MAPPE | NAPOLEONE, UN SOVRANO DELLA FICTION | QDAT 61 | 2016
Il 18 aprile scorso un evento eccezionale ha scosso la placida
routine della remota isola di Sant’Elena: un Boeing 737-800
della British Airways ha effettuato un atterraggio di prova, diventando
il primo aereo di linea a raggiungere uno dei posti più
isolati al mondo. Da qualche anno l’amministrazione di
Sant’Elena, territorio britannico d’oltremare, si
è impegnata in un’impresa ai limiti
dell’impossibile, ossia dotare l’isola di un
proprio aeroporto. A tutt’oggi l’unico modo per
raggiungerla è con una nave che parte da Città
del Capo e impiega cinque giorni di navigazione; in alternativa si
può raggiungere con qualche bastimento privato la vicina
isola di Ascension (distante circa 1.300 chilometri), dove si trova un
aeroporto che effettua settimanalmente un volo per Londra. Non ci
sarebbe nessuna necessità di costruire un aeroporto in
quest’isola di poco più di 4.000 abitanti se non
fosse che sull’altipiano di Longwood, al centro
dell’isola, si erge l’edificio che per sei anni,
dal 1815 al 1821, ospitò Napoleone Bonaparte, lì
esiliato per volontà del governo inglese dopo la sconfitta a
Waterloo.
Meta turistica già
all’epoca del suo esilio – numerosi viaggiatori
inglesi si fermavano appositamente a Sant’Elena per
incontrarlo, finché Napoleone non si stufò di
riceverli – oggi Longwood House intende aprirsi finalmente
all’era del turismo di massa. Per l’occasione,
oltre al costoso e complesso progetto per la costruzione
dell’aeroporto, che aprirà i battenti entro
l’anno, una campagna di crowdfunding diretta
dall’Institut Napoléon di Parigi ha permesso il
restauro della residenza, da tempo in pessimo stato di conservazione, e
del mobilio d’epoca. Prima di tornare a Sant’Elena,
proprio il mobilio di Longwood House è esposto in questi
mesi a Parigi, al Museo dell’Armée, in una grande
mostra intitolata Napoléon à
Sainte-Hélène: la conquête de la
mémoire. È solo una delle tantissime
iniziative che stanno scandendo i lunghi anni del bicentenario
napoleonico, iniziato nel 1969 e destinato a concludersi nel 2021,
quando – il 5 maggio – si celebreranno i duecento
anni dalla morte “dell’uom fatale”, per
dirla con Alessandro Manzoni. Lui, Napoleone, non si meraviglierebbe
affatto di una tale longevità del suo mito: proprio a
Sant’Elena, commentando la sua sconfitta a Waterloo, aveva
predetto: “La memoria del vinto sopravvivrà alla
sua distruzione; quella del vincitore resterà forse
seppellita nel suo stesso trionfo” (Las Cases, 2004).
Lo avranno pensato anche i circa 60mila spettatori che il 18
giugno 2015, in occasione del bicentenario della battaglia par
excellence, hanno acquistato il loro biglietto per assistere,
sul campo di Waterloo, alla ricostruzione degli scontri avvenuti
duecento anni prima. Le battaglie napoleoniche da sempre sono le
preferite degli esperti di rievocazioni di battaglie storiche,
così come dei giocatori di board wargames,
i giochi da tavolo a tema bellico, soprattutto per la bellezza delle
uniformi, sia da indossare, nel caso di ricostruzioni dal vivo, sia da
dipingere sulle miniature da tavolo. Le rievocazioni storiche degli
eventi napoleonici sono una moda da lungo tempo consolidata in Italia,
dove tutti i piccoli centri che hanno avuto il
“privilegio” di legare, anche solo per un giorno,
la loro storia con quello che Georg W. F. Hegel definì,
vedendolo entrare a Jena, “lo spirito del mondo a
cavallo”, non si fanno sfuggire l’occasione di
ricordare annualmente lo storico evento: Porcia, Camolli, Loano, Bard,
Porto Nuovo, Cairo Montenotte, Cherasco, Cosseria, ma anche la
più celebre Marengo, più o meno ogni anno
attirano folle di turisti in occasione delle rievocazioni delle
battaglie napoleoniche.
