Ladri di saponette e dintorni italiani | di Andrea Sanseverino | |
Lo stesso Bruno, non a caso interpretato
da Federico Rizzo, il bambino della “Tinsemal” per
intenderci, piccolo divo della pubblicità italiana degli
anni Ottanta, sembra essere più a suo agio alla ricerca del
goloso Big Big che nel lungometraggio. Del resto,
se l’intrusione degli spot ha rovinato il film di Nichetti,
quest’ultimo sarà artefice di
un’involontaria vendetta, violando gli spazi pubblicitari:
nel tentativo di fermare Bruno fuggito verso l’ambito snack,
Nichetti arriva persino a infastidire il testimonial di un liquore a
base di carciofo, ossia il tranquillo Ernesto Calindri, seduto
comodamente all’immancabile tavolino piazzato nel mezzo di un
incrocio stradale e alla cui incolumità aveva già
attentato Bruno qualche attimo prima. Maurizio Nichetti non
è stato ovviamente il solo a ricordare il film di De Sica,
dal momento che al capolavoro del neorealismo, nato da un soggetto che
Cesare Zavattini trasse dall’omonimo romanzo di Luigi
Bartolini, non erano mancati omaggi più o meno espliciti.
Tra questi, non può non essere ricordato I
protagonisti di Robert Altman, nel quale Tim Robbins
interpreta un produttore sull’orlo del licenziamento,
ossessionato dall’arrivo di cartoline condite
da inquietanti scritte di morte nei propri confronti e che incontra il
presunto autore delle minacce in un cinema di Pasadena, dove proiettano
appunto The Bicycle Thieves: nel tentativo di
farselo amico per dissuaderlo da insani propositi, gli offre di
scrivere un remake del film. “E magari con un lieto
fine”, conclude l’amareggiato sceneggiatore (un
ispirato Vincent D’Onofrio), denunciando con la pungente
risposta la tentazione tutta hollywoodiana di chiudere le storie con un
happy end. Nella filmografia italiana invece, la memoria va a C’eravamo
tanto amati, che Ettore Scola dedica proprio a De Sica, che
morì mentre la pellicola era in fase di montaggio. Uno dei
personaggi principali, il professor Nicola Palumbo (Stefano Satta
Flores) ammette che fu proprio Ladri di biciclette
a determinare il corso del proprio futuro: la sua vita cambia
profondamente quando, durante un infuocato cineforum nella nativa
Nocera Inferiore, per un alterco col preside del suo ginnasio, feroce
interprete dei moniti di “un giovane cattolico di futuro
avvenire, vicino a De Gasperi” sul film e sul neorealismo,
è sospeso dal lavoro con effetto immediato e costretto ad
abbandonare la sua famiglia e la sua terra in cerca di fortuna a Roma.
Questo episodio non è l’unico a sconvolgere la
vita del professor Palombo: giunto alla domanda finale del popolare
quiz televisivo del Lascia o raddoppia?, un
malinteso fra personaggio e attore lo farà cadere. Proprio
tale ambiguità, che tocca in C’eravamo
tanto amati uno dei momenti più amari della
vicenda, è la chiave dell’opera di Nichetti, nella
quale si assiste a una sorta di danza fra autore, regista, attore e
personaggio, in una rigida atmosfera neorealista in cui non mancano,
ancor prima del black out fatale, trasgressioni che strizzano
l’occhio alla fantasia e al grottesco, come testimoniano i
campanelli fabbricati da Bruno che suonano anche senza il passaggio di
elettricità o le peripezie del piccolo Paolo. | ||
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— Pirandello L., Sei personaggi in cerca
d’autore, 1921, Einaudi, Torino, 2005.
— Cremonini G., Buster Keaton, Il Castoro, Milano, 1995. |
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— De Sica V., Ladri di biciclette, 1948, Italia, 20th Century Fox Home Entertainment, 2002. — Atlman R., The Player, 1992, USA, I protagonisti, Cecchi Gori Home Video, 2004. |
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Cecchi Gori Home Video, 2008.
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