ora di musica inedita e da un
booklet ben curato, con riflessioni di Steve Miller trascritte
dalla sua ultima intervista e le note originali del primo album.
Il doppio cd che ne è saltato fuori presenta una scaletta
coerente, ordinata cronologicamente, raccoglie l’intero
variegato universo sonoro di questi due musicisti e fotografa lo
stato di grazia della musica in quel periodo. Oggi riesce
difficile immaginare quali musiche potrebbero vantare
altrettanta freschezza fra trent’anni e oltre. Si inizia con l’ellepì
“Miller/Coxhill Coxhill/Miller” aperto dal bel tema cantabile di
Chocolate Field e da One For You, affascinante
trama composta da Miller. Un brano che la Cuneiform aveva già
recuperato nella ristampa di “Fools Meeting”, l’unico album
inciso dai Delivery, formazione che vedeva Miller e Coxhill
affiancati da Phil Miller, Roy Babbington, Pip Pyle e (non
sempre) dalla vocalist Carol Grimes. Proprio dei Delivery sono i
tre inediti che seguono al primo album, dal quale sono ancora da
segnalare almeno lo sghembo free di Portland Bill
e il blues argenteo di Gog Ma Gog (con Miller al piano
elettrico). Qui in concerto i Delivery eseguono brani poi
inclusi nel repertorio di due gruppi chiave della scena
canterburiana: God Song, già apparsa sul secondo album
dei Matching Mole e il medley Bossa Nonchance/Big Jobs
entrambe dal primo album degli Hatfield and the North e la
musica vola già all’altezza della banda dei brocchi,
specie nel terzo brano, Betty (You Pays Your Money, You Takes
Your Chanches). Un anno dopo gli Hatfield registrarono il
loro primo album.
Il primo cd si chiude con due delle quattro rare tracce che
vedono il solo Miller al piano nel corso di un tour europeo del
trio con Coxhill e Laurie Allan, proporre Big Jobs No.2
(sempre dal primo Hatfield) e God Song. Il secondo cd
apre di nuovo con Chocolate Field e One For You.
Quattro riletture più jazzy rispetto agli originali, ma
sempre avvolte nel timbro surreale prediletto da Miller. Si
prosegue con “The Story So Far …Oh Really?”, Lp
ancora più collage del precedente, più due mezzi album che un
disco in duo con sole due tracce condivise, l’ultima della
facciata a nome Miller (The Greatest Off-Shore Race in the
World, sinuoso swing) e la prima della side Coxhill (la
lunare Reprise for Those Who Prefer It Slower). Brani
preceduti da cinque composizioni di Miller, che alterna piano
elettrico e acustico sia in solo che in duo con Allan. Intricati
acquerelli che sono un po’ la cifra di tutta questa musica:
complessa e immediata al tempo stesso. Coxhill replica con la
danza di Soprano Derivativo/Apricot Jam (altra traccia
ricomparsa anni fa su cd, nell’antologia wyattiana “Flotsam
Jetsam”), il gioco d’echi di Oh, DO I Like To Be Beside The
Seaside? e il maestoso In Memoriam: Master Eckhart,
dove volteggia intorno al fosco drone dell’organo della
cattedrale di Birmingham.
Si chiude con l’inedita Coo-Coo-Ka-Chew ad opera del
quartetto Miller/Coxhill/Sinclair/Allan, oltre 23 minuti di
improvvisazione al confine tra jazz e pop, grazie a un
funambolico svelarne e celarne le due anime rendendole sempre
inafferrabili.
Ora auguriamoci che anche gli altri due dischi incisi da Coxhill
per la Caroline (“Welfare State” e “Fleas In Custard”) diventino
oggetto delle cure amorevoli della Cuneiform.
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