Portoferraio,
sull’isola d’Elba, non manca mai di mettere
annualmente in scena la sfilata in costume d’epoca per
rievocare l’arrivo dell’Imperatore in
quell’esilio breve ma destinato a cambiare per sempre la
storia dell’isola. A Waterloo, sede ogni anno di una
grandissima rievocazione, nel 2015 si è andati oltre,
coinvolgendo la bellezza di 6.200 figuranti, 330 cavalli e 120 cannoni,
per rendere quanto più possibile fedele
all’originale la rievocazione del bicentenario, trasformata
in un evento quasi hollywoodiano, con tanto di trailer e casting per la
scelta dei ruoli dei protagonisti (Blücher, Wellington, e
naturalmente “Lui”).
Waterloo 2015, la rievocazione dal vivo della battaglia di Waterloo realizzata l'anno scorso per il bicentenario. |
Insomma, per dirla con il principe Carlo Napoleone, attuale
capo della “famiglia imperiale” dei Bonaparte,
“Napoleone è un prodotto che vende”
(cit. in Schofield, 2012). Talmente bene che c’è
chi ne ha tratto le dovute conclusioni: dato il successo delle
rievocazioni storiche, perché non compiere il passo
successivo e trasformare Napoleone in attrazione turistica di un vero e
proprio parco a tema? L’idea non è così
folle come potrebbe apparire a prima vista. Certo,
“Napoleonland” suona un po’ troppo simile
a “Disneyland”, e mettere Napoleone a paragone con
Mickey Mouse può sembrare un tantino esagerato. Ma in
Francia esiste già un parco a tema dedicato ad Asterix, eroe
crossmediale e nazionale per eccellenza, e un altro di taglio
più storico, Le Puy du Fou, che ricostruisce la vita della
popolazione della Vandea e il terribile conflitto che
insanguinò la Francia rivoluzionaria, in grado di attirare
annualmente un milione e mezzo di visitatori. Pochi, fuori dai confini
francesi, possono essere interessati ad approfondire il caso vandeano;
ma Napoleone è tutta un’altra storia. Alla sua
epopea sono già dedicati centinaia di musei in tutto il
mondo: 64 in Francia, 33 in Italia (dalle residenze
dell’isola d’Elba al Museo napoleonico di Roma,
passando per Arcole, Marengo, Millesimo), 18 in Germania e Polonia, 15
in Belgio. Ce n’è uno frequentatissimo anche a
Cuba, l’ultimo posto sul pianeta dove si potrebbe immaginare
di imbattersi in cimeli napoleonici. Insomma, il richiamo turistico
c’è, ed è noto che ormai i musei non
bastano più: l’esperienza hands-on
applicata nei musei scientifici, trasformati in “science
centre” a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso,
comincia ad appassionare anche i più tradizionali esperti di
museografia storica. La “disneylandizzazione”
imperante è destinata quindi a colpire anche
Napoleone?
Il progetto è stato avanzato
nel 2012 dal sindaco di Montereau, cittadina 90 chilometri a sud-est di
Parigi, che ogni anno ospita una nota rievocazione storica della
battaglia combattuta dall’Imperatore nel 1814 durante la
disperata campagna di Francia. I piani prevedono, come per Disneyland,
la creazione di aree tematiche che simulano diversi scenari
dell’epopea napoleonica: quello rivoluzionario, con la
ricostruzione della Bastiglia e del palazzo delle Tuileries (distrutto
dai comunardi nel 1871) e la rievocazione dell’esecuzione di
Luigi XVI; lo scenario continentale, ricostruendo i paesaggi delle Alpi
e le alture di Pratzen, dove si consuma la grande battaglia Austerlitz;
un’enorme piscina per simulare la battaglia di Trafalgar, un
finto deserto con tanto di Piramidi per ricostruire la campagna
d’Egitto, un gelido paesaggio innevato per la disastrosa
ritirata di Russia. Non può mancare, naturalmente, anche
Waterloo. Un progetto del genere, assicurano i suoi ideatori, dovrebbe
attirare circa tre milioni di visitatori l’anno, e dare
lavoro a 1.000-2.000 persone. Ma al momento i cantieri non sono ancora
partiti. Semmai “Napoleonland” aprirà i
battenti al suo pubblico, certamente, come in ogni parco a tema che si
rispetti, non gli mancherà il merchandising da offrire
all’interno dei suoi store.
