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Tradizioni occidentali: la sindrome del day after di Roberto Paura | |
Nel 1789,
a pochi mesi dallo scoppio della Rivoluzione francese, si
diffuse per le campagne di Francia un fenomeno che gli storici hanno
poi chiamato “la Grande Paura”1. Alla
velocità di un fulmine, diffusa
attraverso le voci di viaggiatori e corrieri, si propagò la
notizia che
un esercito di sbandati e mercenari stranieri stesse diffondendo morte
e distruzione per le campagne francesi, con lo scopo di vendicare la
dissoluzione dell'ancien régime apportata
dagli eventi
successivi al 14 luglio. Tuttavia nessun villaggio fu mai dato alle
fiamme, nessun contadino fu toccato e nessuna donna violentata: quella
minaccia all'incolumità di massa non esisteva che nella
fantasia dei
paesani. Sociologicamente si può definire quel curioso
fenomeno come il
primo caso di psicosi di massa provocata dalla paura di un attentato
alla salute collettiva perpetrato da altri esseri umani. Non
è un caso
se parliamo di “psicosi di massa”: la Rivoluzione
fu l'evento storico
che diede vita politicamente e socialmente all'età moderna e
al dominio
delle masse nello sviluppo storico. Anche le guerre cominciarono a
diventare di massa, e così i loro effetti. Si sarebbe dovuto
aspettare
la Prima guerra mondiale perché le premesse delle ecatombi
napoleoniche
giungessero al loro massimo grado di perfezionamento, ma la Rivoluzione
anticipò – come ha sostenuto Michel Vovelle2
– quasi tutti i fenomeni
politici del secolo XX. 1. Escalation degli armamenti. Il secolo breve è il secolo della guerra totale e delle grandi catastrofi provocate dall’uomo. La capacità distruttiva delle armi inventate dalla tecnologia occidentale ha visto nel corso di poco più di un secolo un incremento vertiginoso. Ancora nel 1870 l’ultima guerra tra la Francia e la nascente Germania si era combattuta con fanteria e cavalleria tradizionale. Con la Prima guerra mondiale i due Paesi – e non solo loro – si affrontarono a suon di carri armati, aerei, armi chimiche e trincee. La Seconda guerra mondiale vide l’impiego di radar, bombe al fosforo, missili a reazione e infine – apice dell’escalation distruttiva – bombe atomiche. Da allora lo sviluppo degli armamenti non si è fermato ma ha anzi dato vita a nuove pericolose branche di ricerca, quelle riguardanti mezzi non convenzionali di distruzione. La bomba atomica, illustre primadonna di questo grande dramma, è stata presto scalzata da nuove fantascientifiche invenzioni: virus pandemici4, armi tettoniche5, “scudi spaziali” e via discorrendo. Alla base di queste stravaganti idee, alcune chiaramente immaginarie ma molte altre portate effettivamente avanti in gran segreto dai governi delle potenze mondiali, resta dominante il desiderio di spezzare il concetto della MAD, ossia della distruzione mutua assicurata (Mutual Assured Destruction) che l’introduzione dell’atomica ha creato. Per conseguire la superiorità militare sull’avversario è fondamentale inventare armamenti radicalmente nuovi che il nemico non possiede, così da evitare che una guerra giocata ad armi pari possa provocare la sconfitta di entrambi i contendenti. 2. I rischi della modernità e della postmodernità. La società postmoderna è stata definita dal sociologo Ulrich Beck come la “società del rischio”6. Questo rischio non deriva solo dallo sviluppo di nuove armi, ma anche dall’organizzazione della vita quotidiana contemporanea. La crescita economica della modernità ha infatti i suoi inevitabili costi: grandi danni ambientali provocati dall’inquinamento, catastrofi ecologiche prodotte dalle perdite di centrali nucleari, crescita dell’effetto serra e cambiamento climatico, danni per la salute individuale provocati da mezzi quotidiani usati indiscriminatamente (come i fertilizzanti), e che conducono a paure generalizzate riguardo tutti i nuovi ritrovati tecnologici, dal cellulare al microonde passando per gli ogm. Sono questi gli elementi che caratterizzano la società del rischio di cui gli individui che ne fanno parte sono pienamente consapevoli. Questa consapevolezza di un rischio costante col quale si convive viene elaborata a livello individuale e di massa attraverso il diffondersi di teorie su rischi segreti che i poteri forti tendono a nascondere: è l’emergere del complottismo. Si ha sempre paura di ciò che non si conosce, e la società del rischio oggi non conosce quasi nulla: ignora in gran parte come gli aerei si alzino in cielo, non potendo quindi controllarne la stabilità in volo; ignora la meccanica quantistica e ne teme gli azzardati esperimenti con acceleratori di particelle grandi come città7; ignora la fisica nucleare e ha orrore delle centrali atomiche e delle fughe radioattive che potrebbero avvenire in qualsiasi momento per la disattenzione di un tecnico. L’uomo della società del rischio si affida a “sistemi esperti” per la propria sopravvivenza: al pilota dell’aereo sul quale sale, al tecnico della centrale da cui riceve l’elettricità di casa, al medico che gli trapianta un organo nuovo, ai politici e ai decision-maker che prendono al suo posto decisioni strategiche, dall’imposizione di una nuova tassa alla fattibilità di un conflitto atomico. L’uomo, in ogni epoca storica, ignorava e temeva. Oggi l’uomo della società del rischio continua a ignorare e ad avere paura ma, poiché viviamo in una realtà globalizzata, la paura non è più individuale, ma di massa. 3. Paure popolari e racconti di massa. La cultura popolare, a sua volta, ha saccheggiato indiscriminatamente dalla riserva inesauribile delle paure di massa. Nel 1964 Stanley Kubrick firmava Il dottor Stranamore, il capolavoro del complottismo riguardante armi di distruzioni di massa. La sindrome del giorno dopo, che ha ossessionato americani, europei e sovietici nel corso della Guerra fredda, veniva qui rielaborata in forma ironicamente dissacrante, attraverso l’ordigno “Fine del Mondo”, madre di tutte le bombe atomiche. All’epoca il film fece scandalo, ma non sarebbe mai stato nemmeno girato in anni precedenti: gli anni Cinquanta furono quelli in cui la sindrome del giorno dopo ossessionò quotidianamente le coscienze delle masse. Film come L’ultima spiaggia (1959), basato sulla storia di Nevil Shute, colpirono fortemente l’immaginazione collettiva; romanzi come Il mondo che Jones creò di Philip Dick (1954) o Un cantico per Leibowitz di Walter Miller jr. (1959) per primi estrapolarono in forma narrativa la paura di massa verso le armi atomiche. Ma non solo le bombe venivano individuate come la causa dell’apocalisse: ne Il giorno dei Trifidi di John Wyndham (1951), la minaccia di organismi vegetali carnivori è prodotta da una sorta di manipolazione genetica compiuta dall’uomo. In Io sono leggenda di Matheson (1954), l’umanità è sterminata e i sopravvissuti affetti da un morbo ‘vampiresco’ a causa probabilmente di una guerra batteriologica. Il rapporto però è anche inverso: non sono pochi
i casi in cui è la
realtà ad aver preso spunto dalla fantasia. Quando Ronald
Reagan fece
suo il progetto ufficialmente noto come “iniziativa di difesa
strategica” (SDI in inglese), lo
chiamò popolarmente “Guerre
stellari” in omaggio alla celebre saga cinematografica della
fantascienza. I raggi laser che i satelliti difensivi dovevano essere
capaci di sparare avevano non poche attinenze con i raggi letali della
Morte Nera, gioiello distruttivo di quel film. Molta narrativa
fantascientifica, inoltre, deve aver ispirato il Pentagono nei suoi
progetti di robot combattenti. I cyborg, esseri cibernetici a
metà tra
biologico e artificiale, hanno dominato le pagine di una certa
fantascienza del Novecento e ispirato film di successo come Terminator.
Costruire simili, imbattibili forze deve essere parso ai vertici
militari un obiettivo importante da conseguire8. E che dire
dell’invisibilità garantita ai velivoli stealth
americani,
bombardieri non soltanto quasi totalmente automatici, ma capaci di
passare inosservati ai controlli di terra? Il dispositivo di
occultamento presente in tante puntate di Star Trek
e capace di garantire vantaggi tattici non da poco è stato
certo un’ispirazione rilevante per i progettisti
militari.
:: note :: 1. Georges Lefebvre, La grande paura del1789, Einaudi, Torino 1973. 2. Michel Vovelle, La scoperta della politica. Geopolitica della Rivoluzione francese, Edipuglia, Bari 1995. 3. Francis Fukuyama, La fine della Storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano 2003. 4. I tristemente noti e comprovati studi sovietici nel lago Aral sul virus del vaiolo. Cfr. a puro titolo d’esempio http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Washington-18:22/38807/7. 5. Si vedano le teorie cospirazioniste riguardo l’azione umana dietro lo tsunami del 26 dicembre 2004, come ad es. http://www.indicius.it/torpore/tsunami_4.htm. 6. Ulrich Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, Roma 2000. 7. La notizia di un buco nero che avrebbe inghiottito la Terra
all’indomani dell’esperimento di prova dell’LHC, il nuovo acceleratore
di particelle del CERN di Ginevra, il 10 settembre 2008, ha dominato le
pagine dei giornali e i servizi dei tg di mezzo mondo benché priva
della minima consistenza scientifica. 8. Cfr. ad esempio Usa, tute high-tech per soldati robot, http://www.scienze.tv/node/3856. 9. Intervista di Fabio Bonetti ad Alessandro Di Nocera e Sergio Brancato, I supereroi dopo l’11 settembre, in “Fucine Mute” n. 34, novembre 2001, http://www.fucine.com/archivio/fm34/brancato_dinocera.htm. |