Xenakis, l'uomo stocastico |
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di Andrea Arcella |
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L'affermazione di un'identità collettiva è sicuramente uno
degli argomenti più interessanti nell'analisi di un testo musicale. Riprodurre
in serie[1]
frammenti di temi per annullarne l'individualità in una narrazione collettiva,
ove non sia più riconoscibile l'apporto dei singoli, è un'idea basilare per pratiche musicali assai diverse. L'immaginario
cyberpunk
è sicuramente un esempio lampante di come abbia costantemente luogo la trascendenza
del singolo (sia esso il personaggio di un film o un frammento di sample sonoro) verso un'entità
collettiva profondamente diversa dalla somma delle singole parti.
La musica che si riferisce a questa “scena” culturale non
è facilmente circoscrivibile ad un sottogenere determinato; infatti essa fa
riferimento ad ascendenze nella musica elettroacustica colta degli anni
Cinquanta e
Sessanta e abbraccia mille rivoli che vanno dalla
techno al dub. Ciò nonostante
si ritrovano in tutti questi sottogeneri tecniche di elaborazione dei materiali
sonori che hanno a che fare con serie di cellule sonore la cui ripetizione
variata produce universi cangianti e il cui comune denominatore è la
preponderanza dell'identità collettiva. L’esempio più semplice è proprio relativo alla techno, una musica funzionale
chiaramente volta alla spersonalizzazione dell'individuo, basata su
microvariazioni timbriche di pochi riff
melodici. L'identità musicale del riff, mille volte ripetuto su un martellante tempo di 4/4, finisce
per perdere la sua identità di personaggio all'interno della narrazione sonora
per fondersi con un universo immanente in cui vengono catturati anche gli
individui ascoltatori. È evidente la differenza con l'uso che viene fatto di riff e temi melodici nelle composizioni
rock in cui un brano racconta la storia di un individuo (sia esso un singolo
uomo o una generazione). La musica dub o
altri sottogeneri dell'elettronica off,
per quanto diversi come impatto sonoro sull'ascoltatore, non sfuggono a questa
trascendenza: la storia non la fanno i singoli, ma le relazioni che si
stabiliscono tra loro. Questa massima vale per le cellule sonore dei Clock DVA
- gruppo
di Sheffield che muove i primi passi sul finire dei Settanta con una sorta di
industrial funk -
come per i personaggi di un racconto di Bruce Sterling. L'esplicito riferimento alle reti neurali e ai “sistemi
esperti”, sia nei romanzi che nelle composizioni musicali, deriva direttamente
dalla filosofia connessionista che è alla base dell'immaginario cyberpunk. [1] In questo articolo non si fa alcun riferimento al movimento di compositori che nella prima metà del Novecento elaborarono un metodo compositivo chiamato “seriale”.
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(1) [2] |