Fin da quando
era ancora vivo, Napoleone è entrato nel mondo variegato
dell’oggettistica, prestando il suo volto o le sue gesta a
servizi di piatti, tazze, fodere, tabacchiere, posacenere, abat-jour,
fermalibri e chi più ne ha più ne metta.
Tantissime ne possiede, per esempio, Patrizia Boldoni, bon
vivant dell’alta borghesia napoletana e animatrice
di salotti culturali, la cui passione sfrenata per il collezionismo di
oggettistica napoleonica l’ha portata, anni fa, a realizzarne
anche una mostra con tanto di catalogo (Storia di una
raccolta. Napoleone e una napoletana): sfogliandolo, si resta
sbalorditi da quante variazioni sul tema napoleonico sono state
elaborate nel corso dei decenni, per consentire, lo capisce acutamente
il filosofo Biagio de Giovanni, che “lo spirito del mondo a
cavallo entri in una casa borghese” (De Giovanni, 2010).
Immagini tratte dal catalogo della mostra Storia di una raccolta. Napoleone e una napoletana, 9-19 settembre 2010, Castel dell'Ovo, Napoli.
© arte'm 2010. Collezione privata di Patrizia Boldoni. |
Il collezionismo napoleonico non sarebbe possibile, d’altronde, se non ci fossero legioni di persone, anche del tutto a digiuno di storia francese, desiderosi di portare a casa, dopo una visita turistica agli Invalides, alla Malmaison, al Louvre o ai musei dell’Elba, un piccolo pezzo di Lui. È un modo per riviverne in piccolo, nel micromondo quotidiano delle nostre vite, in scala rispetto all’epopea del gigante, le gesta, come nota Luigi Mascilli Migliorini: “La scala, forse, delle avventure vissute e di quelle progettate non è la stessa. Tra le battaglie che portano i nomi gloriosi di Rivoli o di Wagram e quelle, anonime, che scandiscono le ore quotidiane del collezionista (come in fondo di ciascuno di noi) la distanza è grande. Ma si tratta pur sempre di combattimenti autenticamente vissuti e, soprattutto, confusi – come ancora Stendhal ci racconta con gli occhi di Fabrizio Del Dongo che guarda Waterloo – in cerca di un senso che provvisoriamente proviamo a dare alle nostre esistenze, che lo storico stabilisce con l’autorità dubbiosa di chi viene dopo, che il collezionista sperimenta ammucchiando e distribuendo gli oggetti preziosi del suo desiderio” (Mascilli Migliorini, 2010).
Nella collezione di Patrizia Boldoni c’è
spazio anche per una miniatura della maschera mortuaria di Napoleone,
realizzata dal suo ultimo medico, Francesco Antonmarchi, a
Sant’Elena. Un pezzo che ha goduto, e gode ancora, di una sua
vita proprio nel mondo del collezionismo, al punto da poter essere
individuato come antesignano di tutto il merchandising
napoleonico.
Quando lo scaltro medico italiano
realizzò infatti il calco del volto
dell’Imperatore appena deceduto – usanza, questa,
tipica dell’epoca – intuì immediatamente
la possibilità di ottenerci dei soldi: realizzò
una serie di copie dall’originale, che vendette alla madre di
Napoleone, Letizia Ramolino, in esilio a Roma, e tentò senza
successo di vendere anche alla seconda moglie, Luisa, divenuta duchessa
di Parma, la quale però aveva già dimenticato il
suo vecchio marito, per cui non se ne fece niente. Poi, dopo la
rivoluzione di Luglio e la fine del regime borbonico, nel 1830,
lanciò una campagna di sottoscrizione rivolta a tutti i
nostalgici dell’Impero, per acquistare a caro prezzo una
copia in bronzo o in gesso della maschera mortuaria; su tutte le copie
fece anche imprimere un sigillo di garanzia, per scoraggiare il mercato
del falso.
