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Per
questo forse il fluire inconsapevole e non finalistico del processo terapeutico
mi fa come avvertire la presenza del sacro. Il sacro è una visione della complessa totalità, una
comprensione di autoregolazione, autoproduzione, autocorrezione,
automantenimento e autoguarigione, e fino a quando una psicoterapia propone
queste caratteristiche come segni distintivi della relazione di psicoterapia,
allora noi possiamo dire che stiamo toccando parti del sacro nel nostro lavoro
terapeutico. (Vincent Kenny) Anche il mio accostamento fra sacro e processo
psicoterapico rappresenta, sostanzialmente, un sillogismo in erba: il sacro
rifugge la consapevolezza e il finalismo / il processo psicoterapico rifugge la
consapevolezza e il finalismo / il processo psicoterapico è sacro. (Giovanni
Madonna) L’accostamento dell’idea di sacro con quella di processo psicoterapico
aiuta, in effetti, più a formulare nuove domande che non a trovare risposte. Il
cammino assomiglia più all’incerto e cauto procedere di chi avanza in un bosco
ignoto e dalla vegetazione intricata, che all’andare spedito di chi percorre
una via ampia e dritta e che punti decisa verso la meta. Ma, forse, soprattutto
in questo genere di ricerca, la meta, come ci insegna la saggezza orientale, è
nella strada che si percorre per raggiungerla. Ad ogni
modo, una delle domande riguarda lo stato mentale che può rendere possibile
l’azione non finalistica. Mio padre rifletté molto sulla natura di questo stato
mentale così particolare, e acquisì progressivamente la convinzione che era in
gioco un problema di ordine religioso (Mary Catherine Bateson). Un’altra domanda attiene alla necessità o utilità che una
psicoterapia che, almeno in parte - nella sua parte processuale - ricade nel
territorio del sacro, acquisisca o recuperi, insieme alla sacralità, una sua
dimensione rituale. Infine, l’accostamento fra psicoterapia e sacro pone la
necessità di una rivisitazione e di un rispettoso approfondimento di antiche
forme di terapia, a partire dallo sciamanesimo, in cui la cura e la pratica religiosa sono profondamente
embricate e che forse molto ha ancora da suggerire al moderno esercizio della
psicoterapia. Si tratta, infatti, di una forma di spiritualità senza
forma, senza leggi e senza templi. Si tratta di una cura fondata sull’incontro
diretto (il processo) e che lascia sottotraccia contratto e regole (non vi
risuona qualcosa di quello che abbiamo detto finora?). Una cura che “aspetta”
che i margini si ricongiungano e ricicatrizzino, nella terapeuticità naturale
della vita e dell’uomo. Il bosco sarà pure ignoto e la vegetazione intricata,
malattia e sofferenza sentieri nella foresta dove ci accade di smarrirci, ma lo
sciamano le cerca e le trova, le anime smarrite, e le riporta indietro. BIBLIOGRAFIA Bateson G., Una sacra unità, Adelphi, Milano, 1997; Bateson G. - Bateson M. C., Dove gli angeli esitano, Adelphi, Milano 1989; Coleridge S. T., La ballata del vecchio marinaio, trad. di Fenoglio B., Einaudi, Torino 1964; De Biasi R., “Il fine non perseguibile. Su Bateson e la
non – comunicazione”, in aut aut n. 251, sett. - ott. 1992; Del Castello E. - Madonna G. - La Manna M. - Bozzaotra A.,
La persona del terapeuta nel processo formativo, in Loriedo C. - Malagoli
Togliatti M. - Micheli M. (a cura di), Famiglia: continuità affetti
trasformazioni, Franco Angeli, Milano 1995; Herrigel E., Lo zen
e il tiro con l’ arco, Adelphi, Milano 1975; Madonna G., Il trucco c’è ..., in F. De Marco (a cura di) Psichiatria
magia medicina popolare, Spazi della mente, Napoli 1991; Madonna G., Il primato dell’etica, Laveglia, Salerno 1998; Napier A. Y. - Withaker C. A., Il crogiolo della famiglia,
Astrolabio, Roma 1981; Parmentola C., Prendersi cura – il soggetto psicologo e il
senso dell’Altro tra clinica e sentimento, Giuffrè Ed., Milano, 2003; Watts A., Psicoterapie Orientali ed Occidentali, Astrolabio,
Roma 1978; Kenny V., La nozione del
Sacro in Bateson, http://www.oikos.org./vincsacro.Htm, 1998.
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