Resta un’esperienza legata alla
sensazione di benessere, pace, sicurezza, amore, protezione. Implica
simbolicamente il ricevere, l’incorporare, il possedere.
Stimola una zona erogena. Per questo motivo, ogni discorso di
cultura alimentare, e quindi pietistico, andrebbe sempre ben
contestualizzato in un contesto più generale, relativo alla
sfera orale e alla sfera emozionale/nervosa. Basti pensare che
la medicina integrale, nelle tabelle degli eventi stressogeni, assegna
alla dieta un punteggio simile a quello delle malattie gravi. Sempre,
comunque, il cibo si collega all'atmosfera di una
famiglia. Nel vissuto emotivo dell'ora di pranzo si sintetizza il senso
di calore e di rifugio, o di tensione nei conflitti interfamiliari. Il
tempo e il modo dello stare in tavola sono quindi
importanti indicatori degli andamenti relazionali e del grado di
benessere di un sistema familiare. Tanto che il modo contemporaneo di
alimentarsi, nella società occidentale, è uno
degli oggetti cardine della pubblicità, una
pubblicità che guarda caso promoziona
un’alimentazione ipercalorica e un uso tossicomaniaco del
cibo. Il fatto che si sacrifichi sempre più il tempo umano
al tempo produttivo, condiziona inoltre fortemente i tempi della nostra
alimentazione. Si mangia sempre più velocemente, con sempre
meno attenzione estetica nei confronti degli
aspetti rituali e conviviali del mangiare. In molti ambienti
sociali la corpulenza ha costituito un valore (l’abbondanza),
la pancia ha descritto un’autorevole phisique du
role (l’ommo de panza), e
l'obesità ha addirittura contrassegnato la classe
sociale (le mogli degli emiri). Nel nostro dopoguerra, il
frigo pieno costituiva un rimando d’immagine
sociale, un po’ come adesso certi pranzi sociali o
matrimoniali. Oggi ci sono più macellerie nei quartieri
più poveri, dove la carne a tavola
è ancora culturalmente un simbolo di status conquistato. In
altri casi, dalle Veneri archeologiche ai dipinti ottocenteschi alle
modelle, il valore è costituito dalla magrezza. Possiamo
quindi dire, in generale, che nelle società ricche il valore
estetico è dato dalla magrezza, e in quelle povere dalla
corporatura abbondante. L’organizzazione formale del mangiare
descrive il senso sociale che il cibo sta mediando, dal pranzo
d’affari alla cenetta intima, alle grandi tavolate.
Culturalmente, dividere o no lo stesso cibo, ha sempre avuto precisi
significati simbolici, dal segno di pace e d’amicizia (per
gli indiani d'America), alla divisione di casta (in India), ai riti
religiosi (anche cattolici). In generale si può affermare
che in nulla s’identifica il carattere di un’etnia,
quanto nelle tradizioni culinarie. Tutte le
commistioni cui abbiamo accennato, tra cibo e diversi livelli culturali
e psicologici, non a caso ricadono fortemente sul linguaggio che,
proprio a proposito del cibo, si complica di metafore e doppi sensi: i bocconi
amari non digeriti, per descrivere la fame
d’affetto dei soggetti ulcerosi; un peso sullo
stomaco, i rimorsi; le coliti, il purgare i cattivi
pensieri; l'intestino, le viscere, le parti basse del
rimosso, dello sporco; ti mangerei,
per descrivere l’irrefrenabile sentimento verso
l’oggetto dell’affetto; non abbiamo mai
mangiato nello stesso piatto, un sentimento contro,
di non condivisione affettiva, d’estraneità. |