Illustrare il rumore | |
di Adolfo Fattori | |
Il corso delle cose
è sinuoso Le nostre vite sono
percorse sotterraneamente da compiti già assegnati. Le
coincidenze non esistono.
James G. Ballard … l’immenso discorso
del pazzo, che diventa rumore…
Michel Foucault Amo questo alieno (…) Perché mostra parte della mia natura e
me la fa odiare. Antonio “A.” Fabozzi L’eredita
naturale di chiunque sia capace di una vita spirituale è una foresta
inestricabile, dove il lupo ulula, e stride l’osceno
uccello della notte.
Henry James
Sr. Andai, per la prima – e l’ultima volta finora – a vedere
dal vivo il Graffito di Nannetti in un fine settimana
del settembre del 1994, approfittando di una serie di congiunture favorevoli. Ne avevo sentito parlare. L’avevo
visto in un filmato amatoriale, grezzo e sistematico. Una “mappatura” vera e propria, che aveva realizzato una studentessa
napoletana di Sociologia per la sua tesi di laurea.[1] Ma nulla mi aveva preparato all’impatto che ebbi. Ricordo che dissi fra me e me: Questo dev’essere l’effetto che fa la visione di un’opera d’arte
che
si è da sempre desiderato di vedere. Perché il Graffito – allora ancora quasi
integro – è immenso, sconfinato. Certo, le “pagine” di cui è composto lo definiscono e lo
racchiudono, così come le mura esterne del padiglione del manicomio che ospitano questo “libro di pietra”. Il paragone che viene subito alla mente è con il flusso
comunicativo attivato dai mezzi di comunicazione di massa: prima la radio, poi
la televisione matura – quest’ultima Nannetti poteva conoscerla solo vagamente, peraltro – poi
Perché Nannetti – attraverso il
suo alter ego Nanof:
Ingegnere Minerario Astrale, Maresciallo di Francia e quant’altro, ma per noi prima di tutto viaggiatore nei
tempi e negli spazi interni ed esterni – è completamente dentro la dinamica e
le forme dell’immaginario tecnologico del XX secolo. Con un occhio
particolarmente attento ai mezzi di comunicazione: di uomini
e di sensi. Pure, il Graffito non è facile da leggere e da decifrare,
anche aiutandosi con le cartoline che Nanof scriveva a vari destinatari (quanto immaginari?), e che
affidava ad un sistema postale immateriale, ma che qualcuno fortunatamente ha
raccolto e conservato. Da una delle quali ricaviamo una possibile chiave
interpretativa delle intenzioni del nostro esploratore: Ti mando delle notizie che nel sistema telepatico mi sono arrivate, che
vi paion strane, ma che sono vere.
[1] Titti
Monopoli, Figlio della pietra e della
carne: storia di un libro di pietra, Università Federico II, Facoltà di
Sociologia, Tesi di Laurea in Storia del giornalismo, 1996.
[2] M. Trafeli (a cura di), N.O.F. 4 Il libro della vita, Pacini, Pisa, 1985.
[3] Cfr. http://quadernisf.altervista.org/numero5/indexviaggio.htm
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(1) [2] |