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È l’eterno ritorno nietzschiano, la ripetizione infinita
di uno stesso ciclo che non può essere spezzato. Se è vero, come ha scritto Dave Bukowski in un suo saggio, che per Zelazny «la meta dell’umanità è quella
della crescita psicologica, un processo catalizzato dalle esperienze della vita
e dai brevi lampi di intuizione che forniscono visioni di questa meta»[6],
allora è chiaro che l’Induismo e la sua versione sui generis in Signore
della Luce impediscono tutto ciò, imbrigliano il processo creativo umano e
rendono statica e immutabile la società. In questo contesto Sam è il Buddha perché
incarna le istanze di rinnovamento che il Buddhismo storicamente ha portato con
sé: «Buddha trovò l’Induismo statico e corrotto… insensibile all’uomo comune e
troppo complesso per essere compreso. Sam trova che il sistema Indù del romanzo
abbia gli stessi problemi… Entrambi sono persone del cambiamento»[7].
La società che Sam tenta di rovesciare è una società in
cui l’idea della separazione fisica e metafisica tra sfera del sacro e sfera
del profano che, come ha teorizzato Durkheim[8],
è alla base della religione stessa, sopravvive solo nella sua accezione fisica.
Gli Dei vivono separati dal resto del mondo sulla vetta dei monti più alti del
pianeta, nella Città Celestiale governata dalla Trimurti che una volta era
semplicemente Prima Base (il primo avamposto dei coloni terrestri), ed entrano
in contatto con gli uomini attraverso i Templi nelle principali città. Ma in realtà
il contatto tra le due sfere può avvenire in qualunque momento. I sacerdoti
entrano in comunicazione con gli Dei attraverso particolari videotelefoni che
permettono loro di vedere e sentire la divinità fisicamente dar loro
ordini. Inoltre nulla vieta agli Dei di scendere nel mondo profano, come
avviene varie volte nel romanzo, e addirittura combattere con gli stessi uomini
contro altri uomini. Ciò accadeva, in effetti, anche nella mitologia greca come
elaborata da Omero, ma in Signore della Luce gli Dei sfruttano le loro
formidabili invenzioni distruttive ammantate da aloni mitici per sconfiggere i
nemici in battaglia. La ierofania, la manifestazione del sacro, si esplica in
Zelazny negli Attribuiti che gli Dei indù impugnano quando scendono nel mondo e
si rivelano ai mortali; perde il suo carattere di sacralità e indeterminatezza
e diventa chiara, evidente, manifesta. Non c’è niente di sacro nemmeno nel processo
di accumulazione di karma positivo e karma negativo, perché i fedeli possono
astenersi dall’agire probamente in vista di una maggiore beatitudine nella vita
successiva e rivolgersi a un “ricevitore di devozione a gettone”. È nient’altro
che una nuova forma tecnico-mistica della vecchia pratica delle indulgenze,
tramite la quale il fedele inserisce il denaro nella macchinetta (o magari fa
addirittura un abbonamento) e si garantisca l’espiazione indolore del karma
negativo e l’accumulo di elementi positivi in favore di una più conveniente
reincarnazione. La corruzione e la stagnazione che ne deriva dà chiaramente
ragione a Max Weber quando indicava nell’etica protestante il motore del
progresso sociale e scientifico della civiltà capitalista[9]:
è nell’ignorare il proprio destino dopo la morte a invogliare l’uomo credente a
comportarsi degnamente e a non cadere nella perdizione e nel lusso, ma a
gettarsi nel lavoro e nel progresso del mondo e di sé in vista della salvezza
eterna. L’Induismo rappresentato in Signore della Luce differisce dalla sua versione tradizionale non solo per l’assenza di sottigliezza mistica ma soprattutto per la supremazia che nel pantheon della Città Celeste hanno le divinità della morte. In primis Yama, il Dio della Morte appunto che è l’unico tra gli dei a non indulgere nei piaceri fisici e a non ricercare un corpo giovane per ospitare il suo atman. Primo tra gli oppositori all’Accelerazionismo di Sam, finisce per diventare il suo più fedele alleato dopo aver aperto gli occhi sulla superiorità che nei sentimenti divini ha la bramosia del potere rispetto a qualsiasi passione più elevata. Segue la dea Kali, signora della distruzione e promessa sposa a Yama, che poi sacrifica un amore mai provato per reincarnarsi in Brahma e assumere il potere nella Trimurti. Shiva, che brandisce come Attributo un tridente grazie al quale può uccidere e distruggere tutto e tutti. Vishnu, custode della tradizione e dell’ortodossia. Agni, il dio del fuoco, che può bruciare e distruggere tutto ciò che tocca. Gli altri dei sono tutti forze minori, Zelazny vuole accentuare questo aspetto di negatività, oscurantismo e anti-umanismo dell’Induismo sui generis di Signore della Luce.
[5] Arthur Cotterell, Dizionario di Mitologia,
Mondadori, 1991.
[6] Dave Bukowski, Sviluppo del personaggio e
crescita psicologica: il ‘Grande Tema’ di Roger Zelazny, in
http://www.intercom.publinet.it/Zelazny2.htm.
[7] Ibidem.
[8] Emile Durkheim, Le forme elementari della vita
religiosa, ed. Meltemi 2005.
[9] Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo, ed. Rizzoli 1991.
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