BUSSOLE | QDAT 63 | 2016

 


VISIONI / L’UOMO DEI SOGNI


di Phil Alden Robinson / Terminal Video, 2016


 

Il baseball visto in campo lungo


di Andrea Sanseverino

 

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“Ho seguito il baseball fin da quando Arnold Rothstein truccò il campionato del ’19”, confida Hyman Roth (Lee Strasberg) a Michael Corleone (Al Pacino) appena giunto a Miami per un incontro ne Il padrino – Parte II (1974). A cosa fa riferimento l’anziano boss? Si tratta dello scandalo che coinvolse otto giocatori dei Chicago White Sox, rei di aver truccato le partite della World Series di quell’anno, vale a dire la serie delle partite che contrappongono le vincitrici delle due leghe (la National League e l’American League) in cui è divisa la Major League Baseball. È uno degli eventi più seguiti dagli sportivi e, ovviamente, dai media, così come molto clamore suscitò quel brutto episodio, consegnato alla storia come “Scandalo Black Sox”. Il ricordo è così vivo negli anni che finì per ispirare anche la fantasia di uno scrittore canadese, William Patrick Kinsella, autore del racconto Shoeless Joe, ovvero “Shoeless” Joe Jackson, il più noto dei giocatori convolti e del quale mai fu provato un atteggiamento favorevole a un accomodamento, nonostante avesse dato il suo assenso ai loschi piani degli scommettitori. Da quelle pagine nasce la sceneggiatura di Phil Alden Robinson de L’uomo dei sogni, da lui stesso diretto e uscito nelle sale nel 1989, con Kevin Costner nel ruolo del protagonista. Solo un anno prima veniva proiettato sul grande schermo Otto uomini fuori, scritto e diretto da John Sayles, che raccontava tutta la storia di quelle partite (ridimensionando il ruolo di Arnold Rothstein come mente della combine), del processo penale che vide assolti gli otto giocatori imputati, ma comunque squalificati a vita dal giudice chiamato a risollevare l’immagine della massima lega di baseball in Nord America: una severa condanna comminata in quel lontano 1919, l’anno di inizio del proibizionismo, frutto di pressanti campagne moralizzatrici che da tempo attraversavano il Paese.
La pellicola di Robinson è tuttavia un fantasy. Ray Kinsella (l’autore del libro ha dato il proprio cognome al protagonista) cresce orfano di madre e con un rapporto non idilliaco col padre John, in gioventù giocatore nelle serie minori e grande fan di Joe Jackson. Sposato con una ragazza (Amy Madigan) conosciuta durante gli studi, non proprio brillanti, complice il clima di contestazione degli anni Sessanta, va a vivere con lei nell’Iowa, dove i due gestiscono una fattoria e tirano su una bambina. Tutto questo è narrato attraverso delle foto, mentre il racconto per immagini in movimento comincia quando Ray inizia a sentire una voce che lo sollecita a costruire un campo da gioco per favorire il misterioso ritorno di qualcuno. Ray associa quella volontà al ritorno di Joe Jackson detto “Shoeless”, ossia scalzo, per un episodio accaduto durante una partita, come rivela a sua figlia, elemento narratorio che illustra la parabola discendente del fuoriclasse anche allo spettatore più ignaro in merito. Il rapporto tra Ray e la piccola Karin evidenzia, inoltre, un incolmabile vuoto: soggiace alla storia de L’uomo dei sogni un conflittuale rapporto padre-figlio, incrinato proprio da diverbi di poca sostanza sul baseball e i suoi campioni, nonostante siano stati tali argomenti tra i più formidabili collanti intergenerazionali nella società nordamericana. Basti ricordare le scene di una corale commedia agrodolce come Parenti, amici e tanti guai (1989) di Ron Howard, nelle quali un padre (Steve Martin), allenatore della squadra dei ragazzini del quartiere, tenta di risolvere i problemi emotivi del figlio concedendogli, con alterne fortune, chance importanti sul campo di gioco.
Tornando al film, Ray, deriso dai suoi concittadini, agli occhi dei quali è un po’ come un patriarca biblico che erige un’arca sulla terra, costruisce il campo sacrificando gran parte del raccolto, suscitando così forti contrasti da parte dei familiari della moglie. Un giorno, tuttavia, Joe Jackson compare, con il volto di Ray Liotta, in mezzo al campo, nonostante fosse morto nel 1951. Non solo. “Siamo in otto”, afferma, chiedendo a Ray il permesso di portare gli altri con sé. Quegli otto fantasmi sono i ragazzi dello scandalo Black Sox. Le voci, intanto, orientano e, allo stesso tempo, disorientano il protagonista: è Jackson il vero o, almeno, l’unico beneficiario dell’impresa? Nel mentre Ray incrocia il suo destino con altri due personaggi. Il primo è fittizio: si tratta di Terence Mann (James Earl Jones), uno scrittore afroamericano amato e acclamato negli anni Sessanta, un pacifista il cui entusiasmo era stato spezzato dai due omicidi che avevano caratterizzato il 1968 degli Stati Uniti d’America, quelli di Martin Luther King e di Robert Kennedy, e dall’elezione di Richard Nixon alle elezioni presidenziali di quell’anno e dal suo bis alla Casa Bianca nel 1972. Deluso e sconfitto, non solo si era ritirato da ogni impegno pubblico, ma aveva rinunciato anche a pubblicare libri, un po’ come in quegli stessi anni fece J.D. Salinger, ricordando che in Shoeless Joe la fantasia di William Patrick Kinsella faceva incontrare Ray proprio con l’autore de Il giovane Holden. Il secondo è Archibald Wright "Moonlight" Graham (Burt Lancaster da vecchio, Frank Whaley da giovane), persona realmente esistita, che giocò un solo inning tra i professionisti e che passo il resto della vita a curare ammalati e ad alimentare una incurabile nostalgia per la chance svanita sul nascere.
Quanto alla carriera del protagonista, prolifico è stato il suo rapporto sul grande schermo con il baseball, sport praticato, insieme al basket, negli anni della scuola, e che è al centro anche di Bull Durham – Un gioco a tre mani, film scritto e diretto da Ron Shelton e distribuito nel 1988, un anno prima de L’uomo dei sogni: Costner interpreta un giocatore ormai a fine carriera, ingaggiato, più che per le sue capacità, per la sua esperienza, necessaria soprattutto per correggere le intemperanze di un asso emergente (Tim Robbins), con il quale, tra l’altro, divide i favori di una bella donna (Susan Sarandon), esperta conoscitrice tanto in fatto di baseball che di eros. Dopo queste due pellicole, l’accostamento di Costner con il baseball è così popolare che, nel 1989, per l’uscita in videocassetta negli Stati Uniti di Chasing Dreams, film dei primi anni Ottanta, la distribuzione propose una locandina ingannevole incentrata su Costner vestito da giocatore, nonostante l’attore apparisse per soli 82 secondi in un ruolo marginale, quello del fratello maggiore di un talento che passa tra i professionisti (cfr. Emiliani, 1997). Si direbbe, in effetti, una sorta di passaggio obbligato dell’attore nel percorso verso la consacrazione hollywoodiana, dati i precedenti di molte star nel mondo della mazza e del guantone. Basti pensare a due nomi ai quali Costner è stato spesso accostato da parte di una certa critica, vale a dire Gary Cooper e James Stewart: il primo interpretò L’idolo delle folle (1942), diretto da Sam Wood, che narra l’intensa quanto triste vita di Lou Gehrig, uno dei fuoriclasse più amati di sempre; il secondo, ne Il ritorno del campione (1949), sempre di Wood, vestì i panni di un altro giocatore realmente vissuto, Monty Stratton, un battitore che nonostante avesse perduto una gamba continuò a giocare proprio con i Chicago White Sox negli anni Trenta. Tra i grandi non vanno dimenticati Robert Redford ne Il migliore (1984), tratto dal primo romanzo di Bernard Malamud, il cui protagonista tenta inizialmente un provino con l’altra franchigia di Chicago, i Cubs, né le performance a bordo campo di due allenatori d’eccezione come Walter Matthau e Tony Curtis alle prese con una sgangherata squadra di ragazzini in, rispettivamente, Che botte se incontri gli “Orsi” e Gli Orsi vanno in Giappone (cfr. Silvestri, 1998). Poco frequentato dagli italiani, che lo hanno associato negli anni alle questioni sentimentali di Joe Di Maggio o alle stravaganze di Nando Mericoni, uno dei più indelebili personaggi di Alberto Sordi nella memoria cinematografica nazionale, questo del baseball è comunque uno strano gioco, sport sì di squadra, ma che, di fatto, vede un solo uomo (il battitore) contro i nove disposti in campo dal team avversario: quale esemplificazione più avvincente per veicolare il mito del self-made man attraverso le generazioni di tanti appassionati e ad uso sia dei probi che dei criminali più efferati, sebbene anche Al Capone (Robert De Niro), prima di colpire a morte con la mazza da baseball uno dei suoi nella sequenza più raccapricciante di The Untouchables – Gli intoccabili (1987), ricorda che “battono per se stessi i grandi campioni che applaudiamo allo stadio [ma] non arriverò a niente se la mia squadra poi non vince”. Nell’altra squadra, però, giocava Costner, nei panni dell'agente del Tesoro Eliot Ness che sfidò l’arroganza del boss.

 


 

LETTURE

— Simone Emiliani (a cura di), Kevin Costner. I mondi imperfetti di un eroe per caso, Stefano Sorbini Editore, Roma, 1997.
— William Patrick Kinsella, Shoeless Joe, 66th and 2nd, Roma, 2009.
— Bernard Malamud, Il migliore, Minimun Fax, Roma, 2006.
— J.D. Salinger, Il giovane Holden, Einaudi, Torino, 2014.
— Silvana Silvestri, Kevin Costner, Gremese Editore, Roma, 1998.

 


 

VISIONI

— John Barry, Gli Orsi vanno in Giappone, Universal Pictures, 2003 (home video).
Therese Conte, Sean Roche, Chasing Dreams, Prism Video, 1989 (home video).
Francis Ford Coppola, Il padrino – Parte II, Universal Pictures, 2011 (home video).
Brian De Palma, The Untouchables – Gli intoccabili, Universal Pictures, 2011 (home video).
Ron Howard, Parenti amici e tanti guai, Universal Pictures, 2012 (home video).
Barry Levinson, Il migliore, Sony Pictures, 2001 (home video).
Michael Ritchie, Che botte se incontri gli “Orsi”, Paramount Pictures, 1976.
John Sayles, Otto uomini fuori, Cecchi Gori Group, 2009 (home video).
Ron Shelton, Bull Durham – Un gioco a tre mani, Cecchi Gori Edition, 2006 (home video).
Steno, Un americano a Roma, Ripley'S Home Video, 2010 (home video).
Sam Wood, Il ritorno del campione, A & R Productions, 2015 (home video).
Sam Wood, L’idolo delle folle, A & R Productions, 2014 (home video).