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Il credente, avendo trovato, ha risolto la necessarietà
della ricerca: può quindi comodamente riservare al sacro il tempo canonico
degli appuntamenti formali che gli vengono fissati. Il non credente invece è con-dannato a starci sempre su. Il credente va a messa (forse) la domenica mattina. Il non credente è in Chiesa molto più spesso, quando non
c’è nessuno. Cerca di sentire-capire se è lì che – come gli dicono –
può trovare qualcuno che gli dia una mano nel proteggere i propri bambini,
qualcuno da ringraziare per avergli dato una mano. Solo lì nelle chiese, c’è
quel silenzio, quella concentrazione. Il silenzio della natura (della Terra) è
riprodotto nel Mondo solo nei luoghi di culto. E tutti gli incroci condivisi
Terra-Mondo sanno di sacro. Lo sanno bene gli sciamani e lo sa bene il non
credente che uscito dalla chiesa, continua a cercare Qualcuno in tutti i punti
limiti di sé ma anche in tutti i punti limiti del mondo. Nel meraviglioso film di Zanussi, Illuminazione, il
protagonista “cerca” nella filosofia, nella fisica, nella teologia... E allo stesso modo avrebbe potuto cercare nelle foreste
pluviali a nord di Cape York o sulle vie dei monasteri, a 5.000 metri sul
livello del “male” … Sciamani e terapeuti Che scandalo! S’incavoleranno i credenti, ma molto di più
i non credenti “ideologici”, offesi dall’untore, loro che col sacro non ci
vogliono avere assolutamente mai niente a che fare. Mai e niente, pura
ideologia per l’appunto. Come vedete, parlare del sacro è sempre incauto: sono
andato a violare quel comodo pragmatismo dualista che tiene il non credente
scienziato sempre lontano da certi argomenti-territori, certe ammissioni, certi
risuonamenti, certe difese forse… Ed io invece entro a gamba tesa, non scelgo di mischiarmi,
più precisamente prendo atto che lo sono, da sempre, comunque. Come ho annunciato, io vi parlo di me, della mia mischia
personale, delle chiese del mondo in cui vado a cercare la ricerca in sé, la
ricerca infinita del ricercare, pallido e assorto, 5.000 metri sopra il male.
Così ideologicamente appassionato della mischia inconcludente che pur di non
concludere mai in niente (mai e niente, pura ideologia per l’appunto) non ho
mai voluto il mio mestiere di psicoterapeuta nel dominio della riflessione
scientifica, ma piuttosto nel dominio della vita (che si guarirebbe da sola)
con tutti i suoi domini, dell’arte, se vi pare, della magia, o del sacro per
esempio… E i non
credenti scienziati ideologizzati di-da un’opposta ideologia già pronti a dare
addosso: fragilone, mistione, clinico di serie gn. Non è stato inventato ancora
un modo di parlare del sacro, nominarne il nome, senza incorrere in questi
rischi: dunque li incorrerò. Esistono intrecci fra magia da un lato,
psichiatria e psicoterapia dall’altro, e ci sono, anche in psichiatria e in
psicoterapia, magie false e magie vere. Le magie false sono quelle degli psichiatri e degli
psicoterapeuti che adoperano trucchi facendo ricorso a tecniche da applicare a
pazienti, che vengono in tal modo reificati. Le magie vere sono quelle di cui sono partecipi gli
operatori che incontrano i pazienti in rapporti terapeutici che comportano la
crescita degli uni e degli altri. Per questo, anche nell’ambito di un processo formativo,
assumere e trasmettere tecniche, non è sufficiente. È
fondamentale anche coltivare la sensibilità a sentirsi parte di un tutto, la
“disposizione” alla conoscenza per sensibilità. L’azione terapeutica non deve essere arrogante,
finalisticamente orientata a modificare il mondo fuori di sé. Come ci insegna
lo Zen, va attesa invece come un prodotto spontaneo dell’esercizio paziente e
della disciplina: non nasce dallo sforzo ma dall’assenza di sforzo. Nell’azione spontanea, agire non consiste più nel decidere
di fare qualcosa al fine di ottenere un certo scopo: l’azione diventa
l’espressione non più di ciò che si vuole, ma di ciò che si è. Proprio il non perseguire fini consapevoli
aiuta a riconoscere il carattere integrato del tutto di cui si fa parte, a
cogliere la bellezza delle relazioni, aiuta a riconoscere il sé nell’altro, e
dunque propone il territorio del sacro. La
coscienza è indesiderabile e il silenzio è d’oro, sicché la segretezza può
fungere da segno per indicare che ci stiamo avvicinando a un terreno sacro
(Bateson). Anche il
processo psicoterapico, allo stesso modo, ha natura misteriosa, inconsapevole
che non deve essere vanificata dal finalismo cosciente.
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