Bill Viola. Visioni interiori
a cura di Kira Perov
Dopo circa trentacinque anni Bill Viola è ritornato in Italia per qualche mese, al palazzo delle Esposizioni di Roma, sede della mostra Visioni Interiori (21 ottobre 2008 – 6 gennaio 2009). Viola, infatti, aveva vissuto a Firenze tra il 1974 e il 1975, in pratica quasi agli esordi della sua attività. Anzi un secondo ritorno, considerate le sue origini anche italiane (il nonno paterno). Non si tratta di dettagli supplementari, ma d’informazioni che aiutano a capire le sue scelte artistiche, come egli stesso precisa nella densa intervista rilasciata a Jörg Zutter, inclusa nel presente volume. L'esposizione presentava opere realizzate tra il 1995 e il 2008: The Greeting (1995), The Veiling (1995), The Crossing (1996), Dolorosa (2000), Locked Garden (2000), Memoria (2000), Departing Angel (2001), Surrender (2001), Catherine's Room (2001), Four Hands (2001), Anima (2000), Silent Mountain (2001), Emergence (2002), Observance (2002), Bodies Of Light (2006), Ocean Without A Shore (2007). Il volume complementare all’esposizione vi dedica una sezione, ma ne propone anche un’altra che documenta sui lavori realizzati su un altro arco temporale, 1975-2005, abbracciando così l’intera opera maggiore dell’artista newyorkese. Opere descritte adeguatamente dai testi che accompagnano l’ineccepibile corredo iconografico. La dimensione teorico-analitica è poi affidata a due sostanziosi saggi, Bill Viola: i conti con l’arte e L’“imago”: luce mescolata a tenebre, che si devono rispettivamente a Salvatore Settis e Valentina Valentini. Completano il pacchetto, un altro breve intervento della Valentini sul “debutto” della videoarte in Italia, un ricordo di Maria Gloria Conti Bicocchi e la bella introduzione di Kira Perov, fotografa, moglie, e compagna d’arte e d’avventura di Viola, che ne ripercorre esperienze, viaggi, sprofondamenti, estasi, scoperte, e meditazioni comuni. Dunque un ottimo modo per (ri)entrare in contatto seppur letteralmente mediato con l’opera di Viola. |
titolo Bill Viola. Visioni interiori
a cura di Kira Perov
editore Giunti,
Firenze
pagine 240
prezzo € 48,00
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A questo punto però, chi non conosce granché della videoarte e dell’arte contemporanea in generale si chiederà, ma chi è Bill Viola? Un artista che, lavorando in senso ampio con l’audiovisivo, esprime appieno la complessità del tardomoderno, che nelle forme estetiche attuali vuol dire profonda ibridazione. Altro non può definirsi chi come lui, con profonda coscienza, frutto di grande riflessione intellettuale (ed emerge chiaramente dalla succitata intervista) attinge dal sufismo, lo zen, l’induismo e i grandi mistici, occidentali come San Giovanni della Croce o Meister Eckhart, o orientali (Jallaludin Rumi, ChuangTzu), ma attinge anche alle riflessioni della fisica del Novecento o dei padri della psicanalisi, soprattutto Carl Jung. Posta in questi termini, la risposta allora sarebbe: Bill Viola è un mistico. Vero, ma non è tutto. Viola, nella seconda parte della sua carriera in particolare, ha iniziato una complessa, raffinata rivisitazione della storia dell’arte, in particolare del quattro/cinquecento italiano. Valgano giusto due esempi per chiarire. In The Greeting è trasparente il rapporto con la Visitazione, la tela del Pontormo che risale al 1528-1529: nell’originale si rappresenta l’incontro tra la Vergine Maria e santa Elisabetta, entrambe incinte, due madri, quella del Messia e quella del Precursore (Giovanni). Assistono all’incontro altre due donne, che guardano direttamente lo spettatore. Identica scena nell’opera di Viola, che riduce a una le due donne in più. Composizione, formato, tema e sviluppo narrativo sono straordinariamente simili. Ancora, in Catherine’s Room, dove cinque piccoli schermi piatti sono disposti in sequenza orizzontale ad altezza uomo riproducendo lo stesso interno, una stanza con soffitto a travicelli e una finestra su un lato. A cambiare sono le azioni dell’unico personaggio, Catherine, la luce e l’arredo della stanza. Qui Viola ricorre ad un formato prediletto dalla pittura religiosa, la predella, ovvero una fascia di legno dipinta, divisa in più riquadri, che di solito faceva da corredo alle pale d'altare ai cui piedi veniva posta. Non solo, Viola aveva in mente una predella ben precisa, quella con cinque scene dalla Vita di Santa Caterina da Siena di Andrea di Bartolo (1393-1394 circa). Un pittore dunque, questo è Bill Viola, e un mistico. Ecco che inizia a prendere corpo lo spessore della complessità. Non è tutto, i videoartisti sembrano in generale esprimere al meglio sul piano estetico quel doppio movimento così ben riassunto da John Naisbitt quando diceva che ad ogni incremento dell’high tech corrisponde un movimento uguale dell’high touch. Difatti, parallelamente all’avanzare della digitalizzazione del mondo e anche dei suoi strumenti di lavoro, Viola ha posto vieppù al centro delle sue narrazioni le passioni, i sentimenti, i racconti del corpo, al punto di creare un intero ciclo di opere intitolato The Passions, iniziato una decina d’anni fa, dove spesso è magistrale la ripresa del classico ritratto. Complessità, arricchita da elementi che sono un po’ materia spesso reperibile nella videoarte, l’acqua soprattutto, e quel tempo fuori di sesto, così benefico per l’ecologia della mente. Tutto con un rigore formale esemplare. Guardare, leggere e riguardare. |
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Gennaro Fucile |
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