Oggi queste maschere sono esposte in
numerosi musei (molti dei quali affermano, senza fondamento, di
ospitare la “vera” maschera funebre di Napoleone) o
in collezioni private, e spuntano ancora fuori di tanto in tanto:
l’ultima a Napoli, nel 2014, è finita esposta il 5
maggio 2015 all’Institut Français cittadino,
anch’essa spacciata come probabile calco originale.
È questo, dopo tutto, il modo in cui la società postmoderna può reinterpretare il mito napoleonico, già riletto e rivissuto da numerose generazioni precedenti, a scopo politico, storico o letterario. Oggi Napoleone, trasformato in icona, rivive all’interno di una narrazione inevitabilmente transmediale, che testimonia tuttavia la sua ottima salute, nonostante il passare dei secoli. Dopo aver invaso l’arte pittorica, la letteratura, la musica e successivamente la cinematografia, irrompe nel XXI secolo dimostrandosi in grado di adeguarsi ai codici dell’epoca contemporanea: la sua epopea può trasformarsi in parco a tema, in videogame, in graphic novel. Già a Sant’Elena, Napoleone tornò continuamente sulle sue battaglie, in particolare su Waterloo, cercando di ricostruirne le dinamiche attraverso la simulazione sulle sue grandi e dettagliatissime carte topografiche, per immaginarne un esito diverso. Oggi questo sogno si realizza all’interno dei mondi virtuali dei videogame. Evoluzione naturale: dopo aver ispirato sterminate collezioni di miniature e poi giochi da tavolo militari, le guerre napoleoniche non potevano non trovare spazio nel vasto settore di videogiochi strategici.
I primi titoli degli albori, come Austerlitz
e Waterloo, entrambi rilasciati nel 1989 per le
consolle Atari e Amiga, erano accompagnati da ponderosi manuali utente
che, oltre a spiegare la farraginosa dinamica di gioco, ricostruivano
minuziosamente le vicende belliche e permettevano al giocatore a
digiuno di storia militare napoleonica di familiarizzare con
reggimenti, brigate, cavalleria, fanteria, artiglieria. I comandi di
manovra venivano scambiati tra il computer e l’utente
attraverso box di testo, come se fosse Napoleone in persona a dettare
gli ordini.
Negli anni successivi, la grafica 3D e
lo straordinario aumento di complessità dei motori di gioco
ha trasformato queste simulazioni videoludiche in esperienze di
straordinario realismo: per vincere la guerra bisogna tenere conto di
fattori come l’esaurimento delle scorte di viveri, la
diffusione di epidemie, il morale, il clima, il terreno e molto altro
ancora.
In Cossacks II: Napoleonic Wars
(2005), secondo titolo di una trilogia di videogiochi ambientati
nell’Europa dell’età moderna, il
giocatore può arrivare a controllare fino a 64.000 soldati
alla volta. In titoli come Imperial Glory (2006) o
nella serie Europa Universalis (2000-2013), alle
vicende militari si affiancano quelle diplomatiche: la conquista
dell’Europa richiede complessi negoziati per stringere
alleanze militari, sottomettere nazioni al rango di vassalli o
annetterle direttamente, ottenere vantaggi commerciali nelle borse
europee e amministrare le colonie d’oltremare.
Paradox Entertainment, produttore della fortunata serie di Europa
Universalis, ha poi rilasciato nel 2013 un titolo dedicato
esclusivamente al periodo napoleonico (laddove i titoli precedenti
permettevano al giocatore di assumere il controllo di una nazione dal
1492 fino al 1815): March of the Eagles, che
già dal titolo recepisce una delle componenti più
iconiche del mito napoleonico, quella delle aquile imperiali (perdere
una delle aquile dorate che ciascun reggimento portava con
sé in battaglia era considerato un enorme disonore, e
moltissimi soldati preferivano dare la vita pur di “difendere
le aquile”), ricostruisce non solo le tattiche militari, ma
anche le abitudini diplomatiche dell’Impero napoleonico,
dalla possibilità di imporre tributi alle nazioni occupate
alla singolare scelta dei programmatori di non rendere obbligatorio,
come nella serie Europa Universalis,
l’esistenza di un casus belli per
dichiarare guerra a un’altra nazione: è noto
infatti che Napoleone non ne avesse poi molto bisogno.
Il
gioco probabilmente più strettamente legato al mito
napoleonico resta Napoleon: Total War (2010),
anch’esso parte di una serie (Total War):
una serie di campagne permettono di seguire la carriera di Napoleone
dalla campagna d’Italia fino a Waterloo, gestendo fino a
80.000 unità contemporaneamente, ma mettendo in scena anche
una grafica dettagliatissima fin nei particolari delle uniformi dei
soldati o dei vascelli da guerra. Il giocatore può inoltre
scegliere di combattere una specifica battaglia tra quelle
più famose, ricostruite minuziosamente nei particolari
topografici. Non mancano video-animazioni tra un livello e
l’altro, in cui il protagonista ovviamente è lo
stesso Napoleone, e una colonna sonora realizzata appositamente.
Videogiochi napoleonici |
Un altro modo di raccontare le gesta napoleoniche alle nuove
generazioni è attraverso il fumetto, la nona arte che oggi
preferisce usare, per descrivere i suoi prodotti, il termine graphic
novel. D’altronde, quando si rivolgono al racconto
di vicende storiche, questi “romanzi grafici”
diventano spesso autentici capolavori, in grado di rivaleggiare persino
con il cinema.
La trilogia Napoléon
pubblicata in Francia dall’editore Fayard (e che a breve
sarà portata in Italia da Mondadori nella sua pregevole
collana Historica), si avvale della consulenza
storica di Jean Tulard, il più eminente storico francese
dell’Imperatore, e dei superbi disegni
dell’italiano Fabrizio Fiorentino, dal tratto elegante e
pulito. Non è certamente un caso che proprio a lui,
già disegnatore di numerosi supereroi Marvel, sia toccato il
compito di raccontare “a matita” la vita
leggendaria di Napoleone, supereroe ante litteram.
E la scelta di dividere il racconto in tre grandi volumi rispecchia la
moda cinematografica delle trilogie. Nulla è più
“cinematografico” da disegnare delle battaglie
napoleoniche: l’illustratore può sbizzarrirsi in
“riprese” a volo d’uccello o approfondire
un duello corpo a corpo, tratteggiare nel dettaglio le uniformi
d’epoca e il movimento concitato della cavalleria.
Così avviene, tra le altre, in due splendide operazioni
pubblicate in Italia nella collana Historica della
Mondadori: la prima riguarda la serie di quattro episodi Memorie
della Grande Armata, sceneggiata dal belga Michel Dufranne e
disegnata dal serbo Alexis Alexander, in cui, per esplicita scelta
degli autori, Napoleone non compare mai, ma viene solo accennato di
tanto in tanto nei discorsi dei soldati, veri protagonisti della
storia.
La graphic novel si concentra infatti
sulla violenza e sulla brutalità della guerra, dove i
concetti di onore e gloria cari alla retorica napoleonica lasciano
spazio al più bestiale istinto di sopravvivenza.
La
seconda è la trasposizione in fumetto del romanzo di Patrick
Rambaud La battaglia, ricostruzione del
violentissimo scontro di Essling durante la campagna del 1809
conclusasi a Wagram, disegnata dal tratto concitato ma dettagliatissimo
dello spagnolo Iván Gil e dai sontuosi colori di Albertine
Ralenti, “un mondo grafico che richiama consapevolmente gli
stili compositivi e il gusto visivo della pittura romantica
ottocentesca, da Delacroix a Gericault, sia pure rivisitata e tradotta
nella moderna sensibilità dei comics, ad esempio nelle
formidabili splash-pages delle panoramiche aeree
sul campo di battaglia” (Brancato, 2014). Qui il personaggio
di Napoleone giganteggia ma si fonde perfettamente con i suoi soldati,
enfatizzando il rapporto quasi magico tra l’Imperatore e i
suoi uomini, ma anche gli eccessi cinici del potere, che spingono
Napoleone a decisioni capaci di costare la vita a migliaia di
soldati.
Tavole originali del fumetto Napoléon del disegnatore napoletano Fabrizio Fiorentino dalla mostra Napoléon a Palazzo svoltasi al Palazzo Reale di Napoli.
La mostra è stata allestita dalla Scuola Internazionale di Comics di Napoli, nell'ambito di ComiconOff, lo spin off del Salone del Fumetto Napoli Comicon. Il fumetto, edito dall'editore francese Glenat, è composto da 250 tavole a colori, suddiviso in tre volumi. |
Sono toni ben diversi da quelli con cui il
fumetto d’intrattenimento più popolare e destinato
ai giovani lettori immagina il personaggio Napoleone.
Nelle
storie Disney si insiste, come ovvio, nei tratti caricaturali: quando
Topolino e Pippo vengono mandati indietro nel tempo dalla macchina del
tempo dei professori Marlin e Zapotec in Topolino e il
segreto di Napoleone (1985), l’obiettivo
è scoprire perché l’Imperatore tenesse
sempre una mano sotto la sua divisa; nel successivo Topolino
e il pollo alla Marengo (1989) la missione ha lo scopo di
capire in che modo la nota ricetta abbia avuto un ruolo nella battaglia
con cui Napoleone riprese, nel 1800, il controllo
dell’Italia. In entrambi i casi i disegnatori
(rispettivamente Massimo De Vita e Giampiero Ubezio) ritraggono un
Napoleone molto basso, frutto di una leggenda metropolitana da tempo
smentita, costantemente impegnato a discutere di manovre militari con i
generali del suo stato maggiore, ma non esente da piccoli peccati
veniali, come la passione per la buona cucina o l’ossessione
di pettinare di nascosto i suoi radi capelli.
La breve apparizione di Napoleone nella parodia Guerra
e pace (1986) di Giovan Battista Carpi vede
l’Imperatore confrontarsi con lo zar Alessandro a colpi di
cannone in miniatura, mentre i due sovrani si scambiano vicendevoli
accuse con gli stessi toni con cui, negli anni in cui appare la storia,
Reagan e Gorbacev duellavano a distanza sui missili balistici. Essendo
storie italiane, Napoleone vi appare come un personaggio
sostanzialmente positivo, fatte salve le sue idiosincrasie; nel cartoon
della serie della Warner Bros. Merry Melodies che
ha per protagonista Bugs Bunny, Napoleone Bunny-Parte
(1956), l’Imperatore, basso e iracondo, assomiglia invece
molto più a un dittatore sanguinario sempre pronto a
giustiziare i suoi nemici con la ghigliottina, e probabilmente risente
dell’anglofobia nei confronti di Napoleone ampiamente
ereditata dagli americani.
Fin da bambini, insomma, e per
tutta la vita, continuiamo a imbatterci, volenti o nolenti, nelle
migliaia di immagini riflesse dell’uomo e del suo
mito.
Qualcuno ha cercato di trarne lezioni di vita: è il caso delle Lezioni napoleoniche di Guglielmo Ferrero (“sulla natura degli uomini, le tecniche del buon governo e l’arte di gestire le sconfitte”), o di Napoleone il comunicatore di Roberto Race, brillante rilettura dell’epopea napoleonica dal punto di vista del marketing e della comunicazione, da cui recentemente sono stati tratti incontri con manager e imprenditori che aspirano a impadronirsi del segreto dell’uomo di successo per eccellenza. E d’altronde ne hanno bisogno. Nel 2008 un rampollo confindustriale, Luca Luciani, pagatissimo manager di Telecom Italia, cercò di infondere grinta e leadership ai tanti commerciali riuniti per un mega-meeting motivazionale. Per farlo, spiegò loro in che modo Napoleone fece della “vittoria” di Waterloo “il suo capolavoro”. Gaffe mondiale. Lo trasferirono in Brasile, ma pare che nemmeno lì riuscì a mettere a frutto le lezioni napoleoniche, evidentemente studiate male, tanto da essere costretto a dimettersi. Però un successo l’ha ottenuto: associare inesorabilmente il suo nome a quello di Napoleone nelle ricerche su Google, e quindi garantendosi un piccolo spicchio di immortalità.
Napoleone tra fumetto, illustrazione e cinema d'animazione. |
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