Difficile
dire se Erik Konofal è o non è un piccolo genio musicale. Vale
per lui come per tutti, bisognerà rinviare il giudizio quando
sarà trascorso un altro bel po’ di tempo, ma sicuramente è un
artista del marketing. Altrimenti non si può definire chi è
riuscito nel corso degli anni a mettere a punto una formula
musicale senza concorrenti, una super nicchia di mercato come
amerebbero definirla gli esperti di marketing. Erik Konofal ha
inventato il sottogenere Martial/Ambient/Industrial,
proposto ormai da oltre quindici anni sotto la sigla Les Joyaux
de la Princesse, un brand che presidia per intero il
mercato, come preciserebbero sempre i citati esperti. In che
cosa consiste? Nel manipolare discorsi politici radiofonici,
vecchie canzoni incise su 78 giri, voci di oscura provenienza,
materiale tutto collocato temporalmente tra i due conflitti
mondiali e tutto rigorosamente made in France. Discorsi
spesso legati ai temi della guerra e del nazionalismo che agitò
la Francia (e tutta l’Europa in quegli anni) al fine di creare
dei collage sonori incollati con suoni elettronici e classici
molto melodrammatici, che finiscono per risultare dei documenti
audio d’epoca. Ma… quale epoca? dal momento che il
risultato è inquietante quanto affascinante, proprio in virtù
del suo apparente provenire da un’altra dimensione
spazio-temporale, non necessariamente precedente quella che noi
abitiamo. Erik Konofal è un collezionista maniacale di questi
rarissimi documenti che iniziò a trattare sin dallo sconvolgente
esordio “Aux Petits Enfants de France” nel 1989 (pubblicato
dalla Tesco, etichetta specializzata in industrial music).
Da allora è stato un susseguirsi di pubblicazioni a tiratura
limitatissima in packaging molto raffinati e singolari, tutti
lavori di difficile reperibilità e inevitabilmente finiti presto
fuori catalogo. La novità di questa sua ultima uscita è proprio
la semi-normalità dell’edizione, un digipack sempre a tiratura
limitata ma con un minimo di distribuzione regolare. Il disco è
dedicato a un oscuro movimento nazionalista, la Croix de Sang,
uno tra i tanti in piazza nei sanguinosi scontri del 6 febbraio
1934 a Parigi (una quindicina di morti e oltre 1.500 feriti tra
i manifestanti), e riprende la singolare narrazione da dove si
interrompeva il precedente
“Croix de
Feu-Croix de Bois” pubblicato nel 2000. Anche in questa
occasione Les Joyaux de la Princesse offre una striscia sonora
in bianco e nero toccante, allucinata, eterea, funebre come
nell’ouverture per organo da chiesa Sur la tombe d'un Camarade
(1919) che apre questo viaggio allucinato tra i non morti della
collezione di casa Konofal, viaggio che prosegue nella marziale
Marche de Croix de Sang (et allocution du Capitaine Hanot d’Hartoy),
un raggiante delirio che affoga nella successiva poltiglia
sonora di Pour sauver l'ordre e poi via giù nell’abisso di
suoni, memorie e tracce ectoplasmiche sospinti sempre
dall’incedere maestoso, lirico, devastante dell’organo, giù fino
alla commuovente chiusura di Cimetière (chanté par Charles
Panzéra).
La
scrittura di Louis-Ferdinand Céline è sempre stata associata al
jazz, per il suo ritmo sincopato, ma forse questa ne è la vera
versione musicale. Visionario come pochi, da non perdere.
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