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Direi di no. In America godo di molto rispetto, i lettori mi amano e vendo molto anche negli Stati Uniti. Scrivere delle cose scomode sugli Stati Uniti non significa fare di tutta un’erba un fascio: ci sono sicuramente delle idee che io sviluppo nei miei romanzi che rimandano a certi aspetti della vita americana, che io posso osservare direttamente, ma non rappresentano gli Stati Uniti nel loro complesso. Per quanto riguarda Echi Perduti, c’è una ragione precisa perché è uscito in anteprima mondiale in Italia: l’uscita in America del romanzo è stata ritardata e l’editore americano mi aveva chiesto di far ritardare anche l’uscita in Italia. Ma io mi sono detto che non mi fregava niente se il romanzo non era uscito negli Stati Uniti nei tempi previsti, non vedo perché in Italia non dovesse uscire nella data prevista. Anche perché l’Italia è sempre stata molto generosa nei miei confronti. Il numero di copie pro-capite vendute in Italia è superiore che negli Stati Uniti, che comunque restano in senso assoluto il mio mercato principale. Qui in Italia il pubblico mi ha sempre accolto molto bene e, anche se mi rendo conto che non è gran cosa, l’uscita in anteprima mondiale del mio romanzo è stato il mio modo di ringraziare i lettori italiani. Devo aggiungere che rispetto al pubblico americano, che comunque mi ama, voi italiani avete sicuramente dimostrato una comprensione più profonda del mio lavoro e sono rimasto favorevolmente sorpreso di questo fatto. Non tutto il pubblico americano riesce ad afferrare le idee che ci sono nei miei romanzi, come invece fa il pubblico italiano, e questo nonostante il fatto che gli americani siano radicati nel tessuto sociale e culturale che io descrivo nei miei romanzi. Come ti spieghi però il consenso del pubblico italiano, considerando che i tuoi romanzi sono spesso ambientanti nel Texas? Mi piacerebbe darti una risposta precisa, ma in realtà non ho la più pallida idea del perché il pubblico ami i miei libri: sono molto confuso e felice allo stesso tempo. Forse la spiegazione sta nel fatto che per voi italiani il Texas orientale è un po’ come Marte, cioè un paese completamente lontano da quello che voi vi immaginate. Certo la regione da cui provengo ha una sua originalità che la rende diversa da tutto il resto dell’America. Però ho la speranza che i personaggi che io descrivo nelle mie storie siano personaggi che hanno gli stessi problemi e preoccupazioni di chiunque altro in qualsiasi altra parte del mondo. C’è un solo tuo romanzo che è diventato un film. Mi chiedevo se al momento ci sono altre tue storie opzionate dl cinema? In realtà, oltre a Bubba Ho-Tep c’è un’altra cosa che è stata tratta da un mio racconto ed è un episodio di una serie televisiva, anche questo diretto da Don Coscarelli. Si sta discutendo anche della possibilità di fare un seguito di Bubba Ho-Tep, che non è tratto direttamente da una mia storia, ma è comunque un ideale seguito. Parecchie mie storie sono state opzionate dal mondo del cinema e mi aspetto che prima o poi venga realizzato qualche film dai miei romanzi. Mi riferisco, ad esempio, a L’anno dell’uragano, Freddo a luglio, In fondo alla palude e Il mambo degli orsi. Ho scritto anche delle sceneggiature di fumetti che sono poi diventate degli episodi di cartoon, come le serie di Batman e Superman. A proposito di fumetti, celebri sono le tue storie su Batman. Pensi di ritornare, prima o poi, a scrivere ancora per il mondo dei comics? I fumetti mi piacciono tantissimo ed è stata una bella esperienza scrivere storie su Batman. Se la DC Comics (la casa editrice che pubblica i fumetti di Batman in America ndr) mi chiama e io ho il tempo, lo farò molto volentieri